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Quando mi è stato proposto di scrivere un articolo sulla non-monogamia etica, mi sono chiesto se sarei stato in grado di spiegare un argomento così vasto e soggettivo. Avrei potuto scegliere dei contenuti simili all’articolo Sette forme di non monogamia che avevo letto sul sito Rifacciamo l’Amore, ma alla fine ho deciso di partire semplicemente da me, usando un linguaggio accessibile a tutti, lasciando a chi voglia la possibilità di approfondire ulteriormente la tematica.

Il mio percorso per prendere consapevolezza dell’essere non-monogamo cominciò, con molte difficoltà, una decina di anni fa. Allora, mai avrei immaginato di poter dare voce a quel senso più ampio di amore che sentivo appartenermi, ma che, intorno a me, vedevo fin troppo spesso concretizzarsi sotto forma di tradimenti quasi sempre taciuti o di relazioni che, inevitabilmente, si frantumavano sotto al peso di un battito di cuore di troppo per una terza persona. Errori che avevo commesso o subìto anche io, eppure erano solo sentimenti, una delle cose più belle e pulite che dovrebbero esserci al mondo.

Mi capitò, ai tempi, di leggere il romanzo Neanche gli dèi di Isaac Asimov, che descriveva una società aliena costituita da due specie, i morbidi e i duri, con la prima scissa in tre sessi; ogni nucleo famigliare era formato, per il perpetuarsi della specie, da un individuo di ciascuno di essi, con ruoli ben definiti, dando luogo ad una triade equilibrata ed inscindibile. Questo concetto mi affascinò tantissimo, poiché sentivo che fosse logico, per me, tanto vivere all’interno di una coppia, quanto in un sistema chiuso costituito da più persone. Successivamente, mi relazionai con una ragazza che sapevo essere interessata anche ad una delle persone a me più care e, istintivamente, parlai con quest’ultima, a sua volta interessata alla ragazza, per dirle che per me non sarebbe stato un problema provare ad edificare una relazione a tre, se tutti fossimo stati d’accordo. Non mi sembrava necessario che fosse condiviso da ognuno sia un aspetto romantico che uno sessuale, la fisicità poteva essere presente anche solo fra me e lei e fra lei e l’altra persona, con cui io avrei mantenuto un rapporto affettivo più platonico. Nulla andò in porto, ma cominciai a capire la diversa concezione che avevo dell’amore, ed i miei bisogni, e a parlarne apertamente con chi divenne successivamente parte del mio cuore, prima di instaurare altre relazioni, per una questione di trasparenza e di onestà, oltre che di accettazione del mio vero Io.

Innanzitutto, mi resi conto che non riuscivo a definirmi come monogamo in senso stretto. Non che fosse un problema vivere all’interno di una relazione di coppia; per me è sempre stata importante la qualità di ciascun rapporto, prima ancora che la quantità di essi, e non mi sento limitato nel portare avanti una sola relazione affettiva per volta, se non è tossica e rispetta i bisogni di entrambi. Quello che mi creava un profondo disagio e senso di costrizione erano la possessività e la gelosia mostrate nelle relazioni monogame fino ad allora vissute, che non reputavo espressioni di un effettivo amore verso di me, ma piuttosto frutto di insicurezze o senso di inadeguatezza personali, o di un eccessivo ed egoistico amor proprio da parte di chi le esercitava, sotto forma di castrazioni e ricatti psicofisico-emotivi che non tenevano conto del malessere che mi generavano. Erano tutti passaggi che io per primo, in precedenza, avevo immaturamente fatto, perché mi era stato insegnato che doveva essere così e non conoscevo alternative. D’altra parte, però, capii di non essere in grado di garantire un’esclusività assoluta, che avrei potuto sì portare avanti dal punto di vista progettuale, promettendo accompagnamento, convivenza, eventuali figli e sessualità ad una sola persona, purché fosse quella giusta per me sotto tutti questi punti di vista, ma non potevo fare lo stesso sentimentalmente, fosse stato anche solo consolidando legami molto profondi per intimità e complicità di scambi verbali ed emotivi con qualcuno di ulteriore rispetto al* compagn*.

Varie volte, in passato, sono stato accusato di avere l’innamoramento facile, o di essere inaffidabile, o un traditore. In origine, ho effettivamente tradito, non tanto dal punto di vista fisico, ma per quei patti teorici su cui la relazione monogama tradizionale si basa, di totale ed assoluta dedizione ad una sola persona, con un coinvolgimento psico-emotivo profondo solo con essa, in uno spettro di sfumature che spazia dal vivere più amori nel corso della propria vita, ma sempre uno solo per volta, più eventuali tradimenti in forma di scappatelle occasionali od amanti nascost* se si manca di lealtà e fedeltà, al sentire di poter amare per sempre una ed una sola persona. Una piccola parte di me conserva ancora questo concetto della persona perfetta per sé, a cui essere per sempre devoti.
Una più grande parte di me, avendola persa già due volte, ha cominciato a ricredersi, complice anche l’averne amate due contemporaneamente, pur mantenendomi fermo sulla profondità dei sentimenti provati e serietà degli impegni presi con terzi nell’edificare relazioni, per mia etica personale, poiché provare amore per più persone non significa affatto viverle con leggerezza o superficialità.

Per anni ho girovagato nel web cercando risposte a ciò che sentivo. Nell’idea del poliamore riscontrai il fondare più relazioni su consapevolezza e consenso da parte di tutte le persone coinvolte, con lealtà e fedeltà ad esse ed all’impegno preso, così come la possibilità di costruire relazioni differenti sulla base dei singoli, senza vincolarli ad una forma unica e precostituita, discostandomi così dalla scala mobile relazionale, quell’insieme di aspettative sociali che incasellano i rapporti fra le persone come seri o non, e a lungo o breve termine, sulla base del susseguirsi di passaggi preconfezionati quali flirting, corteggiamento, consolidazione del rapporto, con conseguente fidanzamento ufficiale, matrimonio, convivenza, figli, ma non trovai corrispondenza con l’idea, a me estranea, che l’amicizia non sia paritaria all’amore affettivo, ma nemmeno ad eventuali relazioni secondarie. Alla fine, approdai per caso in un gruppo di anarchici relazionali e vi ritrovai parti di me, dando così voce a quelle relazioni che, da una decina d’anni, stavo portando avanti e a cui finalmente, di recente, ho assegnato un nome ed uno spazio nuovi e propri, senza doverle necessariamente escludere in toto per seguire le regole socio-culturali convenzionali o contenere entro confini prestabiliti dalla definizione genericamente riconosciuta con il termine amicizia.

L’anarchia relazionale permette di avere libertà di vissuto quanto di espressione del sé e delle proprie sfumature, dunque per una definizione generale consiglio di rifarsi al manifesto di Andie Nordgren. Rispetto a me, per velocizzare le spiegazioni circa il mio modo di relazionarmi agli altri, ho autonomamente deciso, quindi non vale in alcuna misura come un linguaggio ufficiale dell’ideologia in sé, ma si tratta di una semplice scelta personale, di ricorrere all’uso del termine partnership per indicare quell* person* con cui edifico progettualità quali accompagnamento, convivenza, eventuali figli e/o sessualità in sistemi chiusi, a due o più persone che siano, e del termine friendship per coloro verso cui parimenti provo un coinvolgimento psico-emotivo e sentimenti molto profondi, con uno scambio di intimità e complicità ed investimento conseguenti, pur senza progettualità o sessualità di sorta, ma non per questo vissuti meno intensamente o con differente importanza e priorità rispetto alle partnership. Per me, sono entrambe tipologie di relazioni affettive fondamentali, che si trovano sullo stesso piano, e per esse investo ugualmente le mie energie e il mio tempo.

Attualmente vivo due friendship, scelte come tali dalle persone coinvolte, poiché non avrei avuto riserve ad investire con esse anche a livello progettuale e/o sessuale, ma ciò non è stato ritenuto possibile da parte loro. Non trovando corrispondenza in questo, ma sentendo io verso di esse, e viceversa, il desiderio di una profonda intimità e condivisione psico-emotiva e d’investimento temporale, grazie all’anarchia relazionale ho potuto permettere che questo avvenisse ed in trasparenza, senza che per nessuno costituisse un problema. Per mio desiderio e richiesta, precedentemente discussa ed accolta, ho anche incluso tutti e tre in uno spazio appositamente edificato per scambiare mie condivisioni personali, mettendo quindi in contatto fra loro questi miei due amori, concretizzando finalmente per la prima volta, grazie alla loro disponibilità, una dinamica relazionale non-monogamica, pur differente da quell’originario sogno di vivere una triade, che ancora esiste in me.
Scoprire l’esistenza di questo mondo relazionale alternativo, talmente variegato da manifestarsi in varie forme, ognun* seguendo la sua strada personale, mi ha finalmente permesso di non vedermi costretto a rinunciare ai miei sentimenti per gli altri e di portare avanti più rapporti in trasparenza, senza tradire e ferire proprio le persone che amo di più. Vedo la non-monogamia etica, in qualsiasi forma essa si manifesti, al pari della monogamia stessa, che non rinnego e che comunque sostengo, come opportunità di esprimersi per chi si è, nel totale rispetto delle ideologie e vissuti altrui, ognuno secondo la propria soggettività e bisogni, senza vincoli che costringano al tacere e all’infedeltà o all’adattarsi ad ogni costo a dinamiche che, semplicemente, come qualsiasi altra cosa non sono fatte per tutti.

 

Bleen

2 Comments

  • Oliver ha detto:

    Molto interessante, articolo capitato per caso cercando la definizione on line di “monogamia etica” che non conoscevo. Anche io monogamo da 38 anni, ma ho sempre sentito fosse per me un legame imposto da regole che si portano avanti perché…è stato sempre cosi!
    Grazie per lo spunto, ora approfondirò l’argomento.

  • Fabrizio ha detto:

    Un articolo molto interessante. Sono un monogamo non convinto che sta cercando di avvicinarsi all’idea della non monogamia etica. L’occasione mi è stata data dopo l’incontro con un attivista del poliamore. Due mesi di frequentazione e non ho retto alla pressione di quello che mi sarebbe aspettato di li a poco (eravamo partiti in un regime di monogamia per lasciarmi il tempo di metabolizzare). Non ero pronto e non era pronto nemmeno l’altro a spiegarmi e farmi entrare in questo mondo. Purtroppo lui ormai è andato credo, ma mi sto seriamente interrogando sulla mia non scelta della monogamia e sulle mie paure che non mi fanno essere aperto verso queste nuove forme di relazione.
    Grazie per aver condiviso il tuo mondo e la tua intimità e spero di proseguire nel mio cammino e nella mia scoperta

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