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Per curiosità – ma più per provare una mia teoria – ho cercato su internet ‘Maniaci del controllo’ per vedere cosa sarebbe uscito. I primi link che mi sono stati proposti recitavano ‘Come relazionarsi con un maniaco del controllo’, ‘Come affrontare un maniaco del controllo’, seguito da un inquietante ‘Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità’ e un paio di quei test che molto spesso troviamo tramite piattaforme come Facebook che recitava ‘Sei un maniaco del controllo? Fai il test e lo scoprirai!’.
Grazie, come se già non lo sapessi da solo.
Nemmeno provando ad aggiungere la parola ‘testimonianze’ tra le chiavi di ricerca ho ottenuto risultati migliori.

Generalmente quando qualcuno sente pronunciare queste tre parole tende a pensare ai casi più estremi che si possono verificare, dal vero e proprio Disturbo Ossessivo Compulsivo (D.O.C.) o a quella terribile figura, che ormai è diventata una macchietta nei nostri telegiornali, come una maschera teatrale, dell’uomo – maschio – ossessivo e abusivo.
State tranquilli, non c’è bisogno di andare così lontano.

Come si è visto, generalmente su internet, ti vengono proposte tecniche su come interagire con chi ha queste problematiche, ma su cosa significhi conviverci, non ho trovato poi molto.
Nei panni di un maniaco del controllo, non ci si mette mai nessuno.
A conti fatti, avevo ragione io nel sospettare che non avrei trovato poi molto.
Quindi ho deciso di rompere lo stigma io stesso.

Mi chiamo Nicholas, ho vent’anni, e sono un maniaco del controllo.
Probabilmente è una cosa che covava nella mia psiche da molto tempo, con un nome che forse ci è più familiare: l’ansia.
Il maniaco del controllo vive nella costante ansia, nella costante insicurezza. Tutti noi abbiamo sperimentato situazioni che ci hanno creato ansia o disagio, e il maniaco del controllo è quella persona che compie il passo successivo, cercando di eliminare la variabile ansia dalla sua vita, in una sorta di epurazione.
Eliminare l’ansia significa eliminare tutte quelle situazioni che ci creano ansia, e per farlo, bisogna imparare a prevedere quelle situazioni.

Ed è così che ci si ritrova a sapere a memoria tutte le coincidenze e le fermate dei mezzi pubblici della propria città, metti che rimani a piedi e devi prendere un autobus.
Ci si ritrova ad avere i propri spazi vitali perfettamente puliti e ordinati, perché l’idea di perdere qualcosa è inconcepibile, o a fare le cose sempre in un determinato ordine perché una variabile della routine è l’equivalente dell’apocalisse. Può capitare di doversi svegliare un’ora e mezzo prima al mattino perché si ha paura di non fare in tempo tutto quello che di solito fai prima di uscire, salvo poi aspettare seduti all’ingresso già pronti ripetendo mentalmente “Le finestre? Chiuse. La caldaia? Accesa. Ho gli appunti da ridare alla mia compagna di corso? Sì, li ho controllati quattro volte. Sono sicuro di aver chiuso la finestra?”.
Significa dover prendere il comando del proprio gruppo di amici, e iniziare ad essere tu a organizzare le uscite, perché non ti fidi delle loro capacità organizzative e non vuoi lasciare nulla al caso. E, dato che hai una reputazione da mantenere, come minimo devi organizzare le serate o le feste più belle di sempre. Non ci sono vie di mezzo.

Il maniaco del controllo vive nella costante situazione di dover mostrare agli altri che, psicologicamente parlando, lui o lei ce l’ha più grosso, perché ha tutto sotto controllo e nulla sfugge alla sua presa ferrea sul mondo.
Ma questa non è una storia a lieto fine perché questo mondo non si fa controllare, per quanto uno possa provarci, e la sensazione di soddisfazione che avere tutto sotto controllo ti crea si trasforma in una dipendenza. Più controlli, più vuoi controllare, e l’idea di perdere la presa ti terrorizza.

Una parte dei maniaci del controllo sono spesso consapevoli di questo meccanismo, ma invertirlo può essere così drastico o doloroso che si preferisce andare avanti per la strada che si ha già imboccato.
Ma prima o poi, per alcuni di noi, arriva l’Evento, con la E maiuscola.
Quel singolo evento che, nel bene e nel male, non potrai mai controllare.
Nel mio caso, è stato il mio coming out come ragazzo transgender, o, come direbbe la storica Monica Romano, come ragazzo XX.

Dopo diciotto anni in cui mi ero autoeducato ad essere un esemplare di prole perfetta, realizzare che c’era qualcosa in me di disforico, mi mandò completamente nel pallone. Ammettere di essere Trans equivaleva ad ammettere che ci fosse qualcosa che non potevo controllare, qualcosa che nemmeno la società riesce ad inquadrare.
Non è mai stata una questione di ‘essere trans è giusto o sbagliato?’ ma solo di ‘sono in grado di lasciarmi andare al punto da cambiare la percezione che ho di me stesso?’.
Può sembrare una cosa semplice, ma non lo è.
Avere identità di genere non conforme per me non è mai stato qualcosa di negativo o sbagliato, ma è il cambiamento quello che spaventa. Il dover cambiare l’immagine che si ha di sé stessi, spaventa. È così facile adagiarsi sugli allori di un costrutto sociale prefabbricato, che sia il cisgenderismo – ovvero avere identità di genere conforme con il genere con il quale si è stati assegnati alla nascita – o che sia la convinzione che qualsiasi cosa facciamo, dobbiamo essere perfetti, dobbiamo avere il controllo.

La società in cui viviamo è ossessionata dall’idea della perfezione al punto tale che, volenti o nolenti, assorbiamo quell’ideale e ne facciamo la nostra ragione di vita, prima ancora di qualsiasi altra cosa.
Sbagliare, anche se fa male, è però la cosa più giusta da fare.
Mi ci è voluto un po’ per impararlo, e anche per imparare a riconoscere quei meccanismi, o trigger, che innescavano la mia mania di controllo.
Non sono scomparsi, perché sono cose che fanno e faranno sempre parte di me, ma le mie tendenze al controllo vanno meglio, non mi causano più tutta questa sofferenza.
Quello che mi dispiace è però vedere come in questo nuovo millennio, lo stigma sulle problematiche mentali sia ancora talmente forte e radicato, che si cerca sempre di pensare a come ‘relazionarsi con maniaci del controllo’, piuttosto che aiutarli a gestire queste tendenze, piuttosto che assecondarle, o farli sentire un po’ meno soli.

 

Nicholas Vitiello

 

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2 Comments

  • Mirianakuntz ha detto:

    E’ davvero una delle prime cose che trovo digitando ”mania del controllo”. Solo pseudo guide su come comportarsi e nient altro. E’ rassicurante sapere di non essere ”soli”, di non essere sbagliati, ed è interessante conoscere il punto di vista di chi è dentro questa cosa e nolente o volente ci convive. Mi piacerebbe saperne di più. Ti ringrazio per la ”testimonianza” un abbraccio, e vivi come vuoi. sempre.

  • Raffaele Yona Ladu ha detto:

    Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è una delle più comuni comorbidità della Sindrome di Asperger, ed è stato già osservato su questo sito come essa spesso si accompagni a disforia di genere. Un approfondimento diagnostico sarebbe opportuno.

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