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«Chiedimi se».

È questo il titolo che Margherita Fiengo Pardi, una giovane ragazza milanese, ha deciso di dare al cortometraggio dedicato alla storia della sua grande famiglia.

18 minuti di parole e immagini attraverso cui impariamo a conoscere lei, Margherita, i suoi fratelli Gio, Toto e Raffi, ma soprattutto loro: Maria Silvia Fiengo e Francesca Pardi, per tuttə Meri e Franci.

Due donne forti e coraggiose, sempre schierate in prima fila per la difesa dei diritti della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex, asessuali) e pure fondatrici di una famosa casa editrice.

Due donne che un bel giorno «hanno deciso di vedere in una goccia un futuro per loro considerato impossibile: una famiglia».

A loro e alla loro storia è dedicato il cortometraggio di Margherita. E anche la primissima domanda di questa intervista.

 

Margherita, chi sono Meri e Franci?

Due donne normali credo.

Certo alla loro determinazione devo la vita, letteralmente.

Penso siano due tipe forti e spero di aver preso da loro, ma come madri le descriverei come delle normali madri. Abbiamo un buon rapporto ma anche noi abbiamo i nostri momenti, ci urliamo contro, facciamo un po’ le pazze, poi facciamo la pace, come in tutte le famiglie. Scherzando dico sempre che Franci è il poliziotto buono, mentre Meri è quello cattivo. Battute a parte, posso dirti che hanno caratteri abbastanza diversi: Meri è più severa di Franci su alcune cose. Fa la prof quindi mi ha sempre aiutata con lo studio e con i compiti. Io e lei condividiamo la stessa passione per il cinema: mi piace vedere i film con lei perché quando usciamo dalla sala riesce sempre a farmi notare qualche particolare della pellicola a cui io non avevo fatto caso. Mi ha anche insegnato a viaggiare, quando i miei fratelli erano piccoli e non potevano seguirci facevo molti viaggi da sola con lei. Stare con lei è splendido perché Meri sa trovare il bello ovunque e riesce a ridere di ogni situazione.

Franci invece è la sbirra buona, ovvero quella che mi copre quando faccio le cazzate e anche quella che mi dà i consigli sentimentali. è un’amicona, quando andiamo in macchina mi fa mettere la testa fuori dal tettuccio anche se Meri non è d’accordo.

Senza ombra di dubbio, sono due donne molto forti.

 

Forti come il titolo del tuo cortometraggio, che suona quasi come una dichiarazione d’intenti. Potresti spiegarci come l’hai scelto?

Se devo essere onesta, ci ho messo un po’ a scegliere quel titolo. All’inizio, infatti, avevo pensato di chiamare il mio documentario “Stroopwafel” (un wafer allo sciroppo tipico dei Paesi Bassi, la nazione in cui è avvenuto il concepimento di Margherita, ndr). Il suo nome, come quello di altri cibi olandesi, risvegliano infatti in me i ricordi di quando io, Meri e Franci ci recavamo in Olanda per le inseminazioni dei miei fratelli. Sembrava tutto già deciso, ma poi un giorno, dal nulla, mi è uscito fuori: “chiedimi se”.

Ho pensato che fosse perfetto per il messaggio che volevo mandare e così l’ho scelto come titolo definitivo del mio cortometraggio.

 

Com’è nata, invece, l’idea di sviluppare questo tuo documentario?

Era da un po’ di tempo che accarezzavo l’idea di raccontare la storia della mia famiglia. L’occasione per farlo è arrivata grazie a un compito per casa che mi hanno assegnato al liceo. L’obiettivo dell’esercizio era realizzare un film d’archivio: in pratica dovevo scegliere un argomento a mio piacere e sviluppare un documentario su di esso utilizzando solo materiali già girati e/o recuperati in giro. Non appena ricevuta la consegna, ho subito iniziato a pensare a quale storia avrei potuto raccontare e alla fine ho scelto appunto quella della mia famiglia. La difficoltà più grande è stata recuperare e scegliere i materiali da utilizzare. I frammenti di video che ho utilizzato provengono praticamente tutti dagli archivi di famiglia. Ci ho messo un mese a recuperare e montare tutto. C’erano giorni in cui non facevo altro.

 

All’interno del tuo documentario trovano spazio numerose dichiarazioni di politicə che si sono scagliatə con grande forza contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso e contro le famiglie arcobaleno. Confesso che per me è stata davvero molto dura ascoltare quelle esternazioni. Tu che sensazioni hai provato confrontandoti così da vicino con certe (assurde) dichiarazioni?

A dire il vero, i primi tempi non mi ero accorta di quanto quelle parole fossero distruttive per la mia salute mentale. Non ne ero consapevole, spesso ci ridevo su, altre volte mi arrabbiavo tra me e me. Quando andavamo in giro però mi sentivo come se mi stessero tutti guardando per giudicare il comportamento mio e quello della mia famiglia. In cuor mio pensavo che se qualcuno mi avesse vista litigare con loro o fare qualcosa di sbagliato saremmo state attaccabili. Tutto questo ha avuto conseguenze devastanti sulla mia salute mentale, l’ansia da prestazione che avevo da ragazzina mi ha fatto passare un’adolescenza d’inferno, spesso smettevo di andare a scuola. Durante gli anni del liceo ho cambiate cinque istituti.

Non sto dando l’intera colpa a quelle dichiarazioni, ma probabilmente hanno influito.

Da piccola sentivo il bisogno di dire la mia ma ero una bambina, non mi calcolava nessuno. Io poi non sono come mio fratello Raffi, non sono brava a parlare e preferisco comunicare in altri modi.
Non a caso considero questo video la risposta che sono riuscita a dare alle dichiarazioni che per una vita ho dovuto ascoltare senza poter ribattere nulla.

 

Questa tua ultima frase mi fa pensare che, purtroppo, nella vita di tutti i giorni tu abbia dovuto fare i conti con atteggiamenti carichi di pregiudizi e discriminazioni…

E’ successo poche volte, sinceramente, ma alcuni episodi mi sono rimasti in mente.

Il primo è legato ai tempi delle scuole elementari: una mia compagna delle elementari mi si parò di fronte e con fare provocatorio mi disse: “Ma a te non manca il papà?”.

Io le ho risposto di no e ho tirato avanti.

Ricordo che la mia reazione l’ha davvero molto spiazzato. Le sue parole non avevano assolutamente avuto effetto su di me, ma all’epoca ero piccola non me ne fregava niente, non mi pareva neanche una cosa così strana avere due mamme.

Un altro episodio che ben ricordo è legato alla festa del papà: pur sapendo benissimo che avevo due mamme, la maestra ci ha comunque dato il compito di disegnare il nostro papà. Non avendo un padre, le dissi che non potevo eseguire la consegna.

Per tutta risposta, lei mi invitò a “disegnare il padre che avrei voluto avere”.

Io non volevo nessun padre quindi ho disegnato il fidanzato che avrei voluto, Ron Weasley.

 

Un interessante escamotage!

Sai, in linea generale, quando mi chiedono se sia stata attaccata o abbia avuto problemi di bullismo per colpa della mia famiglia rispondo che a mio parere di situazioni familiari strane ce ne sono un sacco e a nessuno frega niente se mia madre è single, separata o lesbica. Nel corso degli anni ho incontrato qualcunə che mi chiedeva se mi desse fastidio parlare di me e della mia famiglia, ma ho capito che lo facevano più per ignoranza che per cattiveria. Le prime volte comunque restavo sempre un po’ spiazzata da domande come questa. Mi pareva una cosa strana da chiedere e da dire.

 

Non posso darti torto, in effetti…!

Sai cos’altro mi scoccia?

Che quando qualcunə vuole parlare di noi voglia mostrarci come la famigliola del Mulino Bianco. Non è per niente una rappresentazione realistica e poi diciamocelo, la famiglia Mulino Bianco sta pure sulle balle a tuttə!

Ecco perché penso che per mostrare che siamo una famiglia come le altre si debba mostrare sia il video di me e i miei fratelli intentə a tenere il velo alle mamme il giorno del loro matrimonio ma anche i momenti come quello in cui litigando ho lanciato un telecomando e ho sfasciato il televisore (per fortuna c’era ancora l’assicurazione).

 

 

Nicole Zaramella

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