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Sabato 17 gennaio, a Milano, si terrà il convegno Difendere la famiglia per difendere la comunità. L’appuntamento, a cui parteciperà anche il presidente in carica della Regione Lombardia Roberto Maroni, è diventato terreno di scontro politico: la locandina riporta il logo di Expo 2015 e in parecchi hanno trovato quanto meno bizzarro che si scomodasse l’Expo per un tema che con la fiera non ha nulla a che fare. Non solo, tra gli organizzatori del convegno c’è anche Obiettivo Chaire, associazione che promuove le teorie riparative, ossia la possibilità di guarire dall’omosessualità.

Esattamente quattro mesi dopo il convegno, il 17 maggio, a Milano ed in tutto il mondo si terrà la giornata mondiale contro l’omo-transfobia. Come ormai da diversi anni a questa parte, si ricorda e si festeggia il giorno in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha depennato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. L’Oms l’ha dichiarata “una variante naturale del comportamento umano“. Il che significa che se qualcuno viene a dirvi che essere gay è una malattia e che dall’omosessualità si può guarire vi sta raccontando una sonora baggianata.

Però succede. Succederà anche a Milano, il 17 gennaio, nel convegno al Palazzo della Regione Lombardia. Nel caso vi fosse venuta un po’ di curiosità, ecco una piccola guida alle teorie riparative. Per capire cosa sono, come funzionano e perché starne alla larga.

Chi le promuove
L’Alliance for Therapeutic Choice and Scientific Integrity (alleanza per la scelta terapeutica e l’integrità scientifica), in precedenza conosciuta come Narth (National Association for Research & Therapy of Homosexuality, associazione nazionale per la ricerca e la cura dell’omosessualità), è un’associazione dedicata a chi fa esperienza di indesiderate attrazioni omosessuali. A capo dell’associazione, contro cui si sono schierate più volte le comunità di psicologi americane ed internazionali che ne hanno giudicato le terapie inefficaci se non dannose, c’è Joseph Nicolosi, psicologo statunitense.

Cosa sono
“Non devi essere gay“, ammonisce Nicolosi dall’header del suo sito. “Se gay non descrive la tua vera identità noi possiamo aiutarti“. Riducendo, cancellando, comportamenti e desideri omosessuali e parallelamente sviluppando il potenziale eterosessuale insito in ogni individuo. La terapia si rivolge agli omosessuali infelici e sofferenti di questa loro condizione, e non ai gay, qui interpretati come entità militanti e soddisfatte (gay, per l’appunto) della loro condizione.

Come funzionano
Per capire come funzionano le terapie riparative si consiglia la visione di But I’m a Cheerlader (in italiano Gonne al Bivio), esilarante commedia americana con protagonisti un gruppo di adolescenti obbligati a vivere sotto lo stesso tetto per reimparare a fare cose da maschi e da femmine.

Per una rappresentazione più concreta e assai meno leggera c’è Kidnapped for Christ, documentario statunitense dedicato ai campi di rieducazione per adolescenti. Nella sostanza, fra le pratiche per la riparazione annoveriamo: preghiera, psicoterapia, iniziazione alla mascolinità, psicanalisi, terapie cognitivo comportamentali, terapie dell’avversione, talvolta esorcismi. Il messaggio è: si può uscirne, si può cambiare. Serve solo molta pazienza, della sana rassegnazione e la volontà di sfuggire alla potente e mistificatrice lobby gay.

Perché (Davvero, perché?)
Per ripristinare il naturale ordine del creato. Per ricomporre il binomio uomo e donna. Per allontarsi dalla promiscuità, dalla pornografia, dall’hiv. Per potersi sposare, avere figli. Per ripristinare le ferite dell’identità sessuale, per essere di nuovo in armonia con Dio, per ridiventare una creatura unitaria ed armonica, per difendere, come racconta il titolo del convegno di Milano, la famiglia e la comunità.

 

Marta Magni

 

fonte: wired.it

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