Skip to main content

Apro Instagram e leggo il post relativo ad un articolo di cronaca: un padre uccide i propri figli per fare un dispetto alla moglie, che lo ha lasciato. Ignoro in un primo momento la didascalia del post per cercare l’articolo e resto sconcertata. L’omicidio viene descritto come il dramma di un uomo che si separa dalla moglie e per l’esasperazione commette un gesto estremo. Fermiamoci tutti e accendiamo il cervello: di cosa stiamo parlando? Parliamo di un uomo che non accetta la fine del suo matrimonio e smette di provare qualsiasi umanità a tal punto da uccidere i propri figli, che non vede nemmeno più come tali, perché diventano solo lo strumento perfetto per colpire chi ritiene responsabile del suo dolore, ovvero sua moglie, nonché madre di quei due bambini. Il giornale – che in seguito alle critiche dei lettori, ha rivisto la propria posizione e il modo in cui ha trattato l’argomento – in un primo momento descrive l’atto come “il dramma dei padri separati”.

La fine di una relazione è sempre dolorosa, non metto in discussione questo. Ciò che metto in discussione è la reazione a questo dolore: non importa quanto si stia male, non importa il genere, la cultura, la nazionalità e via dicendo, fare violenza è sempre e comunque sbagliato (a meno che non sia comprovata la minaccia alla propria vita e in tal caso si parla di autodifesa, che non c’entra con l’episodio di cui sto parlando).

C’è un’aggiunta da fare e farà storcere il naso a moltissime persone. Parto dalla descrizione dei protagonisti della tragedia: un marito lasciato, il cui obiettivo è punire la moglie che lo ha lasciato, usando come strumento i propri figli. Il giornale che descrive il dramma dei padri separati, generalizzando a caso, risponde ad una retorica ben più ampia e longeva: un uomo va compreso nei suoi gesti e nelle sue emozioni, anzi, se un uomo perde la ragione e compie un atto estremo, significa che il suo dolore, la sua esasperazione, la sua emotività (che socialmente e normalmente gli viene negata perché è un maschio, quindi razionalità > emotività) vanno compresi, perché poverino, sta soffrendo, come poteva fare diversamente? Come si può pretendere da un uomo sofferente di essere razionale, se non addirittura civile? Tuttavia quando una donna commette lo stesso gesto, non c’è la stessa umana comprensione. È pazza, fa schifo, è una stronza, che puttana, meriterebbe le peggio cose, se ne leggono di ogni online e se ne sentono di peggiori in giro. In quel caso la donna non ha giustificazioni, la sua emotività ripugna, non viene contemplata la persona, viene solo condannata e si invita a partecipare alla condanna. In entrambi i casi, in realtà, non si guarda al gesto in quanto tale, non ci si indigna per l’atto e non si piangono le vittime. Si guarda solo a chi, o meglio, al genere dell’agente e in base a questo si traggono conclusioni, si mostra o meno empatia, se non addirittura simpatia.

Ai più potrebbe sembrare la considerazione di una donna che tira acqua al proprio mulino, pronta a puntare il dito contro il maschio di turno, manco fossi Nelson Muntz (per chi non lo sapesse parlo di uno dei personaggi dei Simpson) e invece vi dico che non sto puntando alcun dito contro o in difesa di un genere o un altro, bensì punto saldamente i piedi a terra e mi posiziono eretta e a testa alta di fronte alla società tutta e dico: dove vogliamo andare con questo atteggiamento? Cosa pensiamo di raggiungere giustificando o accusando una persona in base al suo genere o alla nazionalità o al colore della pelle o al proprio orientamento sessuale o al proprio orientamento religioso anziché prendere il fatto, interrogarlo, analizzarlo e contestualizzarlo per poi coglierne i segnali critici e di forza della nostra società che tanto ci piace definire “civile” (quando la poniamo nel confronto con altre che per noi sono incivili)?

Costruire un’idea o un ideale di “uomo” e un’ideale di “donna”, decidendo arbitrariamente quali aspetti umani appartengano loro e quali no ci sta distruggendo su più livelli, a tal punto che persino l’omicidio di due bambini passa quasi in secondo piano.

Né la razionalità né l’emotività vanno sessualizzati. Tutte le persone, di qualsiasi parte e cultura e orientamento sono dotate di entrambe le sfere, perché udite udite, razionalità ed emotività sono caratteristiche propriamente umane. Gli animali hanno l’istinto, che non è sinonimo di emotività. Privare uomini e donne di una delle due, significa disumanizzarli e se non c’è umanità, non può esserci civiltà.

 

 

Alessandra Desiderio

Leave a Reply