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Il luogo comune per eccellenza legato all’omosessualità è quello della promiscuità: per la maggior parte delle persone, la parola “gay” indica un ragazzo/uomo che passa le sue serate in discoteca (ma non una discoteca normale: una discoteca per gay!), possibilmente ubriacandosi o drogandosi, e rimorchia ogni sera uno o più partner diversi. Le donne, spesso nemmeno considerate – se i gay sono invisibili, le lesbiche lo sono ancora di più –, devono vedersela con lo stereotipo “lesbiche da film porno”, ovvero, l’unico tipo di rapporto sentimentale o sessuale contemplato tra due esseri femminili è quello messo in scena per il divertimento maschile.

Credo sia necessario capire meglio, non tanto dove nasce questo stereotipo, nemmeno quanto ci sia di vero, ma piuttosto il posto reale che occupa la sessualità gay nella nostra società, in quanto sessualità minoritaria, marginalizzata e stigmatizzata.

Ovviamente, si potrebbe semplicemente opporre a questo pregiudizio che una grande percentuale della popolazione omosessuale non frequenta locali gay, non si droga, porta avanti relazioni a lungo termine e progetta di crearsi una famiglia. Quello che mi interessa è decostruire questo stereotipo, perché credo che la comunità lgbt+ sia seriamente danneggiata nella propria battaglia per il riconoscimento dell’uguaglianza da questa leggendaria condanna di immoralità dei costumi.

Prendiamo l’esempio di un ragazzo gay che la sera va in discoteca, si cala qualche pasticca, fa del sesso occasionale con una persona sconosciuta o quasi.
La prima considerazione, naturalmente provocatoria, consiste nel rimuovere dalla frase precedente la parola “gay”: vi sfido a dire che la frase adesso ha meno senso. Ovvero: gli etero non lo fanno? Gli eterosessuali, maschi o femmine, non tradiscono, non si drogano, non fanno sesso occasionale?

Supponiamo che questo tipi di comportamenti sia più frequente tra i gay che tra gli etero – tesi difficilmente sostenibile, statistiche a parte: siete mai stati nei locali etero?
Alcuni imputano la scelta di queste pratiche di sesso occasionale e di sballo piuttosto che una vita sentimentale “stabile e tradizionale”, al fatto stesso di essere omosessuale: sei gay, sei perverso, sei immorale, sei una persona che fa e pensa e dice brutte cose.

Io credo invece che ci siano delle ragioni che sono legate al fatto che ancora nel 2015, la sessualità e l’affettività gay abbiano difficoltà ad essere vissute serenamente e alla luce del sole. Che poi ci siano persone che scelgono il sesso occasionale, le serate da sballo, il sesso sadomaso, il sesso di gruppo, o che so io, siano essi gay o etero, è una loro scelta e non credo che questo debba interessare nessuno, tanto meno la morale. Ognuno è libero di fare quello che meglio crede del suo corpo e del suo desiderio.

La difficoltà di incontrare altre persone
Un eterosessuale potenzialmente rimorchia ovunque. A scuola, al lavoro, in treno, a casa di amici e anche su Internet o nei locali. Un eterosessuale può essere respinto dalla persona che gli/le piace perché è brutto, antipatico o perché l’altra persona è già impegnata, ma non verrà mai respinto perché è etero. Un omosessuale che cerchi qualcuno da frequentare ha molte meno scelte. Buttarsi a caso e provarci senza prima informarsi sull’orientamento dell’altro è un suicidio, soprattutto se non sei dichiarato. Ci sono etero gentili che respingerebbero il corteggiamento senza sbandierare ai quattro venti l’accaduto, ma quanti?
E allora, per conoscere qualcuno, un gay va nei locali gay.

Il rilassamento dei freni inibitori
I gay sono veramente meno inibiti degli etero?
Innanzitutto, andare in un locale gay per conoscere qualcuno richiede già un bel po’ di coraggio. Significa ammettere con se stessi di essere diversi dai più. Gli eterosessuali non sono mai costretti, nel corso della propria vita, ad affermare consapevolmente la propria sessualità: la vivono semplicemente in maniera naturale. Non hanno bisogno di interrogarsi a lungo sul perché provino quel determinato sentimento per qualcuno: la loro attrazione reciproca è considerata la norma. Al contrario, gli omosessuali devono affrontare un percorso di consapevolezza, di indagine su se stessi: per dirla in parole povere, sono costretti a pensare alla propria sessualità molto più degli etero per accettarla e interiorizzarla. Questo, se per alcuni conduce al disprezzo nei confronti di se stessi e ad una ferrea repressione dei propri istinti, in molti casi può invece portare a una reazione inversa, a un calo delle inibizioni, che naturalmente incoraggia comportamenti sessuali e sociali disinvolti.

Il problema del non essere dichiarati
D’accordo, ma perché così tanti gay, invece di fidanzarsi con qualcuno e rimanergli fedele, saltano di fiore in fiore?
Facile a dirsi. Se io sono omosessuale e non dichiarato, non mi posso fidanzare. Una storia a lungo termine significa fare progetti insieme, vivere alla luce del sole. Se nessuno deve sapere che mi piacciono gli uomini, posso soltanto vivere di nascosto, e il massimo che si possa fare senza farsi scoprire è una sveltina. Inutile che perda due ore a chiacchierare con quel ragazzo per scoprire se abbiamo gusti simili e se potremmo andare d’accordo: tanto, anche se lui fosse la mia anima gemella, io non potrei frequentarlo. Questo, per inciso, è terribilmente doloroso. Preferisco prendere quel che c’è da prendere e poi tornarmene a casa.

L’omofobia interiorizzata
A dirla tutta, ci sono ancora molti omosessuali che non sono proprio contenti di essere gay. Accettano la propria sessualità come una condanna divina: è così, non posso cambiarla, non posso farci nulla ma di sicuro non ne vado fiero. Se ti senti in quel modo, i tuoi desideri e le tue azioni suscitano in te una profonda vergogna. Instaurare un rapporto sentimentale con qualcuno quando ci si vergogna dei propri sentimenti non è pensabile. La cosa più semplice, diciamo anche l’unica possibile, è distrarsi e cercare del sesso, quello sì, purché tutto finisca con la fine della serata e domattina io e lui non siamo costretti a guardarci in faccia.
Ma questo profondo disprezzo che molti gay provano nei confronti di se stessi da dove nasce? Dall’immoralità intrinseca dell’omosessualità o piuttosto da una società che vede l’omosessualità come una perversione dell’unico orientamento “normale”, quello eterosessuale?

Mancanza di alternative
Ma poniamo che il ragazzo gay di cui sopra un giorno si stufi dei giri di giostra in discoteca e abbia voglia di un rapporto sentimentale serio e maturo. Supponiamo persino che sia dichiarato e che possa quindi affrontare una relazione alla luce del sole.
Avere una storia omosessuale non è facile. Si tratta di combattere ogni giorno. Le persone più vicine, quelle che ti vogliono bene, possono capire e starti vicino, ma c’è un’enorme pressione sociale da gestire. Si tratta di una battaglia impegnativa persino per chi ha una famiglia e degli amici che lo supportano e si sente totalmente a suo agio con la propria sessualità; non è quindi difficile capire che, per qualcuno che ha ancora problemi ad accettarsi o magari ha già subito atti di bullismo e discriminazione in famiglia o in ambiente lavorativo, il prezzo da pagare in cambio di una relazione pubblica e serena è insostenibile. Senza poi dimenticare che, mentre le relazioni etero durature e funzionanti sfociano generalmente nel matrimonio e nella creazione di una famiglia, gli omosessuali non possono sposarsi o adottare bambini (almeno per come stanno ora le cose in Italia). Non è semplice fare progetti insieme quando molti di questi progetti ti sono preclusi per definizione. E questo punto è più incisivo di quanto possa sembrare: quanti eterosessuali si fidanzano, si sposano o fanno figli soltanto per rispondere alle aspettative di chi li circonda?

Quando gli altri ti rigettano
A questo aggiungerei il fatto che la stragrande maggioranza degli omosessuali è abituata al rifiuto: affrontando la propria sessualità, molti gay si sono sentiti rifiutati prima da se stessi, poi dai genitori o da coloro che avevano accanto, poi dalle innumerevoli cotte etero che non avrebbero mai potuto ricambiarli. Rifiutati in toto, in maniera assoluta. Il senso di perdita è talmente radicato che la prospettiva di costruire una relazione duratura, di condividere davvero la propria vita con qualcuno, diventa terrificante. Lo è già per tanti etero, come potrebbe non esserlo a maggior ragione per i gay, che sanno di dover combattere molto di più? Amare qualcuno significa avere qualcosa da perdere e in un mondo in cui vivi dalla parte sbagliata a volte ti senti sconfitto in partenza. Per non parlare del fatto che amare una persona del mio stesso sesso potrebbe significare perdere l’amore di altre persone importanti, ad esempio i familiari che potrebbero sbattermi la porta in faccia.

In questo articolo non ho preteso di difendere o giustificare la promiscuità del mondo gay, essenzialmente perché credo che non ci sia nulla da difendere: ognuno è libero di vivere come preferisce e non trovo alcun motivo per condannare moralmente uno stile di vita piuttosto che un altro. Quello che invece ho cercato di fare è stimolare una riflessione seria e soprattutto fare presente che molto spesso quello che appare come un atteggiamento dissoluto e superficiale è invece il risultato di una sofferenza interiore che la società dovrebbe preoccuparsi di combattere, piuttosto che condannarne gli esiti.

 

Vulcanica

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