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Per diversi anni della mia esistenza, il cibo è stato per me un vero e proprio strumento di tortura. Per lungo tempo mi sono nutrito troppo e male. Poi, di colpo, ho cominciato a non  mangiare affatto. Ho sofferto di anoressia per quasi un anno e mezzo e tuttora non posso dire di essere completamente in salvo dalle tirannie che la mia mente vorrebbe imporre a me e al mio fisico. Di lavoro da fare ce n’è ancora tanto, anzi direi proprio tantissimo. Probabilmente i miei sforzi per stare bene non si esauriranno mai, ma al momento non posso saperlo. Quello che invece so per certo è che parlare con Sara Busi, una ragazza simpatica e sensibile di che come me ha sofferto per lungo tempo di problemi di peso, è stato per me un atto di grande liberazione. Sentire la sua voce, ascoltare la sua testimonianza e scoprire quante cose i nostri corpi e le nostre vite abbiano in comune mi ha davvero aiutato tantissimo.

 

La prima domanda che ti faccio, tanto per rompere un po’ gli indugi, riguarda proprio te stessa. Potresti per favore raccontarmi chi sei e quali sono i tuoi interessi e le tue passioni?

Il mio nome è Sara Busi. Ho quasi 27 anni e abito in provincia di Milano anche se in realtà sono nata a Bari.

A 14 anni ho scoperto la mia passione per la fotografia, che con il passare del tempo è diventato un vero e proprio lavoro.

Ho vissuto due anni a Londra dove ho lavorato come Team Leader nel caffè del Victoria & Albert Museum.

Sono tornata in Italia a febbraio 2019 e qui ho intrapreso il mio percorso preoperatorio.

Dopo il mio ritorno in Italia anche la mia carriera è cambiata drasticamente, la fotografia aveva cominciato a starmi stretta, così ho intrapreso un percorso di content creator per un’agenzia di social media manager, un’occupazione che mi rende davvero molto felice.

Per quanto riguarda i miei interessi, posso dirti che amo il cinema, la musica e viaggiare, ma anche visitare musei e mostre… mi fermo qui perché altrimenti potrei andare avanti ancora un sacco!

 

In un video apparso sul canale Youtube della startup editoriale Freeda, hai parlato con grande delicatezza e sensibilità del tuo non facile rapporto con il cibo. Pur avendone già fatto ampiamente cenno, ti andrebbe di parlarne anche un po’ con noi?

Il cibo è sempre stato un’ossessione per me.

In passato non sono mai riuscita a vederlo nella maniera più giusta e corretta, ovvero come carburante per il mio corpo.

Per me il cibo era sostanzialmente una valvola di sfogo.

Fin da bambina sono sempre stata a dieta e ho anche praticato moltissimi sport, spesso contemporaneamente, ma questo non ha comunque aiutato il mio corpo a rientrare nel normopeso perché – e me ne rendo conto solo ore – avrei dovuto lavorare sulla mia mente e non sui miei muscoli.

A posteriori posso dire che il rapporto di mia madre con il cibo ha sicuramente influito in maniera negativa nella mia vita.

Oggi siamo in un’epoca diversa rispetto agli anni 90, la figura dello psicologo non è più vista come quella di uno “stregone” e anche la raffigurazione dei corpi e delle diverse fisicità è molto cambiata. Un tempo purtroppo non era così, per questo non me la sento di addossare tutte le colpe a mia madre.

Oggi a quasi 27 anni sono in grado di dirti che un genitore fa quello che può con gli strumenti che ha e se sbaglia non lo fa con cattiveria, ma piuttosto per ignoranza.

Ritornando al mio rapporto con il cibo, posso affermare che prima di iniziare il mio percorso psicoterapeutico un anno e mezzo fa, lo vedevo anche come una sfida.

L’essere stata privata categoricamente di tutta una serie di alimenti ha generato in me una reazione abbastanza prevedibile: in pratica rubavo il cibo che c’era in casa e nascondevo accuratamente le prove. Per me questa era una fonte di soddisfazione, la vedevo appunto come una sfida in cui avevo trionfato.

Per ultimo, vorrei aggiungere che non avendo acquisito da entrambi i miei genitori gli strumenti necessari per gestire correttamente i momenti brutti e dolorosi della mia vita, sono riuscita a superare questi episodi soltanto mangiando.

 

La tua esperienza di bambina e adolescente è purtroppo stata piuttosto difficile e complicata. Devo ammettere che mi sono ritrovato molto nelle tue parole e nei tuoi ricordi. Anch’io da bambino/ragazzino mi sono spesso trovato in situazioni spiacevoli causate proprio dal mio peso, che in molti consideravano esagerato, se non proprio “anormale”.

Partendo da queste riflessioni, mi piacerebbe molto chiederti quali siano a tuo avviso le possibili strategie da attuare per evitare che altri bambini e bambine subiscano ciò che entrambi abbiamo purtroppo dovuto sperimentare.

Per prima cosa posso dirti che per educare un bambino bisogna sicuramente educare prima tutti gli adulti che gli stanno intorno a partire proprio dai suoi genitori e dagli insegnanti.

Le esperienze di bullismo che ho vissuto nella mia vita non sono state opera solo di molti miei coetanei ma anche, purtroppo, di adulti e insegnanti che in più occasioni mi hanno mortificata davanti ai miei compagni di classe.

Bisognerebbe parlare di più dei DCA (acronimo di disturbi del comportamento alimentare), spiegare perché nel cervello scattino certi meccanismi e come il cibo diventi un amico oppure un nemico.

Quando una persona ha un rapporto sbagliato con il cibo è spesso molto evidente., quindi al posto di farvi una risata la prossima volta che incontrate una persona anoressica oppure obesa pensate magari a che inferno sta passando nella sua mente. La verità e che se in generale ci sforzassimo tutti di essere più comprensivi e gentili questi problemi non esisterebbero. Ovviamente quello che sto delineando è un mondo utopico, ma io adoro fantasticare a occhi aperti!

 

Molto di recente, ti sei sottoposta a un intervento di bypass gastrico. Nel video a cui accennavamo prima spiegavi che è stata proprio tua madre la prima a proportelo e che tu e lei avete parlato a lungo dell’opportunità di intraprendere o meno questa strada.

Che rapporto hai con lei e più in generale con i tuoi genitori? E in che modo ti sono stati accanto durante questo periodo di trasformazione?

Il rapporto con i miei genitori sta mutando nel corso di quest’ultimo anno e di questo devo rendere merito al mio percorso psicoterapeutico.

Quello con i miei è comunque sempre stato un rapporto di amore ed odio, in particolar modo durante la mia adolescenza.

Sono sempre stata una bambina facile da gestire e non mi sono mai opposta alle loro regole, fino alla terza media hanno deciso loro i miei abiti e tutto il resto.

Poi in prima superiore, con internet finalmente accessibile a tutti, ho cominciato a scoprire il punk, il metal e il rock e da lì sono incominciati i miei atti di ribellione.

Mi vestivo solo di nero, con i capelli davanti alla faccia e tanti teschi sparsi ovunque.

Un incubo per mia madre che fino a quel momento credeva di aver allevato una principessina.

Nel mentre, ho sempre affrontato il bene e il male della vita come potevo, mangiando a dismisura e vomitando.

Fino ai 23 anni sono sempre stata una ragazza sovrappeso e quando mia madre mi ha proposto per la prima volta il restringimento gastrico me la sono presa davvero moltissimo. Quando poi ho vissuto a Londra per due anni e dal sovrappeso sono passata all’obesità grave.

Quando sono tornata in Italia ho deciso di cambiare radicalmente il mio stile di vita, prima attraverso un supporto psicologico e poi con l’operazione.

I miei genitori mi hanno supportata fin da subito e hanno seguito con me tutti gli step preoperatori.

Mi hanno accompagnata ad ogni visita e anche durante la mia degenza in ospedale sono sempre stati molto presenti.

Stiamo cercando di costruire un rapporto più sano parlando tanto dei nostri sentimenti, specialmente con mia madre.

 

In un post pubblicato sul tuo profilo Instagram hai raccontato di quanto la vicinanza e l’affetto della tua ragazza, Giorgia, siano stati fondamentali per il tuo percorso di vita e anche per affrontare la tua operazione. Questo mi ha fatto molto riflettere perché, nel periodo in cui io ho sofferto di disturbi alimentari, la persona che più avrei voluto accanto era lontana e il nostro legame si è poi irrimediabilmente sciolto… Senza ovviamente invadere la tua privacy, mi piacerebbe molto sapere che cosa diresti a Giorgia se l’avessi qui in questo preciso momento.

Ho incontrato Giorgia in un momento molto particolare della mia vita.

Nonostante ci fossimo conosciute poco prima del mio intervento mi è stata accanto come se ci conoscessimo da anni.

Veniva in ospedale dopo il lavoro, mi ha aiutata tantissimo con l’alimentazione postoperatoria e mi è stata accanto ascoltando e cercando di capire cosa si prova a soffrire di DCA.

Sono stata molto fortunata, devo ammetterlo.

Non tutti si sarebbero messi in gioco in una situazione così delicata come ha fatto e sta facendo lei.

Cosa direi a Giorgia?

Beh, so che un grazie non basterà mai per tutto quello che hai fatto per me, ma spero che nel tempo, con tanti gesti d’amore io possa ripagare la dolcezza e le attenzioni  che mi hai dedicato.

Ti amo.

 

 

Nicole Zaramella

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