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Mi é già successo di entusiasmarmi per un libro dedicato agli adolescenti, ma devo ammettere che non pensavo di poter far crescere la mia empatia grazie a un romanzo dall’apparenza leggera e sbarazzina. Eppure é esattamente ciò che mi é successo con la lettura di L’arte di essere normale di Lisa Williamson (Hot spot 2017, € 16,50).

Raccontare la trama in modo dettagliato non si può, ma non svelo nessun segreto se dico che si tratta della lettura di due diari di adolescenti dei dintorni londinesi. Il primo, David – é chiarito fin dalla prima pagina – sogna di diventare una ragazza, il secondo, Leo, nasconde un segreto misterioso e probabilmente violento che lo ha spinto – o costretto – a cambiare scuola.
Il racconto procede alternando i due diari che delineano una storia continua, a volte succedendosi, altre volte sovrapponendosi e offrendo i due diversi punti di vista dei protagonisti, fino a una serie di colpi di scena in sequenza (forse un po’ troppi, volendo essere pignoli) e a un finale che potrebbe essere più bello e realistico se non avesse l’ultimo capitolo, ma é solo il mio parere di anziano barbogio incontentabile.

La ragione per cui ho trovato questo libro così importante é che, malgrado la mia buona volontà e qualche conoscenza (molto superficiale) di un po’ di transessuali brasiliane, non sono mai riuscito a immedesimarmi nelle difficoltà delle persone transgender. Essere impegnati a favore di una causa non riesce necessariamente a farci sentire quella causa come la nostra, mentre un romanzo di questo tipo, con il tono adolescenziale e un andamento sopra le righe aiuta a sentirsi fianco a fianco con David nella sua vita prigioniera di un corpo che non é quello che vorrebbe.
Mi piacerebbe davvero che questo libro finisse nelle mani di tutti gli adolescenti e di tutti gli adulti non proprio svegli, come me. Credo che sarebbe di enorme utilità per superare non solo il bullismo omo e transfobico, ma anche i propri silenziosi pregiudizi, che sono uno dei più grandi elementi che costruiscono un ambiente non accogliente per le persone diverse da noi. E quindi normali.

 

Michele Benini

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