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Io non ce l’ho con Achille Lauro. Onestamente fino a pochi giorni fa il nome mi ricordava comunque di più un armatore napoletano che quando iniziò la carriera politica si dice regalasse agli abitanti della sua città una scarpa destra che poi, in ragione del numero di voti ottenuti, sarebbe stata affiancata dalla sinistra se gli elettori lo votavano in massa (all’epoca con il sistema delle preferenze multiple era possibile controllare capillarmente il voto degli italiani nelle elezioni).

Poi la scorsa settimana i social si sono riempiti di commenti su una performance esplosiva del rapper che ha scelto come nome d’arte quello di una persona che è stata piuttosto disgustosa (fu il sindaco che diede l’inizio al cosiddetto “sacco edilizio di Napoli”, fu fascista durante il ventennio e – coerentemente, bisogna ammetterlo – anche dopo, passando dal movimento dell’Uomo qualunque a varie formazioni monarchiche e infine al Movimento sociale italiano). Immagino che il giovane Lauro de Marinis non sappia molto del personaggio di cui ha scelto il nome, pensando come molti della sua generazione, che “Achille Lauro” sia solo il nome di una nave. Ma forse poteva documentarsi.

Tuttavia non siamo qui a parlare di Lauro per il suo pseudonimo, né per il suo un po’ risibile riferimento a san Francesco, che si spogliò del suo mantello e rinunciò ai beni che avrebbe ereditato dal ricco padre e che il nostro ha detto di voler emulare, togliendosi il mantello e rimanendo in una tutina attillata e dorata di Gucci (notoriamente un marchio legato al poverello di Assisi per l’accessibilità dei suoi prezzi). L’estetica non ci interessa e non siamo certo qui a scandalizzarci per un vestito, bello o brutto, economico o lussuoso che sia (oddio, sul lusso qualche opinione ce l’ho ma me la tengo per me). Tra l’altro vestirsi con abiti che sono normalmente attribuiti al genere femminile non è certo una cosa nuovissima e non necessita nemmeno una rivendicazione di genere o orientamento. Del resto il giovane Lauro sembra averlo già fatto ampiamente, come si può vedere da una rapida ricerca fotografica in rete.

Ma, un po’ come la tutina di Gucci stride con il francescanesimo de’ noantri, la scelta di giustificare la sua azione facendo un discorso apparentemente molto aperto stride – e non poco – con l’obiettivo dichiarato. Il giovane cantante scrive infatti: “Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri. Sono cresciuto con ‘sto schifo. Anche gli ambienti trap mi suscitano un certo disagio: l’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto con cui sono cresciuto.
Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indossare capi di abbigliamento femminili, oltre che il trucco, la confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni da cui poi si genera discriminazione e violenza”. Fin qui (quasi) tutto bene, potremmo dire. Ma poi c’è il finale: “Sono fatto così mi metto quel che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina. Tutto qui? Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo che sono diventato una signorina”.

Cosa c’è di sbagliato, direte voi? Be’, se per combattere gli stereotipi torniamo a dire che la femminilità significa delicatezza, eleganza, candore, se quindi i modi maschili sono sempre e comunque ignoranti, omofobi e razzisti, non siamo troppo lontani dall’attribuzione delle categorie che fanno gli stereotipi che Lauro sostiene di voler combattere. Un passo ancora e le donne non delicate sono tutte lesbiche (quindi camioniste) e gli uomini sensibili sono tutti omosessuali. Insomma ha rinforzato uno stereotipo che ingabbia le donne, nega le conquiste femministe, costringe gli uomini ad assumere comportamenti rozzi, supporta il pensiero machista e omofobo che dovrebbe andare a combattere: un maschio non è delicato, elegante e candido, per esserlo deve farsi “contagiare dalla femminilità” stereotipata.

Questa citazione ha fatto in pochissime ore il giro di Facebook, riportata sulle bacheche di persone che normalmente manifestano un forte spirito critico e che, in questo caso, osannavano l’apertura mentale e la saggezza delle parole del nuovo liberatore delle minoranze sessuali. Il punto del contendere non è tanto cosa ha detto il cantante, per quanto ovviamente sia alla radice della nostra preoccupazione, quanto appunto la reazione delle masse fulminate sulla via di Damasco. Nessuna persona sembra aver riflettuto quei pochi minuti necessari a ricordare che se vogliamo destrutturare e superare gli stereotipi, non possiamo metterci a usarli per tirare la corda dalla nostra parte: magari otterremo un risultato di critica e pubblico, ma non avremo fatto mezzo passo nella giusta direzione.

Ci è stato fatto notare che la citazione di Achille Lauro contiene la premessa “per me significa”, il che lo scagionerebbe in virtù del fatto che le sue parole non sarebbero normative. Bene: ora, se scrivesse “per me essere africano vuol dire avere il ritmo nel sangue” o “per me essere cinese vuol dire essere bravo in matematica“, nonostante questi siano stereotipi positivi, probabilmente san Achille sarebbe crocifisso sulla pubblica piazza dei social.Cosa dice questo di noi?
Cosa dice del fatto che l’individuo ancora non si è svincolato dalla coazione a ripetere ruoli di genere retrivi e dannosi, ma anzi li considera in modo positivo?

Magari ad Achille Lauro de Marinis (che poi si è esibito in altre cose che hanno fatto fare la ola a molti, culminate con il bacio al suo chitarrista) sarebbe bastato studiare un po’ di più o chiedere a qualcuno di più competente (stavo per scrivere “a qualunque associazione LGBT”, ma poi mi sono reso conto che più di una avrebbe approvato le sue parole). Il suo sforzo possiamo anche apprezzarlo, sperando che sia nato da lui e non gli sia stato imposto (quand’anche fosse nato da lui non sarete così babaloni da credere che l’abbia fatto di nascosto dai suoi produttori, da Amadeus, dalla Rai e dallo stilista di Gucci, vero?). Ma le parole hanno un peso, sia che si dicano quelle giuste, sia che si pronuncino quelle sbagliate, sia che vengano portate in palmo di mano da persone e associazioni che non passano un secondo a riflettere sul messaggio oppressivo e retrogrado che stanno condividendo. Magari, come sempre, con le migliori intenzioni.

 

Michele Benini

2 Comments

  • Td ha detto:

    Ma posso fare una provocazione così…un pò ignorante ma solo per fare dialogo? Ma uomo e donna oggi deve significare per forza etereità al maschio e vigore alla femmina? Non si può sperare di capire che anche quelle che erano vecchie stereotipie sono anche loro parte del quadro(e non solo ovviamente)? Ma ultimamente in tv vedo solo Sarah Connor… tutte Sarah Connor…che picchiano uomini grossi 3 volte a loro che snobbano famiglia e figli che però….della vecchia Sarah Connor quella di terminator 2…hanno poco.
    Vedo uomini non delicati o romantici perchè lo siano… ma semplicemente succubi o evirati che non mi rispecchiano più nè le stereotipie maschili ma nemmeno la profondità di un poeta o un pittore… solo io trovo un po’ Disallineato quest nuovo millennio?

  • Stefano ha detto:

    Interessante punto di vista. In effetti Lauro non si è espresso al meglio, ma non mi è parso troppo raffinato nel modo di esprimersi. Non credo colga la differenza tra una sana e necessaria critica alla virilità macista e una semplice esaltazione di un femminile delicato e puro. Però molte testate questa intenzione l’hanno colta e descritta. Si è parlato di un gesto teatrale atto a smitizzare le rigide regole della mascolinità a favore di un maschile libero da imposizioni culturali, ecc ecc.
    Per questo l’esperienza sanremese di Lauro io la trovo una spendida ventata di aria fresca in prima serata.

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