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Sono nato senza un papà, perché mio padre ha deciso di crearsi una sua famiglia quando io avevo 8 mesi.

Inizia così la testimonianza di Alessandro, il ragazzo omosessuale che dice di essere guarito da quello che lui definisce un “inganno del demonio”. Il video gira sul web da diverse settimane e ha raccolto le più disparate osservazioni circa la validità e il senso di questa guarigione.

L’omosessualità è considerata nel panorama medico-scientifico come:

[…] una variante naturale del comportamento umano che comporta l’attrazione sentimentale e/o sessuale verso individui dello stesso sesso. Nella definizione di orientamento sessuale, l’omosessualità viene collocata nel continuum etero-omosessuale della sessualità umana, e si riferisce all’identità di un individuo sulla base di tali attrazioni e dell’appartenenza a una comunità di altri individui che condividono le stesse.

(Da Wikipedia che costruisce la definizione tramite varie fonti, fra cui: l’American Psychological Association, 2007)

Eppure la religione pare disconoscere questa definizione, che potremmo definire naturale rientrando nei poli sessuali a cui istintivamente un individuo è portato ad aderire. A questa si oppone quella che è una definizione cristiano-spiritualista, in cui la sessualità umana si colloca all’interno di un disegno più ampio, che trova il suo demiurgo in Dio, a cui spetta dunque l’ultima parola in materia di scelte e inclinazioni di carattere sessuale. Il genere sessuale, in quest’ultimo caso, non è da considerarsi un istinto natural-biologico ma piuttosto una imposizione dall’alto che non può e non deve discostarsi dalle decisioni divine.

L’omosessualità come disordine morale

Il mito biblico narra la creazione di due generi: il progenitore Adamo e la progenitrice Eva (quest’ultima da una costola del primo) e dalla loro unione carnale si dà il via alla stirpe umana.
Questo ha due conseguenze immediate:

  1. la comune fratellanza originaria su cui si fonda la fede cristiana;
  2. i due pilastri dell’umanità: un uomo e una donna, che tramite i loro sessi continuano a procreare, spingendo avanti la vita.

Proprio su questo secondo punto viene innestato il totale disconoscimento di tutto ciò che non rientra nei margini uomo-donna. Un uomo è tale perché accoppiandosi con una donna genera una prole, e la donna allo stesso modo.

Ma di fatto la storia umana ha da sempre conosciuto casi di “diversa” espressione sessuale. Il mondo classico, greco e romano, aveva una propria struttura sociale in cui l’omosessualità era riconosciuta (certo in modo diverso rispetto alle epoche più recenti) e seppur entro certi limiti pure accettata.

Far rientrare questi modelli sessuali nel contesto della Creazione, invece, non è semplice. Come giustificare un rapporto fra due uomini o due donne? Dove non si genera nulla e dove l’obiettivo è solo quello del piacere fine a sé stesso? Non lo si può accettare e quindi bisogna bandirlo come peccato di natura:

Non devi giacere con un maschio come fai con una donna: è un abominio.

(Levitico 18:22.)

Se un uomo giace con un maschio come fa con una donna, hanno commesso tutti e due un abominio: saranno messi a morte entrambi. Il loro sangue ricadrà su di loro.

(Levitico 20:13.)

Tuttavia, sono emblematici i casi in cui la Chiesa cattolica si sia trovata di fronte alla necessità di cambiare prospettiva e “aggiornare” le proprie regole morali. Mantenendo sempre una originaria adesione ai precetti biblici (le Sacre Scritture devono rimanere a fondamento della condotta ecumenica cristiana), di fatto la società ha da sempre cambiato i propri orizzonti di valori e, ora più ora meno, la Chiesa ha dovuto fare i conti con questi cambiamenti. Così, se nella “Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale” emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel gennaio 1976 si poteva dire dell’omosessualità:

La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza; ma non può essere usato alcun metodo pastorale che […] accordi loro una giustificazione morale. Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile.

Nel documento “De pastorali personarum homosexualium cura” (Cura pastorale delle persone omosessuali), emanato dalla stessa Congregazione per la dottrina della fede nel 1986, invece la Chiesa può dire:

Occorre […] precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata.

L’omosessualità è declassata a inclinazione disordinata, anche se l’avverbio usato (“oggettivamente”) è del tutto sconsiderato dal punto di vista scientifico. Ma ne nasce un dissidio: l’inclinazione è libera dal peccato, ma i rapporti carnali no. Insomma, se una persona gay è un vero cristiano deve astenersi dai rapporti abnormi. Le restanti comunità cristiane non si discostano da questi precetti fondamentali, anzi spesso li rendono ancora più radicali.

“La mia identità gay era un inganno” vs condizione esistenziale dell’umano

E così arrivano i nodi al pettine del gay cristiano, protagonista del video che circola in rete. Il ragazzo racconta la propria esperienza di vita, di una gioventù segnata dalla mancanza di una figura paterna “forte” e della ricerca di questa mancanza in altri uomini. Ma a questa spiegazione pseudo-psicologica se ne aggiunge un’altra di natura più spirituale: era il demonio a mettere un muro fra lui e la verità, che gli impediva di vedere la sua vera identità sessuale.
E allora, agli anni felici (a detta dello stesso) in cui arriva perfino a dichiararsi in famiglia, seguono quelli della conversione alla fede, in cui riconosce il suo errore e capisce che in realtà, lui, non è così.
Questa non è una semplice esperienza di vita, immune da giudici di sorta e rispettosa della sua visione delle cose: questo è un messaggio distorto e dannoso che mina la lotta per diritti che da anni e con enorme fatica si sono (e ancora si devono) guadagnare. Sostenere che l’omosessualità è una condizione dalla quale è possibile uscire, in tal senso pari o forse peggiore al tunnel della droga o all’alcolismo, è fuorviante della realtà storica, naturale, sociale e perfino biologica.
L’essere o non essere gay è una condizione esistenziale a cui l’individuo umano fa fronte nella naturalità del suo corpo e della sua mente (o meglio, del corpo-mente secondo le più recenti prospettive filosofiche). In altri termini, non si deve e non si può disconoscere la propria sessualità, quale essa sia, pena l’autodistruzione di ciò che siamo, pena l’annientamento del nostro senso dell’Io, con ripercussioni anche sul piano sociale.

Chi sei tu per dire a chi è omosessuale che è vittima di una condotta disordinata prodotta dall’influsso del Maligno? Chi sei tu per erigerti a modello di morale vincitrice contro un mondo di perversità sessuale?
E ancora più chiaramente: chi sei tu per spostare il polo di ciò che è giusto o sbagliato dopo anni in cui la lotta per i diritti di tutti ha fatto i conti con la sofferenza e la privazione di miliardi di esseri umani?

 

Rosario Gullotto

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