Skip to main content

L’emergenza farmaci per la TOS è ben lontana dall’essere terminata, anzi, è appena iniziata (dell’emergenza abbiamo già denunciato l’esistenza in questo articolo: SOS TESTOSTERONE, quello che non tutti sanno sulla TOS).

Se prima la carenza riguardava solo il testosterone, ora anche Androcur, uno dei farmaci più usati come bloccante di testosterone per donne trans o per chi faccia una terapia femminilizzante, va fuori commercio.

Le prime avvisaglie di carenza si erano avvertite già questo inverno, quando a inizio dicembre l’Androcur, che ricordiamo essere della casa farmaceutica Bayer S.p.A., con dosaggio 50mg in 25 compresse era andato fuori commercializzazione permanente. Nei mesi successivi anche altre versioni del farmaco hanno iniziato ed essere carenti, così che all’ultimo aggiornamento della lista dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) dei farmaci carenti o indisponibili, altri due dosaggi – 100mg in 30 compresse, e la 300mg/3ml di soluzione iniettabile – risultano aggiunti alla famigerata lista nera. Alcune confezioni di Androcur 50mg in 30 compresse sono state rese disponibili, ma pochissime farmacie ne dispongono o possono ordinarle.
Per il primo, il dosaggio da 100mg, si prevede che a maggio la carenza termini, mentre per la seconda, la soluzione iniettabile da 300mg/3ml, dovremmo aspettare fino a dicembre 2019. Tuttavia, considerando lo stato della situazione e la reticenza delle case farmaceutiche a dare spiegazioni non possiamo prenderle troppo sul serio.

Nel riguardo dei “soliti noti” [Emergenza farmaci per trans: ecco l’interrogazione parlamentare], AIFA fa slittare le date di termine carenza: il Nebid, che doveva riprendere a febbraio, riprenderà a fine giugno e per Testoviron, per il quale si ipotizzava una ripresa a settembre, bisognerà aspettare fino a gennaio 2020. Entrambi i farmaci appena citati sono della Bayer S.p.A., azienda momentaneamente in crisi economica a seguito della condanna per il processo Monsanto, ultima acquisizione della Bayer e produttrice di un erbicida contenente glifosato, una molecola giudicata potenzialmente cancerogena.

Per altre case farmaceutiche: Sustanon resta in carenza fino a fine aprile, Testogel resta in carenza fino ad agosto, e Testim resta fuori produzione permanente.

Al contrario della terapia mascolinizzante, per la quale è necessaria solo l’assunzione di testosterone per prevaricare su un metabolismo ormonale a base di estrogeni, in Italia la terapia femminilizzante – senza che venga effettuata alcuna operazione chirurgica di demolizione degli organi genitali – non è del tutto funzionante se basata su un’esclusiva assunzione di estrogeni.
L’attivista Sofia Qyvalar ci spiega che la qualità dei farmaci contenenti estrogeni commercializzati in Italia non è in grado di garantire un livello sicuro di estradiolo nel sangue tale da sopprimere il testosterone senza gli effetti collaterali causati dall’eccesso di estrogeni assunti per via orale. È possibile usando il gel, ma non tutte le persone reagiscono positivamente alla terapia, ed in più è notevolmente costoso. La produzione di testosterone resta quindi “intoccata”, e nonostante il corpo si femminilizzi, non è possibile evitare pattern tipicamente legati al testosterone (ad esempio crescita della barba o dei peli corporei e perdita di capelli). È pertanto necessario assumere bloccanti specifici, che inibiscono a livello dei testicoli la produzione di testosterone.

Scatta quindi una reazione a catena: in mancanza di estrogeni iniettabili di alta qualità, bisogna ricorrere ad antiandrogeni abusandone fino a prenderne dosi fino a 3 o 4 volte superiori rispetto ad un regime terapeutico sicuro ed efficace.

Ad oggi, effettivamente, l’Androcur è un farmaco molto pericoloso, ma non esiste un’alternativa accessibile: gli antiandrogeni non steroidei esistono ma sono estremamente costosi e poco diffusi – dice Sofia – La forma più sicura di assunzione di antiandrogeni, la pillola da 50mg divisa in due per garantire un dosaggio basso necessario per evitare gli effetti collaterali peggiori, sta completamente sparendo e venendo rimpiazzata dal 100mg, che è estremamente pericoloso come hanno evidenziato molti studi francesi, oltre che costoso. Se il farmaco fosse semplicemente sparito, avrebbe quantomeno stimolato la ricerca di un’alternativa, ma invece sta sparendo il dosaggio più sicuro, per venire rimpiazzato dal dosaggio più pericoloso.

Questo farmaco è fondamentale per la TOS non solo per motivi legati alla buona riuscita “estetica” della terapia o agli effetti benefici sulla mente per l’attenuazione di uno stato di disforia, ma diventa, biologicamente, una vera questione di vita o di morte, essendo la TOS estremamente delicata ed impattante sulla salute, influendo ad esempio sullo stato delle ossa – una carenza di ormoni, come accade alle donne in menopausa o agli anziani, può creare problemi di osteopenia o osteoporosi, con conseguente fragilità delle ossa.
Questo tipo di farmaci ad oggi viene usato per la cura di tumori dipendenti dagli ormoni e legati quindi ad organi riproduttivi, oppure per il trattamento di menopausa precoce.
Come nel caso del testosterone, un uso in quanto terapia ormonale sostitutiva per persone trans* non viene considerato.

La comunità trans è costretta ad adeguarsi ai farmaci in commercio, che non sono pensati per le sue esigenze: e quando le uniche alternative disponibili sono farmaci di scarsa qualità, acquisto sul mercato nero o ricorrere a sovradosaggi, molto spesso ci si ritrova a dover chiudere un occhio e sperare che le conseguenze non siano troppo gravi.

L’inclusione dei percorsi di transizione nei bugiardini dei farmaci usati nelle terapie può essere inceppata in due punti: o l’agenzia che produce il farmaco non richiede che venga inserito l’uso di quel farmaco per uno specifico trattamento terapeutico, oppure AIFA non concede l’indicazione, probabilmente in mancanza di studi a sostegno. La battaglia delle persone trans per essere riconosciute in quanto fruitrici di specifiche tipologie di farmaci parte proprio da questo punto: far valere la propria esistenza non conforme davanti alla comunità medico-scientifica, per essere tutelati nel nostro diritto, costituzionale, alla salute.

Ad oggi sono state presentate due interrogazioni parlamentari al ministro della salute Giulia Grillo: la prima a firma di Rossella Muroni (Leu), sostenuta da Pippo Civati di Possibile, seguita da una a firma di Monica Cirinnà (Pd). Si affianca una petizione su change.org da quasi 12mila firme.

 

Nicholas Vitiello

 

Potrebbe interessarti anche

Emergenza farmaci per gli uomini trans italiani: ecco la petizione

2 Comments

  • Anonimo ha detto:

    Per inibire il testosterone esiste anche lo spironolattone e la finasteride, di cui l’ultima non ha effetti collaterali.

  • christian ha detto:

    ciao, non so molto del percorso di transizione, solo quello che ho potuto leggere nei vostri o altri articoli, ma in merito al problema riportato nell’articolo ricordo che quando mio padre ha avuto il tumore alla prostata per sopprimere completamente il testosterone gli era stato praticato l’intervento di orchiectomia sottocapsulare (di cui ti allego una rapida descrizione qui sotto). Si è trattato di un intervento in day hospital, veloce e mini-invasivo. Inoltre lascia anche intatti i testicoli per chi non si sente pronta o non vuole procedere all’operazione. Potrebbe essere una buona scelta per le transessuali in modo da non dover più prendere questo farmaco. un saluto a tutti

    ORCHIECTOMIA SOTTOCAPSULARE il chirurgo rimuove soltanto le cellule testicolari adibite alla produzione di testosterone. Tali cellule, che rivestono la gonade maschile, sono note con il nome di cellule di Leydig.
    La mancata rimozione del o dei testicoli nella loro totalità fa sì che lo scroto mantenga, in buona parte, la sua normale anatomia, senza l’uso di protesi artificiali.

Leave a Reply