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Quasi tutti i romanzi che parlano o accennano alla transessualità, specie nelle prime battute della descrizione, parlano di mostro. A volte è la persona transessuale che racconta sé stessa a descrivere la sua paura di essere un mostro, più spesso è il contesto sociale in cui la vicenda si svolge a definirla tale. Tuttavia generalmente, perlomeno in tutti quei romanzi in cui c’è un minimo di introspezione e/o un intento pedagogico, quella persona smette di sentirsi mostruosa e, dato che spesso i romanzi sono dotati di happy ending come un film americano, alla fine anche il gruppo di persone che la circonda riesce ad accettarla.

Quando, all’inizio dell’estate, è uscito nella collana Book Bloc di Eris un saggio breve sull’argomento sono rimasto un po’ sconcertato dal titolo che Filomena “Filo” Sottile aveva scelto di dargli: La mostruositrans. Perché, mi sono chiesto, definirsi con questa parola fastidiosa, che mi pare la sintesi di ciò che ha fatto sentire tante persone – alla scoperta del proprio corpo e del loro desiderio di essere “altro” – fuori posto? Al di là delle spiegazioni etimologiche (“Monster” deriva dal sostantivo latino monstrum, “prodigio divino”, e si è formato sulla radice del verbo monere, “mettere in guardia”, spiega Susan Stryker in Ciò che dissi a Victor Frankenstein sopra il villaggio di Chamonix: un’interpretazione della rabbia transgender), la sostanza è racchiusa in questo passaggio chiave: “Noi creature mostre non vogliamo dirvi che è tutto a posto né tranquillizzarvi; non abbiamo intenzione di guarire, normalizzarci, redimerci; non siamo innocue e non vi garantiamo da avvelenamenti, contagio, contaminazione; non vi chiediamo perdono, pietà, indennità, incolumità. Non vi chiediamo di lasciarci integrare dalla vostra società.
Veniamo a dirvi “state in guardia” e “guai a chi ci tocca”. Siamo araldi e tamburine: veniamo ad annunciarvi il sovvertimento della natura, la caduta – sotto i colpi furiosi di code, zampe, zanne, proboscidi, tentacoli – dell’eteropatriarcato. Un altro dei grandi mali che avete nascosto dentro al vaso di Pandora”.

In realtà questo libretto vorrei citarvelo tutto, dall’inizio alla fine. In qualche modo è anche una piccola storia della letteratura, fatta di tanti testi che abbiamo letto o assorbito tutti, che siano il Prometeo incatenato o Frankenstein, It di Stephen King o Il fantasma di Canterville, Cacciatore di androidi o Pinocchio. C’è tutta una letteratura di creature mostre, di cose fuori dalla norma, che ci sfuggono o ci sono sfuggite quando le abbiamo lette, credendo di cogliere la trama. Ma questo saggio breve, che si divora non solo per le sue poche pagine ma anche per il suo ritmo incalzante e militante, è unico e rivoluzionario: lungi dal voler rassicurare l’uditorio, infatti, afferma e non chiede permesso. Ed è un utile promemoria per tutti coloro che subiscono discriminazione: non bisogna chiedere di essere accettat* ma affermare la propria presenza, la propria identità e il proprio essere anche ingombrante.

Un po’ come le femministe di “Tremate, tremate, le streghe son tornate”, l’affermazione forte e potente di sé delle creature mostre, che scelgono la parte di Pandora, è un grido potente che può portare a una piccola (o grande?) rivoluzione.

 

 

Michele Benini

[Filo Sottile, La mostruosi trans, Eris edizioni 2020, pp. 61, € 6]

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