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Non ufficiale e certamente sottostimato il numero delle persone transgender in Italia secondo una delle tante indagini a cui ha partecipato anche l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere, viene calcolato intorno a quattrocentomila (Istituto Superiore di Sanità 5 ago 2022). Il numero resta sottostimato per diverse ragioni, sia in quanto è impossibile tener conto di chi è in esplorazione di sé e della propria identità e di chi non ha ancora fatto o non ha potuto fare coming out, sia per l’incuria e l’interesse inadeguato che in Italia continua a rivolgersi a questa realtà, le cui vicende diventano troppo spesso rilevanti, per esempio nei media, solo quando sono funzionali a narrazioni stigmatizzanti, segnate da proclami contro l’“ideologia gender” e magari dal tanto paventato “indottrinamento dei bambini”, quando non relegate al pietoso, lacrimante buonismo della vecchia teoria del “corpo sbagliato”.

L’Italia per le persone non-cis

In questi anni in Italia e nel mondo la percezione individuale e sociale dell’identità e dell’espressione di genere è molto cambiata, evolvendosi vertiginosamente: la comunità trans è andata avanti, ha superato la nozione del “nascere nel corpo sbagliato” mettendo al primo posto il principio dell’autodeterminazione di sé, discostandosi dall’ideale cisgender di maschio o femmina, non più metro assoluto di valutazione.

E c’è chi nemmeno si riconosce nel termine “transgender”, meglio identificandosi come “genere non conforme” e/o come non-binary e nondimeno ha forza ed esiste. Deve esistere per la scuola, per le strutture sanitarie, per la società, con tutto il diritto di esprimere e di veder riconosciuta la propria piena autodeterminazione, nonostante i centri e i servizi siano fermi ancora a  una visione fortemente binaria e medicalizzata e tendano a non includere le persone non binarie, “la cui identità viene considerata non reale” (Persone senza dirittiValigia Blu – Ottobre 2023).

In Italia per chi voglia accedervi, sentendone l’intima inderogabile necessità, le liste di attesa per la chirurgia sono lunghissime, le cure ormonali già macchinose da ottenere e praticare, si sono vieppiù incastrate in alcune nuove formule dell’Agenzia Italiana del Farmaco che, diversamente dal passato, prevedono piani terapeutici e nuove complicanze. In questa realtà è luogo comune ritenere che le persone non-binary non ritengano di sottoporsi ad alcuna procedura medica, mentre studi avanzati nel campo dei preparati ormonali hanno realizzato la possibilità del microdosing, forse una delle forme meno conosciute di terapia ormonale in Italia, più rispondente alle loro esigenze delle terapie farmacologiche tradizionali. Il microdosing è diffuso in molti paesi come Belgio, Olanda e Stati Uniti, in Italia è ancora relativamente raro, così come la possibilità di effettuare un intervento chirurgico su persona non-binary, che quindi non si riconosca e non possa rientrare formalmente nei protocolli ufficiali previsti per le persone transgender.

Di fatto a mantenere una visione fortemente patologizzante dell’esperienza trans sono una generica ignoranza e soprattutto un pesante egoismo tenuto in piedi da partiti politici in particolare di destra e di estrema destra, da movimenti integralisti religiosi e da certo femminismo, rendendo in Italia e nel mondo la vita di tante persone un percorso a ostacoli fatto di esclusione, di paura, di piccoli e grandi impedimenti quotidiani, di sguardi giudicanti e di fortissime pressioni sociali.:

“…dal governo italiano al regime russo, fino alla chiesa cattolica, c’è un fronte globale che ha trasformato il “gender” da strumento di analisi critica e liberazione in un “fantasma” attorno al quale catalizzare le principali paure del mondo contemporaneo” (Judith Butler, Il Manifesto 17 ottobre 2023).  

Nel maggio 2023, un esempio del più scadente integralismo è capitato a Roma con le invettive di Jacopo Coghe, tristemente noto portavoce di Pro Vita & Famiglia, contro Marilena Grassadonia, coordinatrice dell’Ufficio Diritti LGBT+ di Roma Capitale, contro Claudia Pratelli, assessora alla Scuola, Formazione e Lavoro e contro lo stesso sindaco Roberto Gualtieri, tutto per aver autorizzato il corso “De-Costruire gli stereotipi di genere” tenuto dall’Associazione Scosse: secondo Coghe gli educatori degli asili nido e della scuola dell’infanzia, sarebbero stati “obbligati dal comune di Roma” a un’iniziativa che voleva indurre gli insegnanti a far entrare “pervasivamente” e subdolamente l’ideologia gender nelle scuole.
E quali gli strumenti per l’indottrinamento? Far giocare le femmine come maschi e viceversa, proporre in classe libri di favole su gravidanza per altri e altri su fecondazione medicalmente assistita, insegnare a non vergognarsi del proprio corpo, a scegliere i genitori che si vorrebbero avere, o ancora mostrando “due papà”. Secondo Coghe e purtroppo secondo molti altri del giro fondamentalista, iniziative come questa anziché portare civiltà e informazione, indurrebbero a una visione totalitaria in cui lo Stato, le amministrazioni locali e la politica strapperebbero l’educazione ai genitori, “calpestando la loro libertà educativa” e imporrebbero “il pensiero unico”. (30/05/2023 – Ufficio Stampa Pro Vita & Famiglia)

Tante concezioni in ogni caso non vogliono proprio andare oltre l’ignoranza e la miseria intellettuale, tanto è vero che persino un provvedimento umano, socialmente utile che non reca danno a nessuno come l’istituzione delle “carriere alias”, cioè per gli studenti e le studentesse transgender la facoltà di presentarsi e operare con un nome di scelta, rappresenta oggi uno dei bersagli nella propaganda dei movimenti conservatori e di estrema destra in Italia.
A dicembre 2022, ad esempio, sempre Pro Vita & Famiglia aveva inviato una diffida a centocinquanta scuole con la richiesta di annullare le “carriere alias” e non molto tempo fa Fratelli d’Italia aveva presentato una mozione, poi ritirata con l’intento di ridiscuterla a settembre, per vietare le carriere alias in Lombardia.

 

Maria Gigliola Toniollo
©2023 Il Grande Colibrì

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