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Il disegno di legge sull’assistenza sessuale (ddl 1442) in tre anni non è mai stato discusso dal Senato. Ora Max Ulivieri, promotore del progetto insieme al comitato LoveGiver, ha scelto la disobbedienza civile: farà partire ugualmente i corsi per assistenti sessuali, nonostante i rischi legali.

Il Gruppo Jump (gruppo bolognese di persone disabili LGBT), esprime il suo pieno sostegno a Max e a LoveGiver, nella consapevolezza che, talvolta, per cambiare una legge bisogna sfidarla.

 

Partiamo da un presupposto semplice: le persone con disabilità hanno una sessualità. Molte la vivono proprio come tutti gli altri, avendo relazioni, famiglie e figli, senza problemi particolari. A volte però possono scontrarsi con qualche ostacolo in più rispetto agli altri, come lo stigma sociale sui “corpi alternativi”, l’inaccessibilità dei luoghi di socializzazione, la dipendenza dai genitori e la mancanza di una vera Vita Indipendente.

Esiste poi una parte delle persone con disabilità che si deve confrontare con ostacoli molto significativi, superabili solo con l’aiuto di altri. Ad esempio, c’è chi non può masturbarsi da solo perché non ha l’uso delle mani, oppure chi, a causa di una grave disabilità intellettiva, non saprebbe nemmeno come fare a masturbarsi, vivendo così una costante frustrazione.

Alcune persone, quindi, possono avere bisogno di vari supporti esterni per superare questi ostacoli e vivere la propria sessualità in piena libertà e autodeterminazione.

Il panorama dei supporti possibili è variegato. Tra di essi c’è anche l’assistenza sessuale.
L’assistente sessuale è una figura professionale, accuratamente selezionata e formata, che può avvicinare alla sessualità le persone con disabilità che lo richiedono, anche attraverso il contatto fisico e sessuale. Nei Paesi europei in cui esiste ed è legale (come Olanda, Germania, Danimarca), l’assistenza sessuale è stata declinata in vari modi, stabilendo caratteristiche e confini diversi a questa attività, secondo la cultura e la normativa locale. In Italia non esiste ancora, ma c’è una proposta descritta in modo articolato nel libro LoveAbility (link), edito da Erickson e curato da Maximiliano Ulivieri.

L’assistenza sessuale non è, secondo noi, l’unico tipo di supporto necessario, ed è evidente che non tutte le persone con disabilità ne avrebbero bisogno. L’assistenza sessuale, però, è una scelta possibile.
Anzi, dovrebbe essere una scelta possibile: attualmente non lo è. Perché per la normativa italiana sarebbe equiparata alla prostituzione, esponendo così a rischi legali chiunque organizzi, ad esempio, un tirocinio per assistenti sessuali. Estremizzando, ma non troppo, si può dire che un team di psicologi, sessuologi e altri esperti che organizza una formazione scientifica potrebbe essere trattato come un pappone che sfrutta prostitut* non consenzienti lucrando sui loro corpi.

L’assistenza sessuale si distingue invece dalla prostituzione perché prevede la selezione e la formazione degli e delle assistenti, e perché in genere non ha come obiettivo il mero soddisfacimento della persona con disabilità, bensì un percorso di crescita che porti la persona ad acquisire conoscenze e autonomie per vivere meglio la propria sessualità.
Riguardo a questo punto, ci teniamo a sgombrare il campo da due possibili fraintendimenti.

Il primo: parlare di assistenza sessuale come percorso di crescita non deve far dimenticare che anche il bisogno di soddisfarsi fisicamente ha, secondo noi, una sua piena dignità. Ed è un bisogno che non si esaurisce in dieci incontri con l’assistente sessuale: chi, ad esempio, non può masturbarsi da solo, dovrà essere aiutato a farlo per tutta la vita. E chi vuole cercare sesso a pagamento – anche senza finalità “didattiche” – dovrebbe poterlo fare con la stessa libertà dei normodotati (cosa per nulla scontata: l’accesso alla normale prostituzione non è sempre facile per una persona disabile). Ci sentiamo quindi ben lontani dalle affermazioni sessuofobe di chi, spesso con la presunzione di rappresentare tutti, condanna ogni attività sessuale svincolata da una relazione affettiva “tradizionale”. Anche in questo campo, il cuore della questione è sempre la possibilità di autodeterminarsi, vivendo la sessualità secondo le proprie inclinazioni.

Il secondo: distinguere assistenza sessuale e prostituzione non significa affatto, per noi, condannare o sminuire il lavoro sessuale. Anzi, la nostra posizione è che la prostituzione – quella effettuata liberamente e consapevolmente dai e dalle sex workers – andrebbe liberata dallo stigma ipocrita di cui è oggetto e regolata, a livello normativo, al fine di garantirne l’esercizio in sicurezza. Un aggiornamento normativo sarebbe necessario anche per tutelare chi, ad esempio, accompagna una persona con disabilità da un* prostitut*: oggi come oggi questo semplice gesto di sostegno alla libertà e all’autodeterminazione – in sé non diverso da un accompagnamento al lavoro o al ristorante – potrebbe avere risvolti penali.

Gli stessi rischi legali esistono per chi promuove l’assistenza sessuale, favorendo il contatto tra assistenti e clienti.

LoveGiver (il Comitato per l’Assistenza Sessuale in Italia, presieduto da Maximiliano Ulivieri) ha provato a superare questa assurdità normativa sostenendo un disegno di legge, il ddl 1442, che nell’aprile del 2014 è stato depositato in Parlamento su iniziativa di diversi senatori, tra cui Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà. Il ddl non definisce nello specifico i contenuti dell’assistenza sessuale, rimandando al Ministero e alle Regioni ulteriori regolamentazioni: pertanto, la discussione su cosa potrebbe e dovrebbe fare un* assistente sessuale resterebbe aperta. Già questo ddl, tuttavia, potrebbe creare uno spazio sicuro, all’interno della legalità, per l’assistenza sessuale e tutte le attività ad essa collegate.

Dal 2014 a oggi, però, il disegno di legge sull’assistenza sessuale è rimasto in un cassetto, non venendo mai discusso dalle Camere.

Dopo tre anni di inutile attesa, di fronte al silenzio del Parlamento, Max Ulivieri ha deciso di optare per la disobbedienza civile, promuovendo l’attività degli e delle assistenti sessuali e avviando i relativi corsi nonostante il vuoto normativo, pronto ad affrontare in prima persona le possibili conseguenze legali.

Io Sono Minoranza e il Gruppo Jump LGBT esprimono il loro pieno sostegno alla scelta di Max e del comitato LoveGiver, nella consapevolezza che tanti cambiamenti importanti – inclusi quelli relativi ai diritti LGBT – sono stati ottenuti proprio grazie a chi ha sfidato con coraggio una normativa ingiusta.

 

Pierluigi Lenzi

Gruppo Jump LGBT

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