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Razzismo. Discriminazione. Quella difficoltà sottile che ci impedisce di includere ciò che riteniamo differente e che fa alzare muri e barriere, trincee e barricate.

Sono temi difficili da raccontare e da vivere sulla propria pelle, ma che pure ci coinvolgono tutt* e che tutt* prima o poi dovremmo avere il coraggio di affrontare.

Di certo questo coraggio non manca ad Aicha Traore, una ragazza giovanissima e sensibile, che con grande delicatezza e determinazione riesce a guardare negli occhi anche ciò che spesso spaventa.

Ma che, alla fine, va comunque sempre affrontato.

 

Aicha, il tuo impegno e la tua sensibilità nell’affrontare tematiche tanto attuali e scottanti come quelle legate al razzismo mi hanno davvero colpito moltissimo. Nel corso di questa intervista, avremo sicuramente modo di parlarne approfonditamente, ma prima di fare questo mi piacerebbe davvero tanto poterti conoscere e sapere qualcosa in più su di te e sulla tua storia personale.

 Ciao, Nicole, innanzitutto ringrazio te e lo staff del Grande Colibrì per l’opportunità e lo spazio che mi state dedicando.

Condivido e ammiro la volontà di permettere alle persone di auto-raccontarsi e rappresentarsi, quindi apprezzo davvero di cuore il vostro invito.

Per quanto riguarda la mia persona, in realtà non vi è molto da sapere: sono una ragazza afro-italiana di origini ivoriane e di fede islamica. Sono nata e cresciuta in Veneto, ho frequentato un istituto tecnico biologico sanitario e successivamente mi sono laureata in Ostetricia a Padova. Ho 22 anni e sto ancora riflettendo sui prossimi passi che farò da un punto di vista lavorativo e/o accademico.

 

Quelli che stiamo vivendo anche qui in Italia sono, almeno dal mio punto di vista, dei giorni molto intensi, ricchi e per certi aspetti anche un po’ convulsi.

Senza invadere la tua privacy e nella speranza di non risultare indiscret@, vorrei chiederti di parlarmi un po’ delle sensazioni e dei pensieri che stanno attraversando la tua mente durante queste giornate.

Sensazioni e pensieri? Ah, bella domanda…!

Dall’omicidio di George Floyd ad ora ho attraversato diverse fasi caratterizzate da emozioni differenti.

Ammetto di non essere mai stata particolarmente sorpresa dall’accaduto, dato che solo due settimane prima erano stati riportati altri due casi simili e non vi era stato alcun tipo di uproar mediatico. Dando uno sguardo alla storia americana e all’evoluzione dell’oppressione del sistema nei confronti delle varie minoranze, è chiaro come questi non siano incidenti isolati quanto piuttosto il risultato del perpetuarsi di una violenza vecchia di secoli, anche perché avvengono praticamente a cadenza settimanale.

Ciò che mi ha realmente sconvolto è stata invece la risposta dell’opinione pubblica internazionale. Tutti si sono subito dimostrati solidali alla causa e hanno denunciato il razzismo istituzionale degli States, ed è lì che la tristezza iniziale e divenuta discomfort e poi rabbia nei confronti di chi “si è svegliato tardi” .

In questo caso specifico il discomfort non è legato solo all’utilizzo di sequenze molto crude, che mostrano le immagini una persona simile a te e che quindi ti traumatizzano ogni volta che le ritrovi più volte al giorno nel feed dei tuoi social network, ma anche e soprattutto al loro utilizzo ai fini di un attivismo performativo, che segue i trend del momento. La rabbia è per chi ha il coraggio di puntare il dito sugli altri e allo stesso tempo nega le discriminazioni e il razzismo del proprio paese.

Le stesse discriminazioni e lo stesso razzismo che, magari, attua in prima persona e del tutto inconsciamente.

 

Attraverso il tuo profilo Instagram, stai diffondendo messaggi e riflessioni davvero molto interessanti per quanto riguarda l’annoso problema del razzismo.

Pur avendone parlato già molto diffusamente, ti andrebbe di affrontare la questione anche in questa sede, facendoci gentilmente dono del tuo punto di vista personale?

Razzismo…

Ovviamente non ho la soluzione magica per risolvere il problema, ma credo profondamente che il cambiamento debba avvenire nei singoli.

Prima ancora delle istituzioni, gli individui dovrebbero guardarsi allo specchio e riflettere sulla propria persona.

Tutti, senza eccezioni, io in primis.

Sono convinta che se ognuno si prendesse la briga di lavorare su un percorso di crescita e miglioramento personale, oltre che di raffinamento delle modalità d’interazione col prossimo, molte sofferenze ci sarebbero risparmiate.

Divenire individui più consapevoli ed empatici, come parte della risposta.

Siamo esseri umani, ognuno di noi presenta diversi pregiudizi, è normale.

Ripeto è normale.

Non ha senso fingere di essere persone perfette, che non hanno più alcun lavoro intrapersonale da svolgere e che quindi si sentono solo in dovere di dare lezioni agli altri. Non è credibile ed è molto ipocrita.

Quello che differenzia una persona razzista da una persona non razzista è il come decidiamo di interagire con gli altri nonostante i nostri pregiudizi.

Mettiamo il caso che io non abbia mai incontrato una persona di una determinata estrazione sociale: prima di parlarci avrò una sua rappresentazione nella mia testa, negativa o positiva che sia.

Questo non dovrebbe però fermarmi dal darle una possibilità di essere giudicata per chi sia veramente.

Conoscerla, farle domande genuine e volte a sciogliere i miei preconcetti e non a confermarli a tutti i costi dovrebbe essere la regola.

Dovremo trattare gli altri come vorremmo che trattino noi.

Riconoscere il valore aggiunto della diversità, oltre che la dignità umana e il rispetto connesso a quest’ultima.

 

Il tuo post intitolato Non è ok, ha ricevuto un gran numero di condivisioni e consensi ed è stato pubblicato anche dal sito di informazione Vice Italia.

Che effetto ti fa sapere che le tue parole sono state e saranno lette e conosciute da un così gran numero di persone?

Ne sono molto felice!

Mi sento onorata che le mie parole abbiano avuto un impatto così forte e che siano riuscite a raggiungere e toccare molte persone.

Ogni volta che mi viene posta questa domanda, in effetti, mi imbarazzo un po’.

In un momento di sfogo, ho condiviso un mio pensiero personale con le persone che conoscevo e mi aspettavo le mie parole rimanessero circoscritte ai miei contatti stretti. Quando ho visto il numero delle condivisioni e dei like sono rimasta incredula.

Colgo quindi l’occasione per ringraziare di nuovo tutte le persone che hanno supportato le mie parole. Grazie a tutti!

 

Molto di recente il cantante Irama, ospite del programma televisivo Amici speciali, si è esibito in un monologo scritto da lui stesso ed esplicitamente dedicato a George Floyd. Le sue parole hanno suscitato reazioni molto contrastanti, e il pubblico si è profondamente diviso tra sostenitori e critici del discorso di Irama. Io il monologo l’ho visto, e un’opinione su di esso me la sono un po’ già fatta.

A questo punto mi piacerebbe davvero molto conoscere il tuo punto di vista e ascoltare le tue impressioni a riguardo.

Per quanto possibile, cercherò di essere breve.

Il punto più critico della sua esibizione è che non è ancora chiara la differenza tra essere alleato della causa e voler mettersi al centro di una discussione in cui non si è i “protagonisti”.

Il fatto che Irama si immedesimi nelle sofferenze di un nero, quando lui non è tale, gli fa sprecare l’occasione di fare un passo indietro e di utilizzare la piattaforma per dare voce a qualcuno che si possa auto-raccontare.

Questo secondo me è bruttissimo.

Il voler condurre la conversazione di qualcun altro, invece di ascoltare e lasciar parlare qualcuno con una maggiore cognizione di causa, mi lascia alquanto basita.

Questo non vuol dire che devi essere nero per parlare di razzismo, ma se lo fai prima informati bene e parlane dal tuo punto di vista.

Discuti di come tu puoi aiutare la causa e le persone coinvolte.

Non descrivere e narrare per altri.

L’utilizzo non censurato della n-word in un tv nazionale la dice molto lunga su come questo termine spregiativo venga percepito in Italia.

Irama l’ha utilizzata una volta immedesimandosi in un razzista e una volta parlando lui in prima persona.

Ora, il messaggio che passa è che la parola sì non è carina, ma dipende anche dall’intenzione dell’interlocutore.

La realtà è invece ben diversa: questa parola non andrebbe detta mai. Punto.

Non capisco la tenacia morbosa – soprattutto delle persone non nere – di voler usare questo termine a tutti i costi, utilizzando persino diverse scuse per farlo.

Si va da frasi come “ma volevo solo trasmettere un messaggio!” a “ma i miei amici neri me la fanno usare!” fino a “ma io non sono razzista!” e così via.

Basta con questa ossessione per la n-word. Basta normalizzarla. Basta pronunciarla!

Detto questo non mi permetto di giudicare le sue intenzioni, che solo lui può conoscere per certo.

 

L’ultima domanda che ti pongo è, lo riconosco io per prim@, decisamente delicata e molto personale. Non voglio in alcun modo costringerti a rispondermi, se per qualsiasi motivo non ti andasse o non te la sentissi. Ci provo con il massimo rispetto possibile, e ti chiedo gentilmente di offrirmi una tua piccolissima riflessione sul tuo modo di vivere la fede e la tua religione.

Io la mia fede la vivo molto bene, se devo essere onesta.

Sono cresciuta, sto continuando a farlo e mi sembra di aver raggiunto una mia verità. Questa verità continuo a rivisitarla, mettendola in gioco e modificandola.

Di base essa consiste nella frase sii coerente ed onesta con te stessa: alla fine della giornata, quando mi accingo a chiudere gli occhi, devo essere in pace con me stessa e questo lo posso fare solo se mi accetto e mi amo.

Se alla gente non piace la mia fede, la mia etnicità o altre mie caratteristiche o scelte di vita non è un mio problema, ma loro.

Alle persone che contano veramente nella mia vita non è mai pesata la mia spiritualità, anche perché riguarda una sfera privata del mio essere, che non impongo a nessuno. Quindi in poche parole you do you!

Se può interessare a qualcun*, io e una mia amica gestiamo una pagina Instagram chiamata yourmuslimsisters.

Tramite un podcast, parliamo della nostra religione, sfatiamo miti e luoghi comuni e intervistiamo ragazzi e adulti italiani attivi in vari campi.

E’ il nostro piccolo contributo per cercare di distruggere gradualmente questo muro chiamato islamofobia.

*

Ecco, ora che siamo alla fine posso dirvi che mi ha fatto veramente piacere rispondere alle vostre domande e vi ringrazio nuovamente per avermi invitato!

Grazie anche a chiunque dedicherà dei minuti della propria giornata a leggere l’intervista. Un bacio

 

 

Nicole Zaramella

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