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Un monolocale, di qualcun altro, a Torino d’agosto. È questo il ricordo che ho di un caro amico. Un materasso ad una piazza e mezza buttato per terra, condiviso. La musica e le lenticchie decorticate. Pochi soldi per raggiungerlo ed una grande voglia di vederlo.

Ti verrò a trovare questo fine settimana e poi scenderò in Liguria per andare a trovare Lei.

Ci divertiremo allora.

Quel messaggio che mi aveva mandato su messenger mi mise di buon umore. Non vedevo l’ora e pareva il preambolo di un bel weekend. Mi disse che aveva a disposizione un appartamento perché il suo amico era in vacanza e glielo aveva lasciato. Il classico modo di fare di Elia – una delle poche persone che riusciva a riempire quella solitudine che mi prendeva, sempre, d’estate. Le mie prime estati bolognesi, dove spesso dovevo lavorare per poter mantenere una delle mie – tante – stanze. Dove avrei potuto scrivere e vivere. Ma è sempre stata una cosa rimasta solo nella mia testa. Un bluff per me e la mia famiglia.

Trovai un passaggio da un tizio che lavorava al Centro Sperimentale Fiat. Aveva una di quelle utilitarie Audi, guidava veloce, parlava solo di soldi e di lavoro. Mi lasciò a Casale Monferrato e da lì presi il treno. Elia venne in bici a prelevarmi e poi mi portò negli alloggi occupati che furono costruiti per ospitare i giornalisti durante le olimpiadi invernali del 2006. Erano pieni di migranti – aiutammo due di loro a portare un tavolo da mettere all’interno della scuola di italiano creata da alcuni volontari. Al piano terra, sulla strada. Avevamo preso una birra e l’avevamo lasciata davanti alla porta della scuola. Al nostro ritorno, era già sparita.
Poi ci spostammo verso il centro – stavo ancora aspettando del denaro sulla carta che avevo trasferito tramite Paypal. Un sistema micidiale che mi lasciava interi giorni ad aspettare soldi che non arrivavano mai. Una situazione frustrante, ma Elia sapeva sempre tirarmi su. Il suo sorriso mi scaldò il petto ed ero contento di essere finalmente lassù con lui. Il caldo era estivo, ma sentivo l’inverno attorno a noi ed un freddo alpino traspariva anche nei nostri discorsi. Poche, pochissime parole. Tanti mercati visitati in città ed un tradimento all’orizzonte.
La sera mi portò in centro a bere, con i mezzi. Ad ora tarda bisognava tornare a casa a piedi. Ci mettemmo due ore circa, attraversando quella città che sembrava disabitata, con i condomini che parevano dei grossi termitai. La città sembrava vuota e gli appartamenti disabitati. Il marciapiede scorreva sotto i nostri passi attraversando ponti e poi parchi. Infine, arrivammo nel monolocale che Dario aveva prestato ad Elia per l’estate.

Facciamo la cannetta della buonanotte? – Chiesi

Certo tesoro – disse lui, con un sorriso sarcastico da vero ragazzo reggiano.

Ora ormai ci vediamo di rado. Quel filo che sembrava legarci non esiste più – era nato nel parcheggio di un supermercato molti anni prima, nella pianura dove siamo cresciuti entrambi. Dove provavamo con la nostra musica a spiegarci davanti ad una platea di vecchi.
Ancora intenso nella mente ho l’odore delle stoviglie sporche di sugo nel lavabo, l’hashish morbido che ci ha accompagnato per tutto il fine settimana e quel letto condiviso così dolcemente, con la finestra aperta e la triste luce del tramonto che tingeva di rosso le case davanti alla nostra finestra, la fine di luglio e una canzone che diceva “che diritti ho su di te”.

 

Abu 8zela

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