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Ok, quando ci guardiamo intorno, sfogliamo qualche giornale o navighiamo per internet ci accorgiamo che mancano davvero le basi per parlare in modo corretto e rispettoso delle persone trans. Nel 2021 troviamo ancora articoli che, consapevolmente o meno, fanno misgendering, cioè si riferiscono alle persone utilizzando un genere che non corrisponde alla loro identità (per esempio, utilizzano il maschile per descrivere una donna transgender). È successo anche recentemente, come ha denunciato un sito gay… che però in passato si è rifiutato di correggere i suoi testi in cui faceva a sua volta misgendering!

Ecco, in un contesto così arretrato vale davvero la pena di dare qualche suggerimento su come scrivere articoli che parlano di persone trans? E magari di persone trans che fanno sport, avventurandosi in un tema che è al centro di polemiche e di teorie complottiste che, dall’estrema destra trumpiana all’estrema destra arcilesbica, giurano che c’è la fila di uomini che si fingono donne trans pur di conquistare coppe e medaglie? Beh, la risposta sembra ovvia: sì. Perché in fondo sono tante le persone che fanno in qualche modo informazione (giornalistə, blogger, ma anche utenti dei social media) e che hanno voglia di esprimersi in modo corretto, anche se non sanno troppo bene come fare.

Per questo è prezioso il contributo che il nuotatore trans Rook Campbell ha scritto per il Los Angeles Times. L’atleta parte da un’esperienza personale: l’intervista che ha rilasciato per un magazine sportivo e che è stata scelta anche per illustrarne la copertina. Campbell riconosce che c’è stato tanto impegno e tanta buona volontà, ma che neppure questo basta se mancano alcuni strumenti per capire meglio. E allora scopriamo quello che Campbell suggerisce a tuttə noi.

  1. Ossessione ormonale

Troppo spesso il testosterone viene descritto come “ormone maschile”: se è vero che statisticamente è prodotto maggiormente dai testicoli, è altrettanto vero che è prodotto anche dai corpi assegnati femmine alla nascita ed è comunque l’ormone più presente nelle persone, indipendentemente dal loro sesso. L’ossessione per il testosterone e per i suoi livelli nel corpo di chi fa sport è sciocca e soprattutto drammatica, dal momento che viene fatta propria persino dalle istituzioni sportive, con la conseguenza di discriminare sia le persone transgender sia le donne che hanno livelli di testosterone più alti della media, come nel caso di Caster Semenya.

  1. Discorsi medicalizzati

L’ossessione per gli ormoni rientra perfettamente in una tendenza più ampia: la persona trans è ridotta alla sua anatomia e fisiologia e, di conseguenza, del suo vissuto vengono raccontate solo o principalmente le esperienze sanitarie che incidono sulla sua anatomia e fisiologia. L’attenzione è tutta concentrata sul percorso di transizione medica: a che punto è? prende ormoni? si è sottoposta a qualche intervento chirurgico? quale? e [la domanda che ossessiona davvero…] a livello di genitali com’è messə? Sembra sempre che l’identità trans si fondi non sul modo in cui una persona percepisce se stessa, ma su siringhe, fiale e bisturi

Bisogna anche ricordare che il percorso di transizione NON rappresenta tutta l’esperienza di unə atleta trans: per esempio, concentrarsi più sul suo percorso sportivo, come si farebbe per unə atleta cisgender, non sarebbe affatto un’idea bizzarra, ovviamente. E vogliamo anche ricordare che l’identità di genere di una persona preesiste e prescinde dal suo eventuale percorso di transizione medica, per cui è semplicemente sbagliato scrivere che “era donna, ma ora è uomo” o che “è diventato uomo“? Ultima nota: non solo il percorso di transizione non dovrebbe monopolizzare tutto il discorso, ma dovrebbe essere affrontato per quegli aspetti legali, sociali e psicologici che, quando va bene, sono relegati a dettagli secondari rispetto agli aspetti medici.

  1. Attenzione a chi parla

Non c’è nulla di male se una persona cisgender scrive o parla a proposito di una persona trans o di transgenderismo (mentre, ovviamente, c’è molto di male se a scrivere o parlare di questi temi nei media più importanti sono soprattutto o quasi solo persone cisgender!). L’importante è che quando si parla si sappia di cosa si sta parlando e soprattutto si abbia voglia di ascoltare le persone e riportare correttamente il loro punto di vista, altrimenti invece di “parlare di” diventa un “parlare al posto di”. Rook Campbell fa un esempio molto semplice: “Lasciate che queste persone spieghino come si percepiscono. Diranno loro quello che è importante: se la transizione medica è stata una parte importante della loro esperienza e se ne vogliono discutere perché è importante per la loro identità, saranno loro a parlarne“.

 

 

Pier Cesare Notaro

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