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Negli ultimi anni, in seguito alla storica sentenza della Suprema Corte n. 221 del 21 ottobre 2015, le persone Trans possono ottenere la rettificazione del sesso anagrafico e del nome nei documenti senza l’obbligo di sottoporsi all’intervento di riattribuzione di sesso.
Abbiamo incontrato l’Avv. Mara Navarro, titolare di uno studio legale a Brescia, che è stata testimone di una delle prime sentenze nel tribunale della città lombarda che in primo grado ha autorizzato sia alla rettifica anagrafica che all’intervento contemporaneamente.

Dottoressa Navarro, a livello giuridico quali sono stati i principali cambiamenti inerenti la rettificazione del sesso anagrafico e del nome nei documenti per le persone trans a partire dalla legge n. 164 del 14.04.1982?
Le modifiche e i cambiamenti sono stati molto importanti tanto che solo recentemente si può iniziare a parlare di un vero e proprio diritto all’identità di genere.
Il primo passo importante a livello mondiale si è raggiunto solo nove anni fa, quando l’organizzazione che studia e tratta i disturbi dell’identità di genere (APA) ha escluso dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM) la disforia di genere poiché si tratta di un fenomeno umano comune e che non dovrebbe più essere giudicato come naturalmente patologico o negativo.
Un altro apporto in materia di diritti per le persone trans, seppure precedente a quello mondiale, invece, è stato dato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (d’ora in poi CEDU) , che prendendo una posizione ben chiara, ha iniziato a sanzionare i propri Stati firmatari qualora avessero violato gli art. 3; 8; 12; 14: 35-1; 41 della stessa CEDU, nel caso in cui non avessero adeguato le loro normative interne, al fine di far si che fossero garantiti ai propri cittadini il pieno godimento di tutti gli aspetti della loro vita privata e si provvedesse ad assicurare il riconoscimento giuridico della condizione psicologica dell’identità di genere, quando quest’ultima differisse dall’identità sessuale fisica. Tra le varie e più significative si veda: Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, L. contro Lituania del 11.09.2007.

Un successivo passo avanti in Italia è avvenuto quando la Suprema Corte con la sentenza n. 221 del 21 ottobre 2015 ha statuito che:

alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme alla giurisprudenza della CEDU dell’art. 1 L. 1982/164 e del successivo art. 3 della medesima legge, ora art. 31 comma 4 D.Lgs. 2011/150, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile non è obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri anatomici primari. Ma per ciò deve essere accertata la serietà, univocità e definitività del percorso di transizione scelto dall’individuo.

Ciò evidenzia due aspetti importanti: il primo, che lo stato deve rispettare la scelta dell’individuo, e il secondo, che l’intervento per la modifica dei caratteri sessuali primari non è obbligatorio al fine della rettifica in sede anagrafica.
Si tenga conto che prima di arrivare a raggiungere questi traguardi a livello legislativo, per procedere alla rettifica dei dati anagrafici sui documenti era necessario, direi indispensabile, essere in primis autorizzati all’intervento chirurgico, successivamente si doveva subire l’intervento, e solo dopo che il medico legale accertava il cambiamento fisico, si poteva poi pretendere/richiedere il cambio nei documenti. Ad oggi non è più così, anche perché negli ultimi anni si è capito che il trattamento chirurgico non costituisce l’unico strumento di ausilio al fine di garantire la modifica, poiché la modificazione dei caratteri sessuali che legittima la pronuncia giudiziale di rettificazione può derivare anche da trattamenti diversi da quello chirurgico, come ad esempio le terapie ormonali oppure da una situazione congenita.

identità TRANS

Qual è l’iter giuridico che le persone trans devono seguire per ottenere il cambio di sesso anagrafico e il nome nei documenti senza ricorrere all’intervento chirurgico? Quali sono i tempi di tale procedura?
L’iter giuridico è il seguente: si deve, con atto di citazione, richiedere al giudice ordinario civile di essere autorizzato a:

  1. rettificare il proprio sesso anagraficamente, ovvero che il giudice ordini agli uffici competenti di modificare il sesso da uomo a donna o da donna a uomo, e il cambio del nome, sia nel certificato di nascita, che nel codice fiscale, sulla carta d’identità e sul passaporto.
  2. Nel medesimo atto di citazione si deve chiedere anche l’autorizzazione al trattamento chirurgico per adeguare gli organi genitali.

In causa va citato lo Stato nella persona del Pubblico Ministero.
Nel corso del giudizio è necessario dimostrare che vi sia un equilibrio psicofisico del/della richiedente attraverso una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) e a volte anche tramite prove testimoniali.
Faccio presente però, che c’è ancora molta resistenza, e molte volte la persona direttamente interessata deve ricorrere in appello per far rispettare il proprio diritto e far si che le sentenze vengano emesse rispettando quanto statuito dalla CEDU e dalla Corte Suprema.
In Italia solo negli ultimi tre anni si è riscontrato che i Tribunali in primo grado abbiano emesso delle sentenze che autorizzino sia all’intervento che alla rettifica anagrafica contemporaneamente.
Cito alcune sentenze in primo grado che hanno seguito il nuovo orientamento: n.: 5467 del 14.12.2015 Tribunale di Bari, 357/16 del Tribunale di Savona, 1347/16 del Tribunale di Lucca, 976/16 del Tribunale de Cassino, 3114/16 del Tribunale di Padova, 3043/16 del Tribunale di Verona, 6734/17 del Tribunale di Roma, 4090/17 del Tribunale di Milano.
Il tempo necessario dipende da Tribunale a Tribunale; a Brescia dura una media di circa due anni.

identità TRANS

Durante la sua carriera ha dovuto affrontare casi di rettificazione del sesso anagrafico e del nome di persone trans. Com’è stata la sua esperienza al riguardo?
La mia esperienza è stata faticosa, poiché la questione va risolta non solo con la teoria e i principi sanciti dai Giudici della CEDU, ma cercando nella fase probatoria di scalfire i pregiudizi al riguardo. Dimostrando che il o la richiedente ha bisogno di essere riconosciuto/a dalla società per quel che è veramente.
Il mio studio legale ha avuto una delle prime sentenze nel tribunale di Brescia che in primo grado ha autorizzato contemporaneamente sia alla rettifica anagrafica sia all’intervento. Per raggiungere questo importante traguardo si è lavorato tanto sul rispetto del principio e nella fase probatoria. Si è creata inoltre una buona collaborazione con i vari consulenti (chirurgo, psicologo, neurologo) al fine di dimostrare quanto richiesto dalla CEDU: la serietà, univocità e definitività del percorso di transizione scelto dall’individuo.

Per concludere, secondo lei in che modo si potrebbero migliorare le cose a livello legislativo per garantire i diritti delle persone trans?
Credo che servirebbe una procedura ad hoc a livello giudiziale. L’iter della causa ordinaria allunga le procedure e non è utile. Servirebbe una procedura che centri il tutto in primis nella CTU e che, solo nel caso fosse necessario chiarire degli aspetti, richiedesse gli altri tipi di prova, come per esempio la testimoniale.
A livello sostanziale serve un aggiornamento normativo, che dia dei parametri abbastanza precisi al fine di evitare che il Giudice debba prendere decisioni basandosi solo ed esclusivamente su quello che il buon senso gli dice, come secondo me accade ad oggi.

 

Massi Carta
©2019 Il Grande Colibrì

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