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Sono passati sei mesi e sto peggio di prima, ma molto peggio. Sto cambiando, la fine di questa relazione mi sta lasciando il segno. Non sono più lo stesso. Penso sempre, penso tanto. A lui. Non mi esce dalla testa.
Mi rendo conto che ci avevo veramente tanto creduto. Avevo creduto alla nostra unione civile fissata da lui il 10 giugno. Avevo creduto di invecchiare insieme. Avevo sperato di essere io il primo che se ne sarebbe andato per sempre. Avevo creduto che fosse per sempre.

La fine di un amore

© Foto di In Lieu In View / Unsplash

Ho chiuso io la nostra storia, dopo un anno di crisi in cui io ho perso mio padre e lui sua madre. Siamo diventati orfani, in precedenza io avevo perso mia madre e lui il padre. Per questo ho giustificato tanto… tutto.
La condizione di orfani, seppur adulti, cancella la presenza della propria origine. Sei solo, con i fratelli se ne hai, ma con nessuno sopra di te. È un po’ come perdere un guscio, la protezione. Per questo non ho preteso nulla e ho perdonato tutto. L’ho fatto perché il mio amore ha prevalso, perché io so solo amare così, perché chi ama è generoso e non si cura di sé. Ho permesso che mi mancasse di rispetto, ho giustificato il suo egoismo, ho creduto alle sue bugie, ho lasciato che mi facesse credere in noi.

Questo è peggio di un tradimento fisico. Una scopata la si può perdonare, si può cercare di capire la situazione particolare, il perché è avvenuta. Ma lasciar credere quello che non è, quello che non provi, è giocare con i sentimenti di chi ti ama. Tutto questo mi ha lasciato prima ferito, poi incredulo. Ho provato tanta delusione, ma anche tanta rabbia con me stesso.

Io, che sono orgoglioso, dopo un lavoro mai interrotto su me stesso, di essere sempre l’unico fautore delle mie azioni. Ma in amore sono fragile perché mi fido e mi faccio guidare solo dal cuore.
Quando ho realizzato di essere stato usato proprio da lui, la ferita mi ha provocato un dolore che non si esaurisce. Poi però la vita continua e tu vivi, o meglio sopravvivi. Ma non va meglio. Con il passare delle settimane prima, e dei mesi dopo, realizzi. Realizzi che lui non c’è più e che non ci sarà mai più. Ma lui esiste, vive e ci sarà per altri.

Realizzi che sei solo. Certo, in questi sette anni di storia a distanza, durante la settimana ero solo. A dire il vero, questo è accaduto i primi tre anni. Poi ho vissuto con papà. Da gennaio di quest’anno, ero di nuovo solo.
Ma non ero solo – fisicamente sì, ma insieme a me c’era il mio amore, il nostro progetto di vita, l’attesa del fine settimana. Niente più di tutto questo. Ora sono davvero solo. È rimasto il mio cane. La sera, quando rientro dalla passeggiata con lui e chiudo quella porta, la porta di quella che era la nostra casa, non parlo più con nessuno e penso a lui, a noi, a quello che avevo creduto sarebbe stato. È devastante e anche se sono consapevole che i problemi seri riguardano la salute, il dolore, la morte, io sto vivendo questo e non posso fare finta con me stesso.

La fine di un amore

© Foto di Renate Vanaga / Unsplash

Nella mia vita, è la seconda volta che perdo un grande amore. So quindi di cosa parlo. Ma lei, la mia Ro, da allora vive dentro di me, nel mio cuore. Non vive più la vita terrena, non ha deciso d’infrangere il nostro sogno, non ha desiderato altro né altri. La porto con me insieme al nostro amore eterno.
Ecco perché è diverso, ecco perché avevo creduto di essere capace di affrontare tutto questo, ecco perché non mi pensavo così fragile.

Ci sono momenti in cui non vorrei più andare avanti. Basta, un’altra vita ancora non la voglio. Poi penso a mia figlia, a mio nipote, alla mia ex che è diventata la mia migliore amica, ai miei fratelli e ai miei amici, e non ce la faccio a lasciare la vita. La vita io la amo, la morte non mi spaventa, è la conseguenza della vita. Temo solo la sofferenza e il dolore. Quindi supero questi pensieri e vorrei allora cambiarla tutta questa vita, che assomiglia troppo a quella che volevo… manca solo lui.

Le mie abitudini in settimana sono le stesse, faccio le stesse cose, alle stesse ore, nella stessa casa, negli stessi posti. Ho dovuto reinventarmi i fine settimana. Li hanno riempiti gli amici, tanti, cari, sinceri e… fedeli. E quando non ci sono stati loro, ci sono stati gli incontri con gli sconosciuti. Tanti per soddisfare la mia voglia di sesso, tanti per sentire ancora, ad occhi chiusi, le sue mani e il suo corpo su di me.
Un inganno, lo so, ma io non me la sento di sostituirlo. Ho creduto seriamente di essermi innamorato dell’amore e che Sandro poteva diventare Giorgio, Roberto, Giuliano, ma non è così. Io ho amato proprio lui, la sua carnalità, la sua testa, il suo carattere, i suoi difetti e non so cosa farei per stringerlo ancora, non un momento soltanto, ma tutta la vita…

 

Maurizio Marcenaro
©2023 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Anastasiia Mukhina / Unsplash

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