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Self acceptance, body positivity, self love, body confidence… sono tutti termini che sono entrati o stanno entrando a far parte del nostro lessico e della nostra vita quotidiana.

Se ne parla molto, se ne discute molto, anche se non sempre con la dovuta accortezza e la necessaria sensibilità.

Per cercare di sgombrare il campo da dubbi e incertezze, e per fare luce su questi e altri temi di grande importanza e attualità, ho deciso di rivolgere alcune domande a Riccardo Onorato, UX Designer nonché fondatore del seguitissimo fashion blog dedicato all’abbigliamento maschile Guy Overboard.
Attraverso di esso e attraverso i suoi profili social di Instagram, Facebook, Youtube e Twitter, Riccardo promuove quotidianamente la cultura body positivity e l’amore per il proprio corpo. A prescindere dal suo colore, dal suo aspetto e anche dalla sua taglia.

 

Riccardo, cominciamo dal principio!

Potresti per favore raccontarci qualcosa di te e parlarci delle motivazioni che ti hanno spinto a dare vita a un progetto così ambizioso e affascinante come quello di Guy Overboard?     

Guy Overboard è nato come blog dedicato all’abbigliamento maschile perché era mia intenzione condividere questa mia passione insieme a persone che volessero parlare non di moda, ma di abbigliamento. Quindi di consigli su cosa indossare ogni giorno.

Man mano che ho cominciato a scrivere articoli e a condividere news mi sono però effettivamente accorto che molte delle cose di cui parlavo non erano accessibili a me in termini di taglie. Quindi mi trovavo a parlare di brand e di collezioni che io stesso non avrei mai potuto provare.

Allora ho deciso di mettermi in prima linea: mi sono detto “ok, se voglio condividere tutto questo, devo partire da me, perché devo essere il primo a poter indossare ciò di cui parlo”.

L’ho fatto in maniera “spontanea”, semplicemente perché era una cosa che capitava nella mia vita.
Mai mi sarei immaginato che per molti invece fosse qualcosa di più importante: moltissimi ragazzi (grassi come me) hanno infatti cominciato a scrivermi e a ringraziarmi perché per molti di loro l’idea di potersi vestire esprimendo al massimo la loro identità (e spesse volte estrosità) era terribilmente limitata proprio a causa della taglia.

È lì che ho sentito quindi la necessità di analizzare meglio questo punto, del perché effettivamente esistesse questo problema ed è allora che mi sono avvicinato al mondo della body positivity.

Ad oggi Guy Overboard ha queste due facce: un lato più ”pratico” dove condivido consigli riguardo l’abbigliamento plus-size e il mondo beauty (l’idea del beauty accostata ad un uomo è ancora un tabù) e uno più “attivista” in cui condivido riflessioni sul mondo della body positivity e della self acceptance.

 

Il concetto di body positivity ha in effetti assunto un valore e un’importanza piuttosto rilevanti all’interno della società contemporanea. Molti ne parlano, quasi tutti ne discutono, anche se non sempre con la dovuta consapevolezza e padronanza dell’argomento…!

Per sgombrare il campo dai dubbi, ti chiederei quindi di spiegarci che cosa si intende davvero con questo termine e quali sono gli elementi che lo rendono così importante.     

Il motivo per cui la body positivity ha cominciato ad avere importanza è perché per molti è stata vista come un’ancora di salvezza contro l’oppressione di un modo fisso e “standardizzato” di guardare il corpo che, in definitiva, fa sentire davvero chiunque a disagio.

La body positivity però non è propriamente questo: certo, la body positivity afferma che tutti i corpi sono validi, ma si concentra e parte soprattutto da quei corpi considerati non conformi dalla società, ovvero grassi, neri, trans o disabili.

Lo scopo quindi non è tanto imparare ad amarsi così come si è quanto combattere per eliminare le discriminazioni a cui queste persone sono sottoposte in campo lavorativo, in campo medico, nella rappresentazione mediatica, nell’accessibilità, nella vita in generale. Ecco perché è davvero importante: perché significa per queste persone riappropriarsi di una dignità che a lungo è stata loro negata attraverso risate, battute, nomignoli, atti discriminatori, microviolenze e la concezione che come persone valessero meno a causa del loro corpo.   

 

Il mondo della moda si sta lentamente aprendo alle differenze, presentando modelli di bellezza diversi e spesso in forte controtendenza rispetto al passato. Nonostante questo, però, l’ideale di corpo maschile continua a essere molto legato a ideali “classici” e non sembra dare grande spazio a uomini con una fisicità diversa da quella tipicamente associata ai “modelli da sfilata”.

Per quale motivo, a tuo parere, si fatica ancora così tanto a offrire visibilità a tipologie di fisico che si allontanano e rompono gli schemi del comune sentire?     

Secondo me il problema è da ricercare nella visione della bellezza come strumento di potere. Fintanto che permetteremo alla bellezza di avere un valore morale nei confronti delle persone, decretando chi sia più meritevole di stima, di far sentire la propria voce, di realizzare le proprie ambizioni, di dimostrare quanto vale, sarà sempre più difficile accettare che esistano forme e dimensioni diverse di corpo e che queste persone meritino il loro posto tanto nella vita quanto su una passerella, su un catalogo o in una campagna promozionale.     

 

In una società iperconnessa come la nostra, mostrare il proprio corpo in rete può rivelarsi una sfida piuttosto ardua e difficile da accettare. Da un lato ci sono i modelli proposti da influencer e star dei social network, spesso così algidi e perfetti da sembrare quasi irraggiungibili, dall’altro il rischio di incappare in commenti decisamente poco gentili se non proprio aggressivi e colpevolizzanti.

Come credi si possa risolvere questo problema e quali potrebbero essere le strategie da adottare per rendere la fruizione di Internet più sicura e piacevole per tutt*?     

La potenzialità dei social sta nel fatto che tutti possono condividere le proprie immagini e questo può creare un concreto bilanciamento affinché non vi sia solo un tipo di rappresentazione. E la “normalizzazione” di questa rappresentazione non può che a lungo andare portare a un’educazione contro i pregiudizi verso il peso, ma anche verso l’etnia, l’abilità, l’età o la sessualità.

Chiaro è che, in un modo in cui il grasso è visto come un difetto, mostrarsi felici e sicuri di sé scatena i peggiori istinti. Una persona guarda una tua foto e pensa: “Ma come, io sono qui a disperarmi per fare un’altra dieta, per fare 100 addominali in 10 secondi e tu invece hai quella pancia e sei felice?”.

Questa non è una cosa che cambierà nell’immediato e quindi è giusto tutelarsi: seguire solo profili, siti, blog che ti fanno sentire bene ed evitare/bloccare/cancellare commenti e persone che ti fanno stare male non solo è possibile, ma doveroso.

Perché sono passati anni e tutti ci siamo resi conto che l’atteggiamento negativo nei confronti del corpo non serve a niente, altrimenti a quest’ora saremmo tutti perfetti!

Se quindi esistono persone che, nonostante abbiano vissuto sulla loro pelle un’esperienza simile, continuano con questo modo di fare, non è nostro dovere far cambiare loro idea.

È nostro diritto invece stare bene e vivere al meglio la nostra vita.    

 

 

L’accettazione di se stess* passa (anche) attraverso lo sguardo di chi ci sta intorno.

Per esperienza personale, so quanto sia dura ricevere feedback negativi riguardo al proprio corpo e so anche quanto possa essere doloroso e sgradevole percepirsi “sbagliati” agli occhi di chi ci sta intorno. Allo stesso tempo, e lo dico con una certa vergogna, io per prim@ mi ritrovo spesso a dare giudizi sui corpi degli altri e questo mi fa sentire terribilmente in colpa.

Da cosa deriva, a tuo avviso, questa tendenza a riproporre sugli altri un comportamento così scorretto? E quali potrebbero essere i modi per evitare di cadere in questa sorta di trappola mentale?     

Viviamo e siamo cresciuti in una società che ci dice che per uscire dalla nostra confort zone bisogna provare vergogna, quindi è normale che ci sia in noi qualcosa che ci spinga a giudicare tanto il nostro corpo quanto quello degli altri.

Questa tendenza è così radicata che alla fine siamo arrivati a dare più importanza all’aspetto, inteso proprio come modo di essere visti, che a tanti altri aspetti molto più fondamentali del nostro essere.
Secondo me quindi il modo per evitare questa trappola è capire che siamo più di un corpo e che il nostro valore, la nostra felicità, la nostra salute non hanno nulla a che fare con il nostro aspetto.
Meritiamo di vivere, di fare e di essere preoccupandoci di come appaiamo se ne abbiamo voglia, non perché dobbiamo. E questo è utile non solo per il giudizio nei nostri confronti, ma anche nei confronti di quello degli altri.

Perché ricordando a noi stessi che siamo più di un corpo e che possiamo vivere lo stesso, smetteremo di vedere anche gli altri come corpi da guardare e giudicare.

Alla fine viviamo tutti in questo mondo spesso crudele e disumanizzante e sarebbe meglio sollevarci a vicenda e sostenerci l’un l’altro che dirci se e quanto siamo belli o brutti!  

 

Riconoscere e valorizzare i propri pregi e difetti è una sfida molto importante per raggiungere una graduale e piena accettazione di se stess* e del proprio essere.

Pur sapendo che non esistono “ricette magiche” per riuscire in questo intento, ci potresti per favore dire quali sono i possibili sistemi da attuare per tentare di raggiungere un traguardo così importante?     

Il nostro corpo è lo strumento che abbiamo per vivere.

Nel nostro corpo ci viviamo.

Per quanto quindi possiamo vedere in noi dei difetti che ci fanno sentire a disagio e anche se volessimo cominciare un percorso per capire come guardarli in maniera positiva o anche cambiarli, non possiamo pensare di doverci “nascondere” aspettando che ciò accada, di non poter vivere la nostra vita, di non goderci un’uscita con gli amici per mangiare insieme una pizza, di non poterci fare una nuotata o prendere il sole in spiaggia, di rimandare insomma tante cose che potremmo goderci oggi se non vedessimo il nostro corpo come un impedimento nel farle.

Quello che quindi potremmo davvero imparare è che il nostro valore come persone non dipende da quanto ci piaccia (o piaccia agli altri) il nostro corpo.

L’unica cosa che possiamo fare è goderci il sole e l’aria sulla pelle e permettere anche agli altri di farlo.

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