Skip to main content

«I diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali formano parte integrale dei criteri per l’accessione all’Unione Europea»: sono parole del 2013, lontane nel tempo tanto quanto dalla realtà.

A volte l’omofobia non è né odio né discriminazione, né insulti né gesti violenti.
A me sembra che la maggior parte degli uomini sia omofoba semplicemente perché possiede un pene. Dal punto di vista psicologico è molto semplice, è una questione di appartenenza a un gruppo, di difesa della virilità, di identificazione collettiva con il genere maschile. Il fatto che esistano degli individui che non rispettano i canoni di questo gruppo è visto come una minaccia all’integrità dello stesso.
Poco importa se un’abitudine sessuale è un’abitudine sessuale e tale rimane, cioè qualcosa che riguarda ciò che accade fra le coperte del proprio letto e fra le pareti della propria stanza, e che non dovrebbe intaccare i rapporti sociali all’esterno di questi limiti.

Primitivo? Non-sense? Sì, ma è cosi che funziona, altrimenti non mi spiegherei quanto capitatomi pochi giorni fa con un esemplare della categoria sopra descritta.
Situazione: una normalissima cena fuori, un mio amico con il suo ragazzo vogliono raggiungermi, gli dico di sì e avviso il mio accompagnatore. «AmicO? Con il suo morosO?». «Sì». «Ma in che senso?» «Nel senso che viene con il suo ragazzo». «Ah». «Sì». Ci pensa un attimo. «No, per favore, non mettermi in situazioni che mi imbarazzano». Di fronte alla mia espressione basita si è ben premurato di aggiungere «No ma io non ho nulla contro, però…», così come succede d’altra parte per tutto il resto: «Non sono razzista, però…», «Amo gli animali, però…». Un buon mettere le mani avanti all’idiozia che segue.
Perché dopo il “però” al 90% arrivano affermazioni sull’andare contro natura, su Dio che ci ha creati in un certo modo, sulla perversione e tante altre amenità simili, fino al confronto con la pedofilia.
La natura e la religione diventano buone o cattive a piacimento, a seconda di cosa c’è da argomentare o difendere. Viviamo in un mondo che di naturale non ha niente, e ce ne stra-freghiamo della religione (o quanto meno del viverla seriamente) e del perbenismo sessuale, ma quando si tratta di difendere quel famoso pene che il maschio ha fra le gambe ecco che ci aggrappiamo a tutto, e andiamo a pescare anche vaghi ricordi scolastici sull’evoluzionismo, sulla specie umana che morirebbe se fossimo tutti gay…

Ma l’“imbarazzo” nominato dall’esemplare di cui sopra non nasce da considerazioni “socio-scientifiche”: è legato a sensazioni molto più terrene e istintive, al fatto di avere nelle vicinanze un uomo che utilizza il proprio pene in maniera differente dalla propria. L’imbarazzo nasce cioè dall’analizzare una persona in base alle sue abitudini sessuali.

Guarda caso, però, questo accade solo verso le persone omosessuali: non accade verso tutte quelle pratiche etero che sconfinano nel torbido sottoinsieme delle “perversioni” (che io però preferisco chiamare “condotte sessuali alternative”), come ad esempio orge, fetish, sadomaso, bdls, voyeurismo, e chi più ne ha più ne metta. Di quelle, giustamente, non ci preoccupiamo: sono preferenze sessuali, per l’appunto, e come tali devono rimanere confinate nella sfera privata di una persona.
E allora mi chiedo: perché non applichiamo la stessa filosofia di pensiero anche a chi è omosessuale? Perché non la smettiamo di valutare una persona in base a cosa fa a letto, a dove lo infila, a con quanti fa sesso…? Smettiamola di chiederci se gay si nasce o si diventa e perché esistono i gay…cerchiamo di evolverci e di approcciarci alle persone in quanto persone, indipendentemente dall’orifizio che utilizzano quando fanno sesso, perché di questo si tratta.
Alla fine, tutto si riassume in una semplice domanda: che problema avrebbe avuto il mio accompagnatore a passare una serata con me e una coppia gay?

 

Francesca Delli Carri

Leave a Reply