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E quando non c’erano i telefonini? E quando i ragazzi di colore non portavano a casa la roba da mangiare con la bicicletta?

Fai uno sforzo in più, se sei gay e hai più di 10 anni. Ricorderai quando dovevi farti andar bene quel che c’era, in quanto a uomini. Capita anche oggi se vai in un parco e non ti fermi nel tuo cervello e all’ordinazione online di un tuo simile o compatibile. Come dice il film, nessuno è perfetto, e tante volte un difetto magari non lo noti neanche più e si trasforma col tempo in un pregio. Inventiamo da sempre “cose”, noi umani.

Ad esempio il denaro, la religione, le nazioni con i loro confini, la giustizia. Tutte cose utili e “comodissime” quanto pericolose se le li usiamo male. E metterle insieme rende il puzzle ancora più complesso. Ad esempio quella bellissima invenzione che chiamiamo internet (la Rete) si è trasformata nel giro di poco tempo da possibilità di comunicazione e trasmissione in uno strumento di controllo.

Chi non se ne rende conto è il centro del problema, quella maggioranza inutile, prima occupata con la TV, oggi determinata a bofonchiare su tutto in qualsiasi momento. Siamo tutti parte vincente o perdente in questo gioco planetario… mentre la Rete si occupa di “misurare”, e modificare la vita e cercare di definire nuovi parametri “comodi” per “migliorare” quel che facciamo. Il successo di una persona oggi è misurato dalle statistiche, i “like”, i dati elaborati, i numeri.

Da un lato è un vantaggio ma la ragioneria e contabilità dei comportamenti rischia di diventare valorizzazione della mediocrità e – se non abbiamo fatto bene i conti con noi stessi – anche qualcosa di peggio.

Applicando la regola della misurazione alla personalità, all’amore e alla possibilità di incontro (le famose app) senza aver affrontato molti nodi su sesso-genere-gusti-senso della vita, ci arriva anche tanta polvere negli occhi: pregiudizi, luoghi comuni, problemi irrisolti. In un grande gioco degli specchi rimbalza una quantità enorme di frammenti che difficilmente arriveranno “in ordine”.

Ci si incontrava anche prima delle app

Già era difficile prima, adesso si mette di mezzo anche l’algoritmo: per identità, amori e comportamenti da sempre perseguitati si complicano sempre più, ogni giorno che passa, la possibilità di incontro e il difficile percorso di costruzione dell’identità. Con il FUORI! e quando abbiamo lasciato il FUORI! a favore di una molteplicità di posizioni noi “gay” (tra i primi e più visibili nella rivolta perché rifiutavamo le regole della virilità tradizionale) eravamo gli extraparlamentari dell’amore.

Adesso che ruolo abbiamo? Ordiniamo l’amore dal catalogo? Nelle app e nei profili che ci costringono a costruire profili e teatralizzare …ci presentiamo decisi? Esibiamo feticci e difetti, prepotenze e discriminazioni come fossero medaglie?

Ma torniamo alle possibilità di vita e di trovare compagnia (dovrebbe essere un obiettivo umano basico). Nessuno è perfetto, e in ogni coppia – di qualsiasi tipo – non lo è nessuno dei 2 contraenti. Ma si può e si deve cercare un compromesso, un armistizio in quel paziente patteggiamento quotidiano che si chiama amore. Sarebbe meglio farlo prima dei 60 anni e di aver gettato via un’esistenza cacciando le farfalle o raccogliendo i funghi.

Scopo del gioco o gioco a scopare?

Noi “gay” in particolare abbiamo fatto “gamification” – come oggi fa internet – per primi: è magari anche una sfida della evoluzione, un possibile esperimento di uso della ragione separato dalla procreazione.

Nessuno è perfetto, anzi. Chiunque ha avuto fortuna, forza e pazienza di metter su una relazione può confermare che la coabitazione dei difetti, il rispetto delle incompatibilità e il perdono delle “mancanze” altrui – fino a quando è possibile – sono garanzia e condizione perché il rapporto continui. Certo possiamo cambiare ogni giorno… è comodo e divertente. Ma arriviamo da qualche parte con il radiotaxi dell’amore (come un tempo con sauna o darkroom)?

Certo, è più facile dire “avanti il prossimo”. Come tutti gli umani noi rimandiamo, rimandiamo: abbiamo già cani, tatuaggi, bambini, unghie a dimostrare quanto siamo capaci di riempire il campo della proiezione affettuosa. Poi è arrivato il covid-19 e, se qualcosa poteva peggiorare, è peggiorato.

Con l’isolamento dell’emergenza sanitaria mondiale il senso del vuoto è diventato un solido e i fantasmi si sono trasformati in amici ingombranti. Il cinema porno (proprio grazie a internet) è stato una meritoria consolazione ma anche il rischio di diventare una falsa unità di misura.

Tutti in cerca di taglie XXL

Al risveglio dal confinamento molti gay ricominciano la ricerca e giustamente vogliono il partner, e io stesso frequento le app prima di tutto per curiosità per “vedere come stiamo”. Nelle applicazioni viene richiesto quanto sembra spetti “di diritto”: devi essere maschile, attivo, ricco, superdotato, protettivo. Se sei “daddy” devi essere generoso ma pronto a lasciar fare scappatelle poliamorose. Capitano anche avventure oniriche (incubi?): in una notte di insonnia per indigestione può addirittura contattarti un barbuto muscoloso e peloso, che manda foto vestito in biancheria intima femminile. E cancellerà il profilo (!!!) appena scopre che non sei superdotato o forse perché non hai subito chiamato il taxi per andare a sfondarlo.

Non mancano i soliti classici: profili decapitati o semplicemente con profili neri, altri che ti inviano la foto dell’ano spalancato prima di averti detto ciao, altri che spiegano cosa hanno voglia di fare con il maiale, la pesca e la melanzana.

Sorprende che la maggioranza assoluta è di “passivi” e i pochi “attivi” sono spesso strafottenti (misoginia e disprezzo della donna?).

Tanto uccello, ma anche un po’ di cervello…

A parte il fatto che l’interscambio di ruoli (e la differenza di età) era un nostro privilegio (ho sempre pensato) ma senz’altro i conti non tornano.

Serve tanto uccello, ma quanto cervello vogliamo metterci? Probabilmente dovremmo anche ragionare se la definizione di noi in quanto – sessuali non sia limitativa: rischiamo si pensi che badiamo solo a quello …e non è vero. Lo scambio genitale non è – spero – l’unica cosa che facciamo nella vita.

Da “silver daddy”, da fratello maggiore, da zio o cugino darei un consiglio e proporrei una sfida per i prossimi mesi, se riparte la stagione degli amori: incontrare e scopare un uomo per un difetto. Scegliere con calma il difetto e il tipo però poi provare. E magari funziona. Ma non siamo più fuorilegge, rifiuti della società, vergogna della famiglia. Non si capisce perché Cazzo Natale dovrebbe capitare proprio a noi.

 

 

Paolo Rumi

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