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Lottare per un mondo più equo e più giusto. Un mondo in cui i diritti umani fondamentali siano rispettati e la parità di genere non sia più considerata un’irraggiungibile utopia.

E’ questo l’obiettivo di Mereb Habte, una giovane attivista di origini eritree nata e cresciuta in Italia. Con lei abbiamo parlato e discusso di tematiche connesse alla protezione della salute psicofisica di donne e ragazze, della necessità di unire le forze per ottenere dei risultati duraturi e concreti ma anche di sogni, speranze e difficoltà da superare con grande determinazione e coraggio. Che a Mereb proprio non mancano.

 

Ervin: Com’è stato nascere e crescere in Italia e quali sono le difficoltà che hai eventualmente dovuto affrontare?

Mereb: A essere onesta, devo ammettere che gli inizi non sono stati sempre facili. Sono nata a Bergamo ventisette anni fa; all’epoca era rarissimo incontrare bambin@ – diciamo così – “colorat@”. Alle scuole elementari ero l’unica bimba della scuola ad avere due genitori di origine straniera e questa mia diversità, così evidente e percepibile, mi ha portato a subire numerosi atti di discriminazione e di razzismo. A posteriori, mi rendo conto che il bullismo e l’atteggiamento giudicante e aggressivo di cui sono stata vittima erano causati principalmente da una grande difficoltà di confrontarsi con l’altr@ e con la diversità di cui è portator@. Detto in parole semplici, con il passare del tempo ho compreso che i pregiudizi e le cattiverie che mi sono spesso stati riservati affondavano le loro radici nel timore di confrontarsi con la mia e altrui diversità. Intendiamoci, questo non significa giustificare o sminuire dei comportamenti palesemente scorretti e sbagliati! Quello che mi preme sottolineare è che a distanza di tanti anni sono riuscita ad analizzare quanto mi è accaduto con lucidità e spirito critico e a trarne degli insegnamenti utili. Col senno di poi, mi sono resa conto di quanto sia difficile per un@ bambin@ fare i conti con qualcosa che non sa, che non capisce e che non conosce.

 

Nicki: Ecco perché è fondamentale che la scuola, in quanto istituzione, si schieri in prima linea per educare al rispetto e all’apertura verso l’altr@.

Mereb: Assolutamente sì, è fondamentale! Le aule scolastiche sono l’ambiente in cui da piccol@ trascorriamo molta parte della nostra giornata e nel corso degli anni sono diventate un vero e proprio “contenitore” di diversità. Lo dico pensando per esempio a mio fratello che ha sette anni meno di me e ha sempre frequentato classi multietniche. A differenza mia, lui ha sofferto molto meno per la sua diversità e si è potuto confrontare molto più facilmente con ciò che era altro da lui.

 

Ervin: Un aspetto davvero molto positivo, che però non cancella del tutto le lacune e le mancanze di cui ancora soffre la scuola italiana…

Mereb: In effetti le problematiche connesse all’istruzione del nostro paese sono davvero svariate e molteplici. Una delle più evidenti si può riscontrare nel modo di affrontare il passato coloniale italiano. Nei libri di storia se ne parla poco o quasi per niente, tanto che ancora oggi mi capita di sentirmi chiedere dove si trovi o addirittura che cosa sia l’Eritrea…! Pochissime persone sanno che il paese di origine dei miei genitori è stato la più vasta e importante colonia italiana. Quasi nessuno conosce la storia e le tradizioni del luogo in cui mio padre e mia madre sono nati. Io stessa, del resto, non ricordo di aver mai studiato niente di simile ai tempi delle scuole medie e superiori. I volumi che consultavamo per prepararci a interrogazioni e verifiche trattavano principalmente il colonialismo inglese e francese, presentandone abbastanza velocemente la storia e talvolta le criticità. I riferimenti al passato coloniale italiano erano davvero minuti, se non quasi inesistenti, e questo a mio parere non aiuta a costruire una memoria storica completa e adeguata. Ci sono davvero moltissimi spazi da colmare. Numerose falle della memoria che non possono e non devono più rimanere tali. Per poter essere cittadin@ miglior@ abbiamo assolutamente bisogno di conoscere il nostro passato. Solo in questo modo riusciremo ad affrontare al meglio il nostro presente e il nostro futuro.

 

Nicki: E, magari, anche a stroncare sul nascere certi rigurgiti nazionalistici e certe nostalgie di un passato per nulla edificante…

Mereb: C’è molto lavoro da fare, questo è indubbio. Confrontarsi con quanto è accaduto in precedenza è a dir poco fondamentale. Il passato coloniale italiano e le nefandezze compiute nei paesi oggetto di conquista è qualcosa di estremamente importante, e lo diventa ancor più quando entrano in gioco tematiche come l’identità nostra e altrui. Per me e te, Nicki, la questione è ancora più intensa e complessa visto che discendiamo entrambi da famiglie che hanno vissuto sulla propria pelle il passato coloniale. I miei genitori provengono dall’Eritrea, tuo padre invece dall’Etiopia. Volenti o nolenti, ci troviamo a fare i conti con moltissimi aspetti e problematiche che influenzano ancora molto la nostra esistenza e quella di chi ci sta accanto.

 

Ervin: Non dimentichiamo poi che spesso le questioni legate all’identità danno spesso vita a situazioni, diciamo così, piuttosto spinose…!

Mereb: Non c’è dubbio, anzi! Io stessa, lo ammetto, mi sono spesso trovata a dover rispondere a quesiti legati alla mia persona e alle mie origini. Molto spesso mi è capitato di sentirmi chiedere se mi considerassi più italiana o più eritrea…! Si tratta di un interrogativo piuttosto frequente, con tutta probabilità te lo sarai sentito chiedere anche tu, Nicki…! Ecco, io credo che a domande del genere si debba rispondere con la maggiore sincerità possibile, invitando magari l@ nostr@ interlocutor@ a riflettere sul fatto che, metaforicamente parlando, non esistono solo il bianco e il nero, ma anche e soprattutto le loro sfumature.

 

Nicki: E questo concetto a mio avviso vale anche per moltissimi altri argomenti, a partire ad esempio dall’identità di genere o la fluidità in ambito sessuale.

Mereb: Esatto! Se vogliamo migliorare la nostra esistenza e quella altrui, dobbiamo sforzarci di accettare e di accogliere le numerosissime variabili che compongono il nostro vissuto, e dunque anche noi stess@. La diversità non deve spaventarci o spingerci alla chiusura. Se vogliamo davvero costruire un mondo che sia fatto non di muri e barricate ma piuttosto di accettazione e di rispetto reciproco, dobbiamo cercare di avvicinarci all’altr@ senza timore. In questo senso il cibo aiuta molto: davanti a una tavola imbandita è più facile trovare il modo di scambiare pareri, idee e opinioni. Basta poco, in effetti. Da cosa nasce cosa. Una semplice passione, quella che per esempio io ho sempre avuto per le lingue straniere, mi ha condotto a conoscere e a capire nuovi luoghi e nuovi mondi. Dall’altra parte, le mie origini e la storia della mia famiglia mi hanno spinto a volermi impegnare per il benessere e lo sviluppo di quelle terre che fanno parte di me e del mio passato. E, soprattutto, mi hanno dato la certezza di voler lottare per i diritti delle persone che in quelle terre hanno la loro casa.

 

 

Nicole Zaramella e Ervin Bajrami

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