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Intervista a Lorenzo, una persona omosessuale, di fede cristiana protestante valdese, appassionato di musica classica e che canta in un coro.

 

Ciao Lorenzo, quando hai scoperto di essere gay hai avuto difficoltà a fare coming out?

Direi proprio di sì. Innanzitutto con me stesso. Tieni conto che i primi sospetti sulla mia, diciamo, “non eterosessualità” risalgono ai primi anni Novanta. All’epoca ero convinto di essere almeno bisessuale. Mi sono reso conto di essere omosessuale nel 2003, mi sono accettato completamente solo verso la fine del 2004; la primissima volta in Arcigay è stata ad ottobre del 2005; e il primo coming out con un amico conosciuto al di fuori degli ambienti LGBTQ… è stato all’inizio del 2006.
Come vedi, è stato un percorso molto lungo. Tenendo conto del fatto che con i miei genitori l’argomento è uscito solo qualche anno fa, e sul posto di lavoro non sono dichiarato.

 

Cosa ti ha spinto ad aderire definitivamente alla chiesa protestante valdese?

Eravamo nel 2005. Da pochi mesi era mancato Giovanni Paolo II. Avendo ormai accettato la mia omosessualità, anche a fronte dei primi innamoramenti, ero diventato insofferente verso la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, soprattutto a livello istituzionale. Piccolo salto indietro: poco prima del conclave in cui si pronosticava l’elezione al soglio pontificio di Joseph Ratzinger, dissi a una mia amica, quasi per scherzo: “Se fanno papa quello lì, mi faccio protestante”.
Ovviamente, al di là della battuta, mi sono documentato. Per un certo periodo, stavo anche guardando alle chiese di base: interessanti, ma spesso poco coraggiose nell’uscire allo scoperto. Anche l’associazione “Noi siamo Chiesa”, tanti comunicati, ma all’atto pratico…
Sono dunque passato alle chiese protestanti storiche, guardando i loro siti internet. Ho scelto i valdesi, in quanto realtà comunque italiana. A metà luglio del 2005, era un sabato pomeriggio, telefono; mi risponde la pastora dell’epoca (Anne Zell), la quale senza troppi giri di parole, mi invita a partecipare al culto domenicale.
Mi è piaciuto da subito: molti canti, ogni momento accompagnato non da sterili formule, ma da passi della Bibbia. Per non parlare del sermone, su un altro piano rispetto alle prediche dei sacerdoti cattolici. Dopo un anno di interregno, in cui alternavo la partecipazione alla messa con la partecipazione al culto, nel 2007 mi sono iscritto al corso di formazione adulti, e a maggio del 2008, facevo l’ammissione ufficiale.

 

Chiesa valdese di Milano

Ti sei sentito subito accolto nella chiesa valdese in quanto omosessuale o hai avuto qualche difficoltà?

Rispondo con un aneddoto. Era il culto contro l’omofobia, (credo fosse il 2012); io non vi partecipai per impegni familiari. Mi fu comunque riportato un passo del sermone a cura della pastora Dorothee Mack: “…un nostro fratello, che non è ancora dichiarato in famiglia, ha trovato invece naturale dichiararsi con una nostra sorella anziana…”. Questa persona ero io.
Questo per dire che, almeno nella comunità di Milano, non ci sono problemi. Magari a qualche fratello/sorella queste aperture piacciono poco, ma sinceramente a me non è mai giunta notizia.

 

Tu come ti impegni per l’inclusione delle persone LGBT, all’interno e all’esterno della chiesa?

All’interno della chiesa locale, sono coordinatore del gruppo VARCO (VAlorizzazione, Riconioscimento, Comunità Omosessuale), costola milanese della REFO (Rete Evangelica Fede Omosessualità). In questo preciso momento storico, si tratta soprattutto di rendere la comunità sempre più inclusivaMilano Valdese lo è già particolarmente – ma anche di non fare passi indietro: come dico spesso, e spero che il tempo mi smentisca, l’omotransfobia esce dalla porta, ma può rientrare dalla finestra; quindi è bene vigilare sempre.
A livello nazionale, sempre come chiesa, faccio parte della commissione BMV (delle chiese Battiste, Metodiste e Valdesi) Fede Genere Sessualità (Ex Fede o Omosessualità), in cui si lavora su come rendere le nostre chiese dei luoghi inclusivi.
All’esterno della chiesa, lo ammetto, non faccio granché. Forse dovrei avere più coraggio.

 

omosessuale della chiesa valdese

Ti piace molto il canto e soprattutto cantare in coro. È per te anche una metafora di una società inclusiva?

Una domanda a cui non so rispondere. Attualmente canto in due formazioni: una è la corale valdese di Milano. Per quanto riguarda l’altra, il Coro Sinfonico di Milano (Ex “La Verdi”), anche lì problemi non ne ho avuti. Non me la sento, tuttavia, di considerare il canto corale, una metafora di inclusività. Ci sono cori che lo sono, e cori che non lo sono: per esempio, il primo coro dove cantai, della parrocchia cattolica vicino a casa, dubito fortemente che lo fosse.

 

Che messaggio lanceresti a chi fa parte di una piccola minoranza?

Che non siamo soli. Cerchiamoci e aiutiamoci per quanto possibile, attraverso le nostre capacità. Altro non saprei dire.

 

Emanuele Crociani
©2023 Il Grande Colibrì

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