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La frase “le persone asessuali non sono discriminate” è, per assurdo, la più grossa discriminazione che le persone asessuali devono continuamente subire. Viene stabilito che le persone asessuali non subiscono discriminazioni, spesso senza avere idea né di cosa sia l’asessualità, né di quelle che siano le problematiche ad essa collegate. Questo si basa su un equivoco.
La comunità scientifica internazionale tende sempre di più a considerare l’asessualità come “il quarto orientamento sessuale”. E quando si parla di discriminazione in questo ambito, il pensiero va, per forza di cose, all’omofobia ed alla transfobia. La discriminazione nei confronti delle persone asessuali ha preso il nome di afobia, termine mutuato e un po’ distorto dall’inglese che è entrato ormai in uso all’interno della comunità ace (asessuale) italiana.

Ma se l’omofobia e la transfobia evocano un immaginario (reale o meno) nelle relazioni a casa, a scuola, nelle relazioni di vicinato per arrivare fino ai rapporti con la macchina statale, ci sono episodi di afobia molto comuni che prendono vita, ad esempio, nello studio di unə psichiatra o psicologə, o in una discreta camera da letto di una tranquilla coppia apparentemente eterosessuale, lontana da quel tipo di narrativa.
All’interno delle comunità asessuali sono numerosissimi i casi di segnalazioni di medici che provano (talvolta in una perfetta buona fede data dalla supponenza del proprio ruolo e anche dalla mancanza di aggiornamento in materia) a “curare” una persona asessuale. Ci sono medici che dicono allə loro pazienti che

“non è possibile non avere alcuna attrazione sessuale verso nessun sesso o genere, secondo quella che è la sessualità obbligatoria”.

La patologizzazione dell’asessualità è un comportamento ancora diffuso all’interno della comunità medica, anche se la definizione di disturbo da desiderio sessuale ipoattivo è stata molto discussa all’interno del DSM 5 e la American Association of Sexuality Educators, Counselors, and Therapists ha stabilito lo scorso febbraio che

“tutte le identità che cadono sotto lo spettro asessuale non debbano essere considerate come disturbi mentali, sessuali o dello sviluppo”.

Un altro tipo classico di afobia sono le cosiddette microaggressioni (talvolta non esattamente “micro”) che avvengono all’interno delle coppie “miste”.
L’esistenza delle coppie “miste” è legata al fatto che buona parte delle persone asessuali che scelgono di avere una vita sentimentale hanno una relazione con una persona allosessuale (allosessuale, ossia chiunque sperimenti attrazione sessuale a prescindere dal proprio orientamento, è il contrario di asessuale) e che questa persona possa fare pressioni per avere rapporti sessuali ad una frequenza che la parte asessuale non gradisce. Si può parlare di pressioni fin troppo insistenti o arrivare a violenza psicologicaanche fisica. Talvolta viene chiesto alle persone asessuali (anche da parte di medici e professionisti) di fare uno sforzo e che questo potrebbe guarire la loro asessualità. Nei casi più estremi si può arrivare anche alle minacce o allo stupro.

L’invalidazione del coming out di una persona asessuale è un’ulteriore discriminazione molto comune. Un esempio è quando viene richiesto di dimostrare la propria asessualità, e, come ha fatto notare anche la blogger americana Julie Sondra Decker, questa viene “accettata” solo dopo avere escluso tutte le altre possibili “cause”. Una volta esclusa una malattia, un blocco mentale, un trauma subito da bambinə bisogna dimostrare di non essere incapaci di trovare unə partner, di non stare attraversando semplicemente una fase e di non essere in attesa della mitologica “persona giusta” affinché venga “concesso” allə richiedente la propria identità e lo “status” di persona asessuale.

Se nell’afobia si cerca la sorella dell’omofobia, probabilmente si continuerà a non trovarla mai. E può capitare che buona parte della comunità LGBTQI(A) cada in questo tranello. È molto difficile stabilire quando è stata compiuta una violazione nei confronti di chi appartiene ad un orientamento, se non si sa che quell’orientamento esiste o se, anche sapendo della sua esistenza, questa viene cancellata.
Per esempio: quando in un questionario qualsiasi per un’indagine qualsiasi, alla voce orientamento sessuale quello asessuale viene omesso o se il ddl Zan (tanto per non andare lontano) considera come orientamento sessuale solo l’attrazione per un sesso o per entrambi (sono state invane le richieste di aggiungere “o verso nessuno” che avrebbero risolto un grande problema) sono già state compiute delle discriminazioni.
Viene compiuta una discriminazione anche quando viene detto alle persone asessuali, soprattutto se in una relazione eteroromantica, di poter partecipare alle attività delle associazioni LGBT soltanto in veste di “alleati”.
Sono discriminazioni che non si vedono perché l’identità colpita viene invisibilizzata, perché non prende forme codificate e ben individuabili.

Alessandro Garzi
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Grrrenadine da Shutterstock

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

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