Skip to main content

Di quel pomeriggio ricordo certi dettagli, alcune frasi (forse un po’ rielaborate) e, senza dubbio, le emozioni. Non sono in grado di ricostruirlo con esattezza per come si è svolto, anche se non è passato troppo tempo, cinque anni e qualche mese. Penso sia piuttosto strano perché proprio quel pomeriggio il mio migliore amico mi ha detto di essere gay. Ed ero la prima persona alla quale lo confidava. Un momento molto importante. Credevo non mi sarei mai dimenticata nulla ma, in fondo, le cose fondamentali le conservo nella memoria.
È il pomeriggio di un giugno già caldo e afoso. Sono in piena sessione d’esami e mi telefona (o forse era un sms?) il mio migliore amico Francesco pregandomi di vederci perché deve parlarmi. Nonostante lo studio mi abbia sempre resa intrattabile, penso di non poterlo bidonare: dal tono pare una cosa importante. Ci incamminiamo verso il parco vicino a casa mia, ci sediamo sull’erba e faccio qualche foto senza pretese alle sue All Star rosse, agli alberi, racconto cose inutili sulla mia settimana romanzandole anche un po’: non voglio che si senta a disagio, con me che lo fisso in attesa che parli.
È abbastanza agitato, continua ad attorcigliarsi le stringhe delle scarpe intorno alle dita. Da come temporeggia e dalla lunghissima introduzione capisco tutto e decido: glielo chiedo io.
“Stai cercando di dirmi che sei gay?” .“sì”. “bene, ci voleva così tanto a sputare il rospo?” devo avere anche aggiunto una frase molto infelice del tipo “che bello, d’ora in poi potremo fare commenti sui ragazzi e mi accompagnerai a fare shopping!”.. tra l’altro io ho sempre odiato fare shopping, non so nemmeno da dove l’ho pescata una cosa del genere. Forse, momentaneamente, ero caduta vittima degli stereotipi.
In realtà non ho subito nessuno shock, non si sono aperti crateri nel terreno né si sono manifestate altre sciagure. Ci siamo presi un gelato fiordilatte al chiosco e ci siamo seduti su una panchina al sole.
Non voglio scrivere ovvietà ma non vedo un prima e dopo nel nostro rapporto.
Se conosci qualcuno da dieci anni e se lo definisci Amico, significa che hai scelto e accettato di condividere con questa persona il tuo tempo, il bene più prezioso che hai. Hai sicuramente imparato a conoscere i suoi pregi, i suoi difetti e a voler bene a tutto l’insieme, senza giudicare. Un amico è davvero un tesoro. Sarebbe assurdo che due parole, “sono gay”, potessero cambiare qualcosa in un’amicizia costruita in così tanto tempo.
Forse per noi è stato da subito più semplice, forse il fatto che siamo ragazza e ragazzo non ha creato le tensioni che potrebbero crearsi invece fra due maschi. Non lo so. Credo che, comunque si giri il discorso, tutto stia nell’intelligenza delle persone con le quali hai a che fare.
Il mio Francesco è sempre il mio Francesco. Fino a cinque anni fa era patologicamente timido, sempre a disagio, come una felpa troppo corta; era “incompleto”, un grande potenziale non espresso. Ammetto di essere stata egoista, di non aver sempre compreso che forse stava cercando un appoggio, un’amica che lo ascoltasse di più. Al liceo ero ancora impegnata a odiare il mondo.
Quando ha risposto “sì” alla mia domanda e ha iniziato a raccontarmi com’era stato male per tutto il tempo in cui non si rendeva conto e non capiva cosa ci fosse in lui, la difficoltà della consapevolezza, l’iniziale rifiuto, la vita che ti cambia sotto il naso, i nuovi scogli da superare a partire da “come faccio a dirlo ai miei?”, ho percepito il peso del suo dolore, della sua solitudine.
Per un momento mi sono lasciata soffocare dall’angoscia e dal malessere che lo avevano condizionato in quegli anni e, nell’ordine, mi sono sentita un’amica di merda per non aver capito, indegna di lui ma fortunata e felice che avesse parlato con me per prima, nonostante tutte le mie mancanze.
Ricordo anche di avergli chiesto “da quando lo sai?” e lui, sorridendo, “da sempre”. Ecco, per me la serenità di quel sorriso significa tutto, mi sembra ancora di vederlo e, ricordandolo, non posso fare a meno di sorridere anch’io. Quel sorriso era una rinascita e una vittoria. Del resto, cosa avrei potuto augurare di meglio a uno degli amici a cui tengo di più, se non di stare bene con se stesso? Tutti noi dovremmo avere, allo stesso modo, la possibilità di essere sinceramente come siamo, non siete d’accordo? Solo così possiamo esprimere le nostre capacità, cercare di trovare spazio per ciò che ci rende felici e ci appassiona, dare un senso alle cose, realizzarci, Vivere.

Paola

One Comment

  • Marty ha detto:

    Ahaha, è la stessa cosa capitata a me.. E’ andata più o meno uguale e pure io me ne sono uscita con una frase del genere.. 😀
    Specie perché
    a) lo sapevo da sempre
    b) l’informazione per me equivaleva a “sai che fuori c’è il sole?”
    🙂