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Il primo problema delle persone bisessuali è l’invisibilità. Partendo da questo ragionamento, l’anno scorso abbiamo avuto per la prima volta in Italia un corteo per il Bi Visibility Day (Padova, 23 settembre 2017). In seguito parecchie associazioni LGBT hanno lanciato campagne contro la bifobia. Significa che pian piano nella comunità si sta iniziando a parlare dell’argomento meno sottovoce ed anche in senso positivo. Probabilmente è stata una buona annata. Al contempo, però, si sentono ancora frasi come “è una fase”, “non vuoi ammettere che sei omosessuale”, “non fidarti dei bisex”… e non da parte dei No-Gender o dell’omofobo medio, ma da persone che fanno parte della stessa comunità LGBTQIA+. Come mai, se da un lato si fanno campagne, anche ad hoc, contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, dall’altro lato la bifobia è così dura a morire?

Il pre-giudizio è un giudizio formulato prima di conoscere la persona su cui lo si va a formulare. Nel caso della bisessualità esso si basa su rigidità di pensiero legate al binarismo, in particolare il binarismo delle attrazioni; ‘uomini e donne’, essenzialmente percepite come due entità opposte, non possono mischiarsi; in questo caso non possono venire entrambe desiderate. Qualora invece si ammetta l’esistenza di questo desiderio, esso viene visto come ‘duplice’: le ‘due entità’ desiderate vengono immaginate come entrambe necessarie, perché ‘uomini e donne’ sono entità così profondamente diverse che “si sentirà sempre la mancanza di una delle due”; una persona bisessuale non può essere monogama (secondo questa visione). Altre motivazioni si basano su personali esperienze negative del passato (“un bisessuale mi ha mentito” diventa “non bisogna fidarsi dei bisessuali”), ed esistono anche motivazioni politiche come l’assunto (smentito dai fatti) che le persone bisessuali non facciano attivismo perché “possono sposarsi con una persona dell’altro sesso”: eppure, non passiamo metà del nostro tempo a dire agli omofobi che “non si può scegliere chi amare”?
La contrapposizione tra etero e omosessuali, spesso esperita dai membri della nostra comunità, più precisamente dovrebbe venire pensata come contrapposizione tra persone eteronormative e persone che non rientrano nella norma eterosessuale/cisgender; ma questa seconda visione non è propria di chi identifica omosessualità ed eterosessualità come due opposti e, quindi, la bisessualità come una posizione intermedia che “non è né carne né pesce”.

Uno dei meccanismi che potenzialmente rafforzano il pregiudizio sono i media: li utilizziamo per informarci, per ammazzare il tempo, vi siamo costantemente espost*: se essi passano un’idea in modo abbastanza uniforme, è probabile che ne siamo influenzat*. Il cinema destinato a fruitori eterosessuali (o meglio: etero-normato) fino agli anni ’90 tendeva a ritrarre gay e lesbiche come personaggi negativi o stereotipici: macchiette colorate e malvagie dark lady; non valeva solo per i filmetti mediocri: ad esempio Roma città aperta utilizza questo immaginario. Col tempo, le comunità gay e lesbica hanno prodotto il proprio cinema, i propri telefilm, le proprie risorse web: una risposta positiva e propositiva che desse la possibilità di una visione realistica. Ebbene, avete fatto caso a come vengono ritratti i personaggi bisessuali nel materiale a tematica? Se la protagonista lesbica fa sesso con un uomo, è diventata etero; se invece una donna eterosessuale si innamora di un’altra donna, ha scoperto di essere lesbica. Nessuno prende in considerazione e nemmeno nomina la possibilità della bisessualità. Anche sul versante maschile, un uomo che va a letto con un altro uomo si scopre gay; se torna con la moglie c’è stata una conversione etero; il protagonista, nella sua indecisione, fa soffrire un po’ tutti.

Rappresentazioni negative oppure tendenti a escludere dal piano di realtà l’orientamento bisessuale si ripetono, con poche variazioni, e non sono bilanciate da altrettante rappresentazioni positive o neutre. Eppure nella vita di tutti i giorni incontriamo parecchie persone bisessuali: buone, cattive, o indifferenti, coraggiose o bugiarde, e via dicendo. Questa varietà esiste (fuori dagli schermi) perché l’orientamento sessuale non determina tutte le altre caratteristiche della personalità: come membri della comunità LGBTQIA+ lo affermiamo con forza quando combattiamo l’omofobia da un lato, e dall’altro lato il pink washing: combattiamo gli stereotipi, i tentativi di determinare a priori quale sarà il comportamento di una persona in quanto gay o in quanto lesbica, e i tentativi di usare le nostre identità (o le nostre pratiche) per vendere prodotti spolverandoli di glitter (o di “etica”). Ci è più difficile estendere queste affermazioni alla bisessualità perché (o meglio: anche perché) essa subisce, nei media della comunità o che essa fruisce, lo stesso fenomeno di ablazione e stereotipizzazione che subisce o subiva l’omosessualità nei media mainstream etero-normati del passato. È talmente sottile e permeante questo fenomeno, che il primo passo sarebbe proprio farci caso.

Quanti personaggi bisessuali avete visto sullo schermo? Come sono rappresentati? La parola ‘bisessualità’ viene nominata? In effetti, recentemente compaiono personaggi bisessuali in note serie TV, ma laddove la parola ‘gay’ o ‘lesbica’ viene tranquillamente nominata, ‘bisessuale’ è rarissima, come se fosse una parola-tabù: vediamo personaggi avere relazioni con uomini e donne, ma spesso il loro entourage continua a percepirli come gay o etero, e non c’è alcuna esplicita affermazione del proprio orientamento o identità sessuale. Il pubblico, di conseguenza, ha la stessa percezione ed inizia a discutere del “perché il personaggio è passato al ca**o” (riporto questa frase anche come indice di un altro problema, ovvero la rigidità cis, che vede il genere come organi genitali; è qui che il ‘binarismo dei desideri’ incontra ‘il binarismo dei corpi’).

Da un punto di vista d’immagine, una persona omosessuale afferma la propria identità già mostrandosi apertamente in relazione con una persona del proprio stesso genere o sesso. Una persona bisessuale non può farlo: a meno che non stia con un uomo ed una donna contemporaneamente, per esempio; ma allora ritorneremmo al cliché dell’infedeltà, oppure alla condanna sociale di una relazione non-monogama o poliamorosa. Ecco perché nominare la bisessualità non è privo d’importanza. In effetti, una piccola serie sul poliamore (You Me Her) è una delle poche produzioni dove compare la parola ‘bisessuale’; un altro esempio è la serie inglese Banana (vedi: Cucumber); non ho ricevuto altre segnalazioni. L’invisibilizzazione bisessuale sembra continuare.

Possiamo anche osservare come si pongono le riviste e i blog fruiti dalla comunità. Ho visto comparire diversi articoli sulla bifobia (oltre ad alcuni contenenti le ultime – spero – ‘sparate’ bifobiche). È una buona cosa, ma è in contraddizione col fatto che, al di fuori di questi momenti, permanga un linguaggio dicotomico (esempio: “ti piace una persona del tuo stesso genere/sesso: sei omosessuale”), oppure semplicemente l’uso costante di ‘etero e omosessuali’. Qual è l’effetto di pubblicare ogni tanto del materiale contro la discriminazione bifobica, se per il resto del tempo si fa bicancellazione? Forse chi legge continuerà inconsciamente a dividere il mondo in etero ed omosessuali, vedendo la bisessualità come una leggenda, o uno di quei casi particolari che vengono nominati ma non s’incontrano mai per davvero? Che si tratti di dimenticanze involontarie oppure di pink washing, l’effetto è lo stesso; sarebbe più efficace ricordarsi di nominare la B ogni volta che il contesto lo suggerisce (esempio: “ti piace una persona del tuo stesso genere/sesso: forse sei omosessuale, bisessuale, o altro”).

Ecco perché ci farebbe piacere invitarvi, oltre che a riflettere sulla questione bisessualità e bifobia, a iniziare a far caso alla rappresentazione e affermazione esplicita della bisessualità nei media, alla bifobia così come alle rappresentazioni positive o neutre. Se il primo problema delle persone bisessuali è l’invisibilità, vedere è potere.

 

Elena Lucietto
Antéros LGBTI Padova, Bi Visibility Day Padova

2 Comments

  • Claudia ha detto:

    Anche in Dr. House si parla apertamente di bisessualità, con il personaggio interpretato da Olivia Wilde, Tredici.

  • Michele ha detto:

    Grazie per questo lavoro!

    Devo far notare che la serie Sense8 ritrae almeno un personaggio che “si innamora delle persone, non dei genitali” (cito a memoria), oltre a rappresentare magistralmente varie scene di rapporti “sessuali” in senso lato – da baci appassionati al sesso corale piú che di gruppo, con tutto quello che c’é in mezzo – totalmente liberi dagli schemi binari o definiti. Con ció, la parola “bisessuale” (o pansessuale) non compare, ma d’altra parte mi pare che compaiano pochissimo anche le altre etichette e sempre in contesti pubblici – un pride, per esempio. Una serie estremamente istruttiva – oltre che stupenda – da questo punto di vista.

    Personalmente, mi é tuttora difficile venire a patti con le etichette per una forza mutevole ed imprevedibile come la sessualitá, se non appunto per “visibilizzare” questa condizione di mutevolezza in una societá prettamente binaria. E’ questo il senso?

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