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Nella prima parte della sua intervista, il giovane attivista Majid Capovani si era confrontato con noi su argomenti di stretta e stringente attualità.

In questo seconda parte del nostro incontro, Majid approfondirà invece alcune importanti tematiche legate al kemetismo, il credo religioso a cui si è convertito già nel 2016.

 

Che cosa ci potresti dire riguardo alla tua religione?

Per chi non lo sapesse, il kemetismo è la religione dell’antico Egitto, una religione monista e panteista. Gli insegnamenti kemetici pongono l’accento sul fatto che ci sia un’unica entità creatrice chiamata Netjer che, al contrario delle sue emanazioni, risulta incomprensibile alla mente umana. A scanso di equivoci, preciso che le emanazioni di Netjer, chiamate Netjeru, sono gli dei egizi che tutt@ noi conosciamo.

Tutto ciò che l’uomo considera corrispondere alla vita e all’esistenza non è altro che il risultato della perpetua emanazione e dell’attività di Netjer. Per noi kemetisti, la creazione è un evento mistico che avviene in eterno, dato che Netjer è l’energia cosmica che pervade tutte le cose. Netjer è la vita stessa e ogni kemetista tende a focalizzare la propria fede sulla divinità che più si avvicina alla sua concezione della realtà e al suo essere.  Il kemetismo enfatizza molto, in questo frangente, il valore della persona, ponendo l’accento sulle particolarità e i valori del fedele, per consentirgli di trovare la giusta armonia nella sua personale esistenza e nel rapporto con il mondo.

Alla base della nostra etica vi è la legge cosmica di Maat, i cui fondamenti sono: giustizia, verità, equilibrio e armonia. Noi kemetisti seguiamo quelli che vengono chiamati 42 consigli (o leggi) di Maat, che sono molto simili ai dieci comandamenti biblici.

 

A quale delle 42 leggi di Maat ti senti più legato?

Ce ne sono diverse a dir la verità. Il consiglio di Maat a cui sono più legato e che rappresenta la mia bussola è “non ignorare la verità e la giustizia”. In poche parole viene chiesto di schierarsi, di prendere posizione ponendosi dalla parte di ciò che è giusto e veritiero. Un aspetto che tutt@ dovrebbero tenere a mente e che si accorda molto bene con l’attivismo.

Uno dei più grandi mali infatti è proprio l’indifferenza. Le leggi di Maat non si limitano solo a proibire ciò che è sbagliato e ingiusto, ma chiedono alla persona una presa di posizione, condannando l’indifferenza.

Lo si nota anche dal confronto di uno dei consigli con uno dei comandamenti biblici.

Quello che per i cristiani è “non uccidere” per i kemetisti è “non uccidere e non permettere che nessuno lo faccia”.

Gli insegnamenti più importanti sono questi: il non rimanere indifferenti di fronte alle ingiustizie e il rispetto per ogni persona e animale, per la natura, per ogni idea e religione, anche diversa dalla propria (“rispetta tutti i luoghi sacri, non disprezzare le credenze altrui, non approfittare della fede altrui per fare del male”).

In poche parole, il rispetto per tutti gli esseri viventi e per le particolarità di ognun@, oltre che per ogni idea che non vada contro i princìpi di Maat.

C’è una concezione molto importante, ovvero il fatto che tutta la creazione sia un insieme di forme varie e molteplici, di punti di vista e idee sfaccettate e diversificate.

Il kemetismo accentua infatti i valori di rispetto e amore nei confronti della vita in ogni sua forma, diversità e particolarità.

 

In che cosa consistono e come si svolgono i culti e i rituali kemetisti?

All’interno del kemetismo il rituale domestico personale è un elemento di fondamentale importanza. Questo rituale viene chiamato Senut e si svolge davanti a un altare domestico, il naos. Sull’altare sono solitamente presenti statue o rappresentazioni delle varie divinità e durante i rituali, che si svolgono dopo aver eseguito le abluzioni (lavaggi rituali del corpo, ndR), si porgono offerte, si accendono candele e incensi, si prega, si medita o si canta.

La cosa più importante è sentirsi vicin@ alle divinità.

Ognun@ ha il proprio modo di approcciarsi e sentirsi vicin@ ad esse, ognun@ ha uno o più Netjeru a cui si sente particolarmente legat@. Per quanto mi riguarda, nutro un legame particolarmente forte con Anubi, a cui fanno seguito Thoth e Sekhmet.

Il rituale domestico non è comunque l’unico momento in cui si sperimenta la vicinanza con i Netjeru, perché essi sono presenti nel mondo stesso, sono sempre con noi ed è possibile ritrovarli nella natura e nelle energie sottili che governano il tutto e rendono possibile la vita. Il vento, l’acqua, il sole, la vegetazione, il cielo notturno, ogni cosa è colma di Netjeru e molti sono i modi per onorarli. Solo per fare un esempio, è possibile onorare Thoth scrivendo o dedicandosi allo studio, così come si venera Maat sforzandosi di vivere rettamente.

Nel corso dell’anno ci sono numerosi heb, ovvero feste delle divinità, che celebriamo in diversi modi, attraverso specifici rituali e feste.

 

Sulla tua pagina Instagram hai sfatato un (falso) pregiudizio legato alla presunta omofobia che caratterizzerebbe il kemetismo.

Dato che si tratta di un argomento davvero molto importante, ti chiederei di spendere anche qui qualche parola a riguardo…

Volentieri!

Innanzitutto, occorre partire da una delle leggi di Maat: “non commettere atti di sodomia”.

Questa legge è stata interpretata da molti kemetisti come una condanna verso l’omosessualità come la intendiamo noi oggi, ovvero l’amore tra due persone dello stesso genere (forse, a mio avviso, sarebbe meglio dire sesso…).

In realtà non è esattamente così.

Uno dei grandi errori che spesso commettiamo è infatti quello di interpretare i testi antichi attraverso chiavi di lettura e concetti moderni, quando invece dovremmo tenere presente e studiare il contesto, le chiavi di lettura e la cultura all’interno della quale tali testi sono stati scritti.

Prima di tutto dobbiamo chiederci che cosa intendevano gli antichi egizi con il termine “sodomia”.

La risposta è molto semplice: intendevano il sesso anale.

Quest’ultima è una pratica potenzialmente implicita nell’essere umano e dunque non avrebbe senso, per gli dei, porre qualcosa nella nostra natura per poi proibirla.

A conti fatti, ciò che questa legge condanna è lo stupro.

Nell’antichità, quando si verificava una guerra, accadeva spesso che i soldati dell’esercito vincitore stuprassero quelli dell’esercito nemico che aveva perso la battaglia, per degradarli e umiliarli. Come tutt@ noi ben sappiamo, si tratta purtroppo di una pratica molto diffusa anche al giorno d’oggi.

Tornando alla tua domanda, ti posso assicurare che nel kemetismo ciò che viene condannato non è la pratica del sesso anale in sé, né tantomeno l’amore omosessuale.

Ad essere proibito è l’utilizzo violento e degradante del sesso anale come arma (è tuttavia importante specificare che nel kemetismo la violenza sessuale viene sempre condannata in ogni sua forma).

All’interno della nostra religione, ogni forma di amore è benedetta e protetta dalla dea Hathor.

Pensa che esistono anche numerose raffigurazioni di coppie omosessuali nell’antico Egitto, basti pensare alla Statua di Idet e Ruiu al Museo egizio di Torino o agli affreschi della mastaba di Khnumhotep e Niankhkhnum, considerati dagli studiosi come la prima coppia omosessuale maschile documentata della storia.

Per concludere, nel kemetismo due sono le colpe più imperdonabili: lo stupro e l’omicidio. L’omosessualità e il transgenderismo non rientrano in nessun modo tra ciò che viene condannato.

 

Il kemetismo è considerato una religione pagana. Partendo da questo assunto, mi piacerebbe davvero molto chiederti com’è essere pagan@ nell’Italia di oggi e quali sono le difficoltà che tu stesso affronti e vivi.

Non è sempre facile, spesso si va incontro a diverse difficoltà. Il kemetismo, così come moltissime altre religioni pagane, non è riconosciuto dallo Stato e quindi noi fedeli non abbiamo la possibilità di avere dei luoghi di culto. Inoltre, a meno che non si viva in una grande città come Roma o Milano, si è costantemente isolat@ e non è affatto semplice organizzarsi per incontrare altr@ correligios@. Usiamo molto i social per rimanere in contatto tra noi, ma la lontananza spesso si fa sentire.

C’è poi anche la questione del coming-out religioso. Io da una parte sono stato piuttosto fortunato perché la mia famiglia, pur essendo cattolico-cristiana, non è particolarmente osservante e non mi ha impedito di convertirmi ad un’altra fede. Nonostante ciò, ho subito parecchie microaggressioni e più di una volta mi sono sentito invalidato e ridicolizzato.

La mia conversione risale al settembre 2015. All’epoca avevo 16 anni, e mi sentii dire che si trattava soltanto di una cosa passeggera, come se le religioni e la spiritualità pagana fossero fedi di serie B, come se non fossero delle vere fedi.

Non dobbiamo dimenticare che in questo Paese chi è cattolic@-cristian@ detiene un privilegio e vi assicuro che far parte di una minoranza religiosa in Italia non è affatto una passeggiata. Ci sono persone pagane che hanno paura di fare questo coming-out con la propria famiglia e alcune subiscono vere e proprie aggressioni. Nello scorso incontro ho parlato di razzismo, ma in questo paese c’è un altro grosso problema di cui non si parla abbastanza: la discriminazione verso chi professa altre religioni (pagane e non), una discriminazione che a sua volta può marciare in parallelo con il razzismo.

In passato tendevo a considerare la religione come qualcosa di privato, ma adesso penso che nel momento in cui si verificano atteggiamenti discriminatori nei confronti delle minoranze religiose diventi davvero importante esporsi, ognun@ secondo le proprie possibilità, ovviamente.

Solo in questo modo potremo informare e sensibilizzare le altre persone, creando un dialogo interreligioso che può portare a straordinari arricchimenti reciproci.

Ora, se me lo permetti, vorrei concludere il nostro dialogo con uno dei passaggi del Libro dell’uscire alla Luce (Peremheru) a cui sono più legato e che trovo meraviglioso:

“Noi siamo Dei nel corpo della Dea, verità e amore sono i nostri destini. Perciò andate e fate del mondo un luogo meraviglioso, fate risplendere la luce nell’oscurità”.

 

 

Nicole Zaramella

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