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Alla stragrande maggioranza dei lettori, il nome di Salvatore Callerami farà accendere nella testa una lampada gigante.

A chi ancora non lo conoscesse, consiglio caldamente di dare un’occhiata alle sue pagine ufficiali di Facebook e Instagram, perché questo talentuoso disegnatore e fumettista catanese ha davvero molto di cui parlare.

E molto da raccontare hanno anche i coloratissimi personaggi che affollano le sue opere, tutti molto simpatici e divertenti, ma soprattutto pronti ad abbattere più di qualche pregiudizio e stereotipo.

 

Salvatore, il tuo stile e la tua arte mi incuriosiscono moltissimo e non vedo l’ora di poterne discutere un po’ con te!

Prima di affrontare più diffusamente la questione, e prima di conoscere meglio i protagonisti dei tuoi lavori, mi piacerebbe però sapere qualcosa in più su di te, sulla tua storia e sulle tue passioni!

Ciao Colibrì!

Prima di iniziare devo dire che non sono mai stato bravo a raccontare di me.

Ho sempre preferito che ne parlassero gli altri, i miei amici, i miei familiari, poiché mi ha sempre incuriosito vedermi attraverso il loro punto di vista.

Comunque sia, ci provo!

Mi chiamo Salvatore, Salvo per abbreviare.

Per gli amici invece sono Disni, un nome che mi è stato affibbiato per il mio stile di disegno. Sono nato a Catania quasi alla fine degli anni ’80 e ci sono rimasto fino all’età di 25 anni, quando ho deciso di trasferirmi a Bologna.

Della mia infanzia non conservo purtroppo dei ricordi molto belli.

Non avevo molti amici, questo perché preferivo disegnare piuttosto che giocare a pallone con i ragazzi del quartiere.

Disegnavo tantissimo, traendo ispirazione dai cartoni animati e dagli anime di quel tempo, Sailor Moon in particolare.

Ho anche iniziato a leggere molto presto, e di questo devo in parte ringraziare mia nonna, che ogni mercoledì mi regalava il settimanale Topolino.

Non ho molto altro da raccontare, ma dato che il fumetto ha finora occupato gran parte della mia vita, probabilmente riuscirò a tirare fuori qualche divertente aneddoto nelle prossime domande, eheh!

 

Ne sono sicurissim@! Anzi, credo che lo farai già adesso, visto che la prossima domanda riguarda proprio i tuoi lavori!

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere di dedicarti al disegno e in particolar modo al mondo dei fumetti?

E quale o quali messaggi vorresti trasmettere al tuo pubblico di lettori?

Come accennavo poco fa, sin da piccolo ho sempre molto disegnato.

Certo non si trattava di veri e propri fumetti, ma sapevo già che prima o poi avrei trasformato questa mia passione in un mestiere.

La svolta, diciamo così, arrivò da adolescente, quando mi iscrissi al Liceo Artistico di Catania e conobbi Alessandra Patané, l’autrice di Greedy Flower e ControlZ.

Mi fece vedere i suoi fumetti disegnati a penna e da lì capii che anch’io potevo farcela.

Da allora mi sono sempre impegnato per crescere e migliorarmi: ho studiato libri di anatomia artistica, di prospettiva, di regia, di sceneggiatura, ho seguito i tutorial sui forum di Internet e i video su Youtube.

Ho fatto tutto questo sempre da solo e da autodidatta, poi ho conosciuto i “Cuori d’Inchiostro”, un piccolo gruppo di ragazzi iscritti all’Accademia di Belle Arti, l’unica realtà catanese dove, in quegli anni, si affrontasse il tema “fumetto”.

Come me, anche i miei compagni di avventura erano appassionati di disegno e sognavano un giorno di diventare fumettisti di professione.

Grazie a loro sono cresciuto molto: si disegnava insieme, ci si scambiavano idee e opinioni, insomma si imparava tanto.

Con il tempo la nostra è diventata una vera e propria associazione culturale e abbiamo persino pubblicato delle riviste antologiche di fumetti.

Purtroppo, per svariate questioni logistiche, il nostro gruppo si è infine dovuto sciogliere ma nonostante questo io non ho mai mollato.

Il mio sogno era quello di pubblicare un mio fumetto e alla fine ce l’ho fatta e grazie alla casa editrice Shockdom ho potuto dare alle stampe la mia prima opera, Dandelion.

Tornando alla tua domanda, le motivazioni che mi hanno spinto a dedicarmi al fumetto sono molte e varie.

Quello che di sicuro posso dirti è che la costanza e la determinazioni sono ciò di cui mi sono sempre armato per poter continuare a raccontare e a esprimere me stesso al meglio delle mie possibilità.

Non ho un vero e proprio messaggio da trasmettere al pubblico dei miei lettori.

L’unica cosa che vorrei che si capisse è che mi piace e mi piacerà sempre immaginare.

 

In una tua precedente intervista, hai raccontato che la creazione di Lui e l’orso è stata per te un aiuto molto prezioso per esprimere te stesso e che quest’opera rappresenta anche un mezzo per fare attivismo in favore dei diritti della comunità LGBT+.

Anche se ne hai già parlato in precedenza, ti andrebbe di affrontare nuovamente la questione e di discuterne un po’ anche qui?

Sì, è vero.

Lui e l’Orso per me è stato una sorta di coming out.

Pur avendo iniziato con un progetto fantasy come Dandelion, sentivo dentro di me il bisogno di raccontare anche un po’ di me stesso e della mia storia personale.

Inizialmente l’ho fatto con delle semplici illustrazioni, poi sono passato a disegnare delle strip divertenti sui due protagonisti della storia: Diego e Simone, rispettivamente l’orso e il romantico sognatore.

A quei tempi, del mio orientamento sessuale erano a conoscenza soltanto i miei amici più intimi e i lettori che mi conoscevano dalla mia prima pubblicazione.

Quando però le strip di Lui e l’Orso hanno cominciato a diventare virali, ho capito che non potevo più nascondere la mia omosessualità ai miei genitori, soprattutto a mia madre, che fu anche la prima a venirlo a sapere.

Per me è stata una liberazione e una presa di coscienza: ho capito che non sarò mai solo, qualunque cosa possa accadere, perché ci sarà sempre qualcuno nel mondo che mi accetterà per ciò che sono.

Questo è anche il messaggio che continuo a veicolare attraverso Lui e l’Orso.

Io ho degli amici e dei genitori fantastici ma purtroppo non tutti hanno la mia stessa fortuna.

Là fuori però ci sarà sempre qualcuno pronto ad accoglierti a braccia aperte, perché la famiglia non è sempre la stessa che ci mette al mondo.

La famiglia la si crea con le persone che si amano, come dimostrano infatti i tanti amici che circondano Diego e Simone.

Tra di loro ci sono Susanna, una ragazza curvy bisessuale.

Melissa, una ragazza transgender attratta dalle donne.

E poi c’è Nonna Adalgina, una signora che nonostante l’età è sessualmente attiva.

Sono loro, insieme a tanti altri comprimari, che colorano il mondo che ho immaginato.

Lo fanno a loro modo, ciascuno in maniera diversa, ma alla fine danno tutti voce a chi ne ha più bisogno.

Nel mio piccolo, mi piace pensare che quello che faccio e il modo in cui mi esprimo sia una forma di attivismo a favore dei diritti delle minoranze.

 

Diego e Simone, i protagonisti di Lui e l’orso, presentano caratteristiche fisiche che si discostano parecchio dagli ideali di perfezione a cui gli eroi dei fumetti spesso ci hanno abituati. Una scelta davvero coraggiosa, che oltre a risultare in forte controtendenza con certi modelli del passato aiuta anche a sorridere e ad accettare con più clemenza i difetti che tutti più o meno abbiamo.

Da dove nasce questa tua scelta stilistica e quanto credi sia importante per un artista proporre dei personaggi capaci di rompere gli schemi del (non così distante) passato?

Diego e Simone sono una coppia come tante, hanno le loro virtù e i loro difetti, non sono perfetti ma in qualche modo rappresentano qualcuno.

Si sono conosciuti quando erano solo due coinquilini.

Caratterialmente e fisicamente sono l’uno l’opposto dell’altro ma, man mano che la storia prosegue, entrambi capiscono di avere molto in comune.

Ora, io non li definirei “normali” perché normali non sono (la parola “normalità” è anche molto relativa ma qui finirei per dilungarmi troppo).

Diciamo che ognuno di noi si può riconoscere in tutto o in parte in uno di loro due, o magari anche in entrambi.

In fin dei conti la loro dinamica di relazione è la stessa che può avere qualunque altra coppia, indipendentemente dall’orientamento e dall’identità di genere di chi la compone.

E a proposito di questo, volevo appunto svelarti che sono stati molti i lettori etero che si sono rivisti in Diego e Simone!

Da parte mia, non posso che esserne felice e soddisfatto perché questo mi dimostra che sono riuscito a far arrivare un po’ ovunque il mio messaggio.

 

E’ una rivelazione davvero magnifica! Mi fa proprio piacere che tu me l’abbia raccontato! Veniamo però ora a una serie di opere che mi stanno particolarmente a cuore: le Sailor Bears! Da bambin@ andavo pazz@ per Sailor Moon, ma ne ero anche un po’ spaventat@. Vedere le mie eroine di un tempo trasformate in personaggi così splendidi, spiritosi e simpatici mi ha davvero commoss@ e mi ha fatto dimenticare completamente tutti gli incubi che un tempo mi perseguitavano…!

Battute a parte, ti andrebbe per favore di parlarci un po’ delle tue guerriere e delle motivazioni che stanno dietro la loro nascita?

Oooh che bello!

Sappi che io mando sempre una preghierina a Serenity per chi purtroppo non è cresciuto con Sailor Moon!

Come ho già detto in precedenza, questo è sempre stato uno dei miei anime preferiti e la mia Sailor favorita era, ed è ancora adesso, Sailor Mercury.

Lo so che all’apparenza potrebbe sembrare debole, ma in realtà era ed è l’unica in grado di reagire a qualunque situazione di difficoltà, senza contare che riesce sempre a scoprire i punti deboli dei nemici col suo bellissimo computerino!

Tornando alle Sailor Bears, posso dirti che sono nate dalla volontà di unire la mia passione per il mondo delle paladine vestite alla marinara con quello degli Omaccioni che adoro disegnare.

Attraverso di loro volevo dimostrare come si possa essere virili anche indossando una gonnella.

Per me le Sailor Bears sono le paladine del genderbender, coloro che combattono l’omofobia a suon di cazzotti, fasci di luce e cerchi di fuoco saettanti.

In loro convivono felicemente mascolinità, sensibilità e senso di giustizia ed è questo mix vincente che alla fine le fa trionfare!

 

Sono perfettamente d’accordo! Vederle all’opera è sempre una soddisfazione grande! L’ultima domanda che ti pongo è, se possibile, ancora più personale della precedente e si collega con la mia grande passione per il disegno e il fumetto.

Pur non ritenendomi e pur non essendo affatto un artista, coltivo da sempre il desiderio di poter esprimere me stess@ attraverso le parole e le immagini. Ho un cassetto davvero pieno di tavole scritte e illustrate da me, ma non trovo il coraggio di mostrarle a qualcun* o di lavorarci in una prospettiva che non sia solo puramente “amatoriale”.

Avresti per caso qualche consiglio da darmi per superare lo scoglio della paura e cominciare ad avviare finalmente un progetto a cui tengo tanto?

Che domanda difficile!

Provo a risponderti ugualmente, anche perché mi dispiace sapere che tieni i tuoi sogni ancora chiusi nel cassetto.

Anzitutto, ammetto che inizialmente anch’io avevo un po’ paura di buttarmi a capofitto in questo mondo, perché dal “disegnare storie per una rivista antologica” al “pubblicare per una casa editrice vera e propria” il passo non è così breve come può sembrare.

Però sai cosa ho fatto, alla fine?

Mi sono armato di coraggio, ho scritto una storia breve e l’ho pubblicata su Facebook, senza stare a pensare ai feedback che mi sarebbero arrivati.

E sai di che storia si trattava?

Proprio di Dandelion, il mio primo fumetto edito da una casa editrice.

Con questo esempio voglio farti capire che trovare il coraggio di mostrare le proprie opere è un po’ come fare coming out: se non dici niente, continuerai solo a remarti contro per paura di deludere qualcuno, quando invece la cosa più importante è prima di tutto accettare noi stessi.

Quindi sai cosa ti dico?

Buttati! Pubblica le tue storie!

Magari a qualcuno non piaceranno, ma a qualcun altro invece farà piacere poter leggere i tuoi racconti.

Perché togliere questa possibilità a chi vuole scoprire il tuo mondo?

 

 

Nicole Zaramella

 

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