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Vorrei testimoniare una strada di dialogo che molti cristiani LGBT come me stanno convintamente percorrendo. Per alcuni, le persone omosessuali e transessuali sono solo un peso e una fonte di discordie, eppure noi sappiamo di poter essere una ricchezza per la società, anche nel campo del dialogo ecumenico.

Il dialogo ecumenico è un dialogo portato avanti da cristiani di confessioni diverse per porre fine alle divisioni tra le varie chiese cristiane. Non è solo una questione ecclesiale, perché sappiamo quanto male generano ancora oggi le violenze causate dalle divisioni etnico-religiose. Questo dialogo affronta anche questioni complesse, che necessitano di studiosi qualificati e di gesti coraggiosi da parte delle massime autorità religiose. Ma per superare divisioni storiche e diffidenze reciproche, il dialogo deve coinvolgere anche la gente comune.

Mi sono accorto in questi anni che il ruolo di noi cristiani LGBT di diverse chiese è molto significativo nel campo ecumenico. In uno spirito di solidarietà LGBT, ci aiutiamo e supportiamo l’un altro, segnalando iniziative organizzate da altre chiese, raccogliendo fondi per progetti di solidarietà, organizzando assieme attività culturali, religiose, campi estivi e gruppi di preghiera. Credo che la generazione gay e lesbica sessantottina, ribelle ed idealista, abbia dato un impulso essenziale a questo movimento di dialogo, in nome di grandi utopie, di movimenti di liberazione, di fratellanza e sorellanza, di cambiamenti epocali.

Ormai il sessantotto è terminato da tempo e questa generazione sta lasciando il passo alle nuove. Eppure, il dialogo cristiano LGBT fiorisce ancora, ora mosso soprattutto dal solidarismo queer: siamo una minoranza e ci aiutiamo tra noi in qualunque chiesa ci troviamo, consapevoli che l’unione fa la forza.

Noi, cristiani LGBT, protagonisti di un nuovo

Le battaglie sono diverse da chiesa a chiesa: alcune chiese ci considerano ancora peccatori e lì spesso veniamo emarginati; altre stanno imparando, con più o meno fatica, ad accoglierci, e fare coming out è complicato, ma possibile; altre ormai hanno quasi raggiunto la piena inclusione e l’attivismo viene incoraggiato. Cerchiamo di incoraggiarci l’un l’altro, senza nascondere le diversità che a volte scatenano tra noi dibattiti accesi, come in ogni dialogo genuino.

Non è sempre tutto rose e fiori, a volte purtroppo chi ha subito discriminazione porta con sé ferite profonde e tende a dividere le chiese in due gruppi: inclusive e omofobe. Credo che questo non fermerà il dialogo perché spesso i rapporti interpersonali superano gli steccati: il mondo omosessuale cristiano è piccolo e prima o poi ci si conosce tutti…

Nel pluralismo religioso attuale, chi appartiene a una chiesa di minoranza non può evitare di confrontarsi con la maggioranza cattolica. Viceversa, molte chiese minoritarie protestanti hanno elaborato una riflessione teologica molto più approfondita sull’omosessualità e sul genere a cui le persone di fede cattolica sono spesso interessate. Il mondo queer delle chiese ortodosse è un discorso a parte: pare che le persone omosessuali lì quasi non esistano… probabilmente sono costrette ad uscirne o ad essere ben nascoste.

Io stesso, quando ero ancora cattolico, ho conosciuto la mia attuale chiesa battista grazie ad un incontro su cristianesimo e omosessualità, organizzato da un mio amico valdese. Abbiamo aperto una nuova strada di dialogo, che sta risanando ferite sociali, ma che spesso viene ignorata o sottovalutata.
Ma vorrei darvi una testimonianze personale di alcune iniziative di ecumenismo queer a cui ho contribuito recentemente.
Quest’anno un’associazione culturale pavese, il circolo di lettura Teodolinda, aveva intenzione di organizzare per giugno un incontro su omoaffettività e cristianesimo: avevano già contattato un gay cattolico, e quando mi hanno proposto di partecipare come relatore in quanto cristiano battista, non mi sono tirato indietro, anzi ho coinvolto anche una pastora valdese. L’iniziativa è stata davvero bella, con un clima di grande stima e rispetto reciproco: sono emerse le difficoltà della chiesa cattolica nell’accoglienza delle persone LGBT, ma al contempo il grande rispetto per chi sceglie di rimanere in quella chiesa per “cambiarla dall’interno”. La chiesa battista e la chiesa valdese sono consapevoli di essere apripista nell’inclusione, ma non hanno mostrato alcun senso di superiorità.

Noi, cristiani LGBT, protagonisti di un nuovo

Vorrei parlarvi anche della collaborazione dell’anno scorso con Samaria APS, un fondo di solidarietà cristiano LGBTQ, nato in seno ad un gruppo di preghiera gay cattolico. Questo fondo finanzia iniziative dei gruppi cristiani LGBT che lo sostengono, ma anche progetti avviati da associazioni laiche LGBTQ. I fondi provengono anche dalle offerte delle veglie ecumeniche contro l’omotransfobia.
L’anno scorso mi sono mobilitato spontaneamente per coinvolgere le chiese battiste della mia città a dedicare a Samaria APS parte delle offerte domenicali del culto contro l’omotransfobia, contattando i pastori e riuscendo ad ottenere il consenso degli organi di governo delle due chiese. È stata necessaria la piena trasparenza da parte di Samaria, che mi ha consegnato una descrizione dei progetti e delle associazioni laiche LGBTQ che li avrebbero portati a compimento. Ho esposto in chiesa i progetti che avremmo finanziato con la raccolta offerte: una casa-rifugio in Africa e l’aiuto alle persone queer in Ucraina.

Il momento di maggior collaborazione tra persone LGBT delle differenti chiese cristiane avviene annualmente attorno al 17 Maggio, giornata mondiale contro l’omobitransfobia. Tra i vari momenti di sensibilizzazione, i più significativi sono le veglie ecumeniche contro l’omobitransfobia. Da quindici anni ormai si svolgono queste serate di preghiera interconfessionali, in Italia e in Europa, coinvolgendo sempre più città e sempre più chiese e confessioni. Durante la veglia ecumenica, i gruppi di preghiera LGBTQ invitano la città a vegliare per creare un momento di riflessione sul fenomeno dell’omobitransfobia e, più in generale, sull’emarginazione. Preparare una veglia ecumenica su questa tematica è un compito che richiede sensibilità, studio e una solida capacità organizzativa e collaborativa.

Nella chiesa battista, mi è capitato due volte di organizzare una veglia contro l’omobitransfobia a Milano, ed è stato molto laborioso: oltre alla liturgia e alla struttura della veglia, bisogna pensare a chi celebra e ai lettori, occuparsi della musica e dei canti, trovare un gesto simbolico, stabilire con la questura il percorso per le vie cittadine, preparare lettere di inviti ufficiali, la grafica dei volantini…

L’anno scorso sono riuscito a coinvolgere i pastori battisti di Milano per alcuni momenti di predicazione, quest’anno ho coinvolto una giovane della mia chiesa battista a cantare da solista e ho coinvolto mio marito (cristiano battista anche lui) per un discorso previsto nel percorso tra le vie cittadine. Per me, organizzare la veglia di Milano è un’occasione per sensibilizzare i miei conoscenti e famigliari, e anche per incontrarmi con i miei vecchi amici gay cattolici che avevo frequentato prima di passare alla chiesa battista.

Personalmente, sono interessato a tutte le attività ecumeniche della mia chiesa, ma mi accorgo di quanto il movimento di dialogo dei cristiani LGBT sia molto sottovalutato dalle gerarchie e dagli organismi ecclesiastici. In parte perché, in alcune chiese, gli organizzatori delle iniziative rappresentano gruppi omosessuali credenti autogestiti, considerati “non conformi” alla dottrina ufficiale. C’è anche una forte paura da parte delle gerarchie di alcune chiese (soprattutto quella pentecostale, quella cattolica e quella ortodossa) ad affrontare l’argomento, per timore di tensioni interne o per ostilità verso ogni apertura. Ma anche le altre chiese, più favorevoli ai diritti LGBT e a pubblicizzare convintamente questi eventi, tendono a non tenere molto in considerazione l’aspetto ecumenico.
Eppure queste iniziative non si possono derubricare ad una generica lotta contro l’omotransfobia, né a una mera sensibilizzazione sulle tematiche queer. Si sta in realtà costruendo una visione moderna comune, spirituale e laica, attorno all’omosessualità e alla transessualità, che poi tracima ben oltre le tematiche “arcobaleno” e abbraccia tutte le diversità, come un sasso che cade nel lago creando cerchi concentrici sempre più vasti. Cogliere con lucidità questa nuova via aiuterebbe a costruire una mondo dove la collaborazione, il dialogo e la solidarietà prevalgono in tutta la società.

 

Emanuele Crociani
©2023 Il Grande Colibrì

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