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Chi è Daniela di Carlo?

Sono la pastora titolare, cioè eletta attraverso una votazione dall’assemblea locale, della Chiesa valdese di Milano. Sono pastora da 35 anni, ho studiato a Roma presso la Facoltà Valdese di Teologia e a New York allo Union Theological Seminary. Sono femminista, antispecista, ecologista, mi piace affacciarmi alla teologia come a uno strumento che permetta alla Parola di tornare ad essere fuori dalle righe, recuperando lo scandalo della croce e la gioia della grazia.

Sei pastora di una minoranza cristiana, la chiesa valdese. Cosa vuol dire per te essere pastora di una chiesa di minoranza come quella valdese?

Vuol dire abituarsi ad essere una voce fuori dal coro, a vedere le situazioni dal margine. Il margine è un ottimo punto di vista per scorgere le dinamiche di potere e trovare delle vie alternative.

Pastora Daniela Di Carlo

Pastora Daniela Di Carlo

La tua chiesa cristiana valdese come ha reagito al tuo essere femminista, antispecista, ecologista e anche interessata alle questioni di genere? Hai dovuto affrontare delle difficoltà o ti sei sentita inclusa (o entrambe le cose)?

Quando ho iniziato a fare la pastora a metà anni ’80 ho avuto diversi problemi per le mie posizioni, giudicate troppo estreme. Ora invece mi stupisco dell’apertura che incontro quasi su tutto: dal linguaggio inclusivo che uso nelle celebrazioni domenicali, al fatto che sono co-coordinatrice della Commissione nazionale Fede, Genere, Sessualità delle chiese del protestantesimo storico (battiste, metodiste e valdesi), che prepara le veglie di maggio contro omotransfobia. Credo che ci sia ancora poca accoglienza invece sulle questioni legate all’ecologia. Fa più scandalo definirsi antispecista che queer! Disturba di più parlare di allevamenti intensivi che della fluidità di genere.

So che sei promotrice di una pastorale LGBT. In cosa consiste?

Consiste nel ricordare a ogni persona che è fatta ad immagine e somiglianza di Dio. E credo anche che l’atto di amare, unico comandamento che ci è stato lasciato da Cristo, di manifestare amicizia, di far regnare la giustizia è il nostro modo di incarnare Dio nel mondo. Come ci insegna bell hooks. Vivere la propria vita in intimo contatto con lo spirito divino aiuta a vedere la luce dell’amore che è presente in tutti gli esseri viventi come forza vitale e strumento di resurrezione.

bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins, è stata una scrittrice, attivista e femminista statunitense.

bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins, è stata una scrittrice, attivista e femminista statunitense. © Foto di Getty Images

Hai anche scritto dei libri sulla teologia queer, cioè quel ramo di teologia che si occupa delle questioni LGBT. Ma a cosa serve la teologia queer? Non basta l’inclusione delle persone?

Il compito della teologia queer è quello di recuperare la memoria dello scandalo della Parola che è dato dalla vita concreta, dai corpi che parlano e Dio che parla per mezzo di loro. Occorre liberare Dio dal suo essere ostaggio della teologia eterosessuale e creare una teologia a partire dalle relazioni d’amore che sono ai margini. La teologia queer serve anche a ricordarci che Cristo ha scelto chi era al margine, le persone rinnegate, malate, straniere, ecc.

È vero che le minoranze etniche sono l’ostacolo maggiore per l’inclusione nelle chiese italiane delle persone LGBT?

Purtroppo sì. Mi colpisce sempre quando alcune persone africane o asiatiche sostengono che in tutto il loro continente non sia presente alcun interesse verso le questioni di genere. È chiaro che il patriarcato e l’eteronormatività1 governano le scelte umane possibili, ma è anche chiaro che in questo modo si perde il legame con la realtà.

Hai un messaggio da lanciare alla comunità LGBT straniera presente in Italia?

Certamente: l’amore di Dio è un amore accogliente che non divide le sue creature tra quelle nate al di là o al di qua di alcuni muri. L’amore di Dio non parla una lingua più di un’altra. I pensieri di Dio non sono quelli della teologia totalitaria, che è quella teologia che regola la vita delle chiese e che disciplina, con più o meno arroganza, la vita delle credenti e dei credenti: non è la stessa teologia di Dio.

Come i cieli sono alti al di sopra della terra,
così sono le mie vie più alte delle vostre vie,
e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.
(Isaia 55, 9)

Dio è un “simbionte” e ancora di più lo è Gesù. Nella serie televisiva Star Trek: Deep Space Nine, uno dei personaggi fissi è Dax, un “simbionte” del popolo Trill: un essere che ospita una forma di vita, che vive in simbiosi con lei. Ogni unione tra Dax e un ospite crea un nuovo e unico individuo e ogni individuo eredita le memorie e l’esperienza dellə ospiti precedenti. Questo nuovo individuo si lascia trasformare dalla relazione profonda che ha con il suo ospite e dà origine ad un numero infinito di trasformazioni e conversioni.

Gesù è un simbionte per questo. Senza fare caso ai muri culturali e politici, interagisce con la donna cananea che gli chiede di poter mangiare le briciole che cadono dal tavolo2. Impara da Maria, seduta a terra come un discepolo maschio3, che anche le donne hanno il desiderio di avvicinarsi alla figura della rabbina, che impara dal Maestro a donare consapevolezza e testimoniare la fede in Dio. Gesù è un simbionte perché permette alla nostra vita di intrecciarsi con la sua. Così facendo, la sua predicazione, accompagnata dai suoi gesti, diventa qualcosa di provocatorio, rumoroso, forte, vero, queer. Gesù simbionte vive insieme a donne e uomini che vedono le chiese dal margine perché in esse non è prevista la loro presenza. Il margine è però anche un luogo di resistenza da abitare come spazio di massima apertura, il luogo dove immaginare alternative al dominio4.

 

 

Emanuele Crociani
©2022 Il Grande Colibrì

 

  1. L’imposizione più o meno diretta o indiretta dell’eterosessualità come modello di relazione e di identità.
  2. Nel Vangelo, una donna di Canaan, pagana e per di più straniera per gli ebrei, chiede a Gesù di guarire sua figlia posseduta dal demonio. All’inizio Gesù rifiuta, sostenendo che “non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, ossia che lui è venuto per salvare il suo popolo, gli ebrei di Israele, e non gli stranieri. Ma la donna lo convince dicendo che “i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni”. Gesù allora non guarda più alla nazionalità della donna.
  3. A casa delle sorelle Marta e Maria, Gesù si mette a insegnare e mentre la prima è presa dai servizi domestici, la seconda si siede ad ascoltarlo, guadagnandosi i rimproveri della sorella: perché una donna dovrebbe stare ad ascoltare insegnamenti religiosi da uomini invece di lavorare in casa?
  4. Da notare che nella serie Star Trek: Deep Space Nine, Dominio è una superpotenza militare interstellare che tiene soggiogate centinaia di specie di alieni.

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