Skip to main content

Omosessualità ed erotismo nel mondo antico

Saffo, in greco antico Σαπφώ (Sapphó), è stata una poetessa greca vissuta fra il VI e il VII sec. a.C. nella città di Ereso, sull’isola di Lesbo, mar Egeo.
La poetessa è passata alla storia non solo per la bellezza dei suoi versi, tramandati tramite alcuni frammenti (attualmente solo il frammento numero 1, ovvero l’Ode ad Afrodite è completo); ma anche per la sua presunta omosessualità, che appare esplicita in alcuni canti ma che richiede un’accurata contestualizzazione.

Saffo e il tìaso greco

Saffo rientra nel panorama culturale più ampio della Grecia antica. Patrimonio dell’umanità per la sua cultura letteraria e politica, che ha gettato le basi della nostra moderna idea d’Europa.
La poetessa visse gran parte della sua vita sull’isola di Lesbo (si registra solo un periodo di dieci anni in Sicilia per questioni politiche) ed era di famiglia aristocratica. Oltre a comporre le sue liriche, diventate celebri, in cui si esalta l’amore e la passione sofferta, Saffo si dedicò alla cura delle più giovani fanciulle che avrebbe costituito la nuova generazione e che dunque dovevano essere educate secondo le idee nobiliari.
Pertanto Saffo fondò nella sua isola un tìaso, in greco antico: θίασος (thíasos), ovvero un’associazione religiosa centrata sul culto di una divinità. Si differenziava dall’eteria perché il tìaso era composto da sole fanciulle e nel caso specifico era legato al culto di Afrodite (Ἀφροδίτη, Aphrodítē), dea dell’amore, della bellezza e della fertilità. Sacerdotessa era la stessa Saffo e l’educazione delle fanciulle era finalizzata al matrimonio. Per questo le ragazze del tìaso non erano solo educate alla lirica e alla raffinatezza dei costumi tipici dell’epoca e dello stato sociale altolocato, ma praticavano rapporti omoerotici fra i singoli membri e fra le allieve e Saffo.

(Sposa) – Verginità, verginità, perché mi lasci? Dove vai tu?
(Verginità) – Mai più tornerò da te, mai più tornerò.

Frammento n. 114

Questo tipo di rapporti carnali, per la differenza di età, viene definito pederastia greca e coinvolgeva giovani in età adolescenziale. Tuttavia la pederastia classica non può essere paragonata alla pedofilia in senso moderno del termine, giacché la prima rientra in un contesto sociale e culturale diverso, dove questo tipo di relazioni erano ritualizzate (appunto si svolgevano entro i confini del tìaso e dell’eteria) e considerate propedeutiche al matrimonio eterosessuale. Nessun tipo di violenza carnale era ammissibile nella cultura greca arcaica come in quella moderna europea. Tanto questo genere di rapporti erano socialmente accettati che la stessa Saffo era legata in matrimonio con un ricco possidente di nome Cercila da cui ebbe una figlia: Cleis, italianizzata Cleide.

Io ho una bella figlia che nell’aspetto somiglia a fiori d’oro, la mia Cleis diletta, in cambio della quale io non darei né tutta la Lidia né l’incantevole (Lesbo?).

Frammento n. 132

L’amore saffico come passione e tormento

L’attenzione di Saffo nei confronti delle sue allieve non si riduceva però solo a puro atteggiamento educativo. La critica si è mossa a sottolineare la portata omoerotica nei suoi versi.
La testimonianza più esaustiva di tale impulso arriva dalla sua ode più celebre, quella rivolta ad Afrodite, ed in particolare ai versi 21 – 24:

Infatti anche se fugge, presto verrà dietro,
e se non accetta doni, anzi ne offrirà,
e se non ama, ella presto amerà
anche contro il suo volere.

Frammento n. 1

La poetessa si rivolge ad Afrodite per chiedere che l’amore provato verso una fanciulla sia ricambiato. I versi in questione fanno riferimento alla risposta della dea, che scesa dal cielo con il suo carro alato, promette a Saffo il pieno amore della fanciulla.
Interessante è notare il verbo “amare” (philei-philesei, in greco) che indica l’amore in senso pieno e che non prevede limitazioni di senso affettuoso/amicale, come è stato alle volte avanzato.
Inoltre la dea nel rispondere alle richieste dice: “Chi di nuovo debbo indurmi a ricondurre al tuo amore? Chi, o Saffo, ti fa torto?”.  Non è dunque la prima volta che la poetessa si invaghisce di una delle sue fanciulle/allieve; e ciò appare chiaro anche da altri frammenti, in cui il tormento amoroso è dato dall’allontanamento dell’allieva dal tìaso, avendo ormai concluso gli anni propedeutici e congiuntasi in matrimonio (frammento 94). E altri frammenti, purtroppo corrotti, portano il nome di fanciulle a cui Saffo è legata da un sentimento decisamente più forte di un semplice affetto educativo.
È chiaro che il sentimento provato da Saffo verso le sue allieve non può che risolversi in un tormento e quasi indicibile sofferenza. Le ragazze erano allieve di una ‘scuola’ che le avrebbe educate e formate alla vita matrimoniale, per questo sarebbero andate via e il fluire e la provvisorietà del tempo presente sono gli elementi costitutivi di molte sue poesie.

Attualizzare, paragonando l’amore saffico a quello omosessuale moderno è dunque difficile, tenendo conto del fatto che seppur limitato ad un presente sfuggevole e ad un contesto chiuso, come quello del tìaso e dell’eteria, l’omoerotismo e il sentimento amoroso verso lo stesso sesso erano accettati pienamente nella Grecia antica. Si riconosceva una funzione propedeutica dell’omosessualità, ma non si può banalmente paragonare il mondo antico ad una sorta di ‘Paradiso omosessuale’ annientato dalle società moderne. Ricordiamo che il matrimonio e la famiglia eterogenitoriale (diremmo noi oggi) era l’unica idea di famiglia nel mondo classico.
Tuttavia Saffo è l’esponente del sentimento omosessuale in tutta la sua forza e preponderanza che lo nobilitano e lo rendono pari a dignità a quello eterosessuale. Lo struggimento amoroso che la poetessa prova è testimonianza della genuinità sentimentale, e mai può essere paragonato ad una morbosità corruttiva delle carni. La critica, anche quella che ha cercato di censurarne l’erotismo, pare avesse ben intuito il carattere per così dire ‘aristocratico’ dell’amore saffico e per questo ne ha smussato il significato, richiamandosi a valori quali l’amicizia o il sincero affetto per spiegarne il carattere. Di fatto però, una lettura moderna e anche dilettevole dei testi non può non notare una discordanza di senso fra questa interpretazione forzata e le parole appassionate, forti, sincere, che anche la più blanda traduzione non può non registrare.

Saffo in ultimo ha saputo dare forma e dignità all’omosessualità, nel suo primo embrione civile che la società greca gli offriva a quel tempo. Non è un caso e non è paradossale che si sia tramandata fino a noi, nonostante il carattere ‘scandaloso’ dei suoi versi, e che autori come Catullo (Carme 51) e Leopardi (Ultimo canto di Saffo) si siano richiamati e ispirati alla sua storia.

 

Rosario Gullotto

Fonti:
Saffo – POESIE BUR classici greci e latini.
Quindicesima edizione.
ISBN 978-88-17-16623-2
Traduzione dei frammenti riportati, di Franco Ferrari.

2 Comments

Leave a Reply