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Siamo state particolarmente colpite dalla tragedia di Saman Abbas, come esseri umani, come donne e come musulmane. Abbiamo seguito con molta apprensione gli sviluppi della vicenda e abbiamo dedicato del tempo a dialogarne insieme. La nostra è una riflessione sentita per sviluppare un pensiero ampio che riporti l’essenziale al centro.

Quello che è accaduto non è frutto di un momento di follia o di esplosione di rabbia incontrollata, ma piuttosto l’esito di una precisa struttura di relazioni inserita in una visione del mondo ingiusta. Non è un caso unico, la sua radice non riguarda solo la comunità pachistana. Per noi questa tragedia è stata l’occasione per riflettere sui danni e le sofferenze provocate da un sistema che avvelena anche le relazioni familiari.

Tutti i tentativi di coercizione dei genitori sui figli creano dinamiche di potere tossiche che in alcuni casi sfociano in violenze o addirittura in omicidi. Uomini e donne soffrono quando costretti a eseguire ordini dettati dalla consuetudine e dai condizionamenti sociali, che non tengono conto di sentimenti, desideri e prospettive personali. Ancor di più quando si tratta di agire su scelte che riguardano la vita intima e quotidiana, come il matrimonio. Auspichiamo alla sensibilizzazione di adulti e giovani, genitori e figli verso lo sviluppo del pieno rispetto della libertà di scelta e di coscienza.

L’Islam è una via che mira alla realizzazione spirituale dell’essere umano e alla pratica dei valori umani più nobili. Riteniamo che la religione non debba essere uno strumento per mettere ostacoli nella vita delle persone, né una frusta per punirle. Nessuno ha il diritto di intromettersi nelle scelte di vita altrui, né di giudicarle in modo spietato.

Il dialogo aperto e sincero è necessario, perciò invitiamo tutte le famiglie a un momento di riflessione condivisa sulle dinamiche relazionali che creano sofferenza, rabbia, odio e frustrazione. Crediamo fortemente che solo le relazioni basate sull’amore sincero e la libera scelta creino la vera unione e armonia di cui la società ha bisogno.

 

 

Rosanna Maryam Sirignano e Zenab Muhammad

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