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DUBLINO – Il verdetto in un tweet del ministro per le pari opportunità Aodhan O’Riordain: secondo i primi risultati dello spoglio, gli irlandesi hanno detto sì al matrimonio gay votando un apposito e sentitissimo referendum. Per non mancare il loro appuntamento con la storia: perché, se sono già 21 i Paesi che in tutto il mondo hanno aperto ai matrimoni tra omosessuali, l’Irlanda è il primo a farlo passando per una consultazione popolare, cinque anni dopo l’approvazione in Parlamento delle unioni civili per le coppie omosessuali. Inimmaginabile solo 20 anni fa, quando nella Repubblica dell'”isola verde” fu finalmente cancellato il reato penale di “omosessualità”.

Dopo O’Riordain, un altro ministro, Kevin Humphrey, ha spiegato che il 75% di voti favorevoli al matrimonio gay nel suo distretto, il sud-est di Dublino, costituiscono l’evidente preludio a una vittoria del “sì”. Michael Martin, leader del partito Fianna Fail, su posizioni cattoliche ma a favore del matrimonio gay, ha parlato di “chiaro successo del sì” basandosi sul 60% di voti favorevoli riscontrati nella sua città, Cork. Mentre è di John Murray, attivista di primo piano e membro del think tank messo in piedi dal cattolico Iona Institute per orchestrare la campagna per il “no”, la prima ammissione della probabile sconfitta. Un altro esponente dello Iona Institute, David Quinn, ha parlato di vittoria “impressionante” del sì: dai primi dati emerge che i voti a favore del matrimonio gay sono “quasi il doppio dei no”.

Infine, è stata la volta del premier Enda Kenny, che rompendo l’istituzionale riserbo si è detto “ottimista per la vittoria del sì. Con questo referendum il popolo irlandese sta mandando un messaggio pionieristico“.

Dunque, rispettate le previsioni. Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato dall’Irish Times la scorsa settimana, il 70% degli interpellati si era detto a favore dei matrimoni tra omosessuali. Un secondo sondaggio, realizzato per il Sunday Independent, dava il “sì” in vantaggio di 29 punti percentuali.

Sulla scheda del referendum, i 3,2 milioni di irlandesi con diritto di voto hanno dovuto rispondere a una semplice domanda: volete che sia emendato l’articolo 41 della Costituzione del 1937, con l’inserimento di una nuova clausola nella sezione “Famiglia”?

Clausola che recita: “Il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso”.

Per rispondere “sì” si sono compattati diversi percorsi della società irlandese e spesi opinion leader di vario e comunque enorme appeal e carisma, come il “cittadino” Paul David Hewson, per tutti Bono degli U2. La campagna a favore del matrimonio gay ha avuto inoltre il sostegno dei principali partiti politici, con l’eccezione dello scarso impegno di alcuni backbenchers, gli esponenti più conservatori del Fianna Fail e del Fine Gael, espressione delle aree rurali, che hanno preferito non esporsi apertamente per paura di essere puniti alle elezioni politiche del prossimo anno. Anche se per l’analista politico Noel Whelan il “sì” otterrà la maggioranza dei consensi anche in quelle temute aree, i distretti di campagna, mentre l’unico interrogativo a cui rispondere è in realtà la misura di quel consenso, il “sì” al matrimonio gay, in una nazione di quasi cinque milioni di persone dalle fondamenta solidamente cattoliche, come l’Irlanda.

Lo spoglio delle schede è iniziato alle 9 ora locale. Le prime cifre saranno diffuse in tarda mattinata dal quartier generale del conteggio, il castello di Dublino, risultato finale previsto per il primo pomeriggio. Nelle 24 ore che hanno preceduto il referendum, sono stati i social media a documentare il ritorno in Irlanda di tanti lavoratori all’estero, principalmente dal Regno Unito e dall’Europa.

Mentre sono stati circa 66mila i giovani che hanno aggiunto i loro nomi nei registri elettorali nelle ultime settimane, portando il numero dei votanti della fascia 18-25 anni a circa 400mila, ritenuta decisiva per la vittoria dai sostenitori del matrimonio gay. Come sostiene John Lyons, uno dei quattro parlamentari irlandesi, su 166, apertamente gay: “Se il sì ha vinto è dovuto in larga parte alla mobilitazione dei giovani elettori. Il che dimostra come una piccola isola, ai confini dell’Europa e sulla rotta per l’America, può essere un faro di luce nel mondo”.

“Un faro, una luce di libertà e uguaglianza per il resto del mondo” è l’immagine scelta anche da Leo Varadkar, ministro della Salute che ha smesso di nascondere la sua omosessualità nel momento in cui il governo ha rotto gli indugi e ha scelto di sostenere il cambiamento della Costituzione. “Saremo il primo Paese nel mondo a custodire l’uguaglianza nel matrimonio nella nostra Carta, e a farlo con un mandato popolare. In questo giorno è un orgoglio essere irlandesi”.

fonte: repubblica.it

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