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Gentile professoressa Asteriti,

ho letto con molto interesse la lettera aperta che di recente Lei ha scelto di inviare alla giornalista di Repubblica Concita De Gregorio. La missiva, significativamente intitolata “L’identità di genere è contro le donne”, ha suscitato un vivo e acceso dibattito, nel quale mi piacerebbe davvero molto potermi inserire. Per farlo al meglio, mi sembra giusto specificare che no, non sono qui per farle cambiare idea, e nemmeno per impartire lezioni. Tutto ciò che chiedo è di essere ascoltato anche solo per un momento, in modo da potermi presentare.

Il mio nome è Nicole, e sono nato in un corpo femminile. Nella mia vita ho sempre fatto moltissima fatica ad accettare il mio corpo e le sue trasformazioni. Mi guardavo allo specchio e pensavo che no, quel seno e quei fianchi proprio non si addicevano al tipo di persona che sarei tanto voluto diventare. Ancora adesso, sa, ancora adesso quando mi guardo allo specchio talvolta fatico a riconoscere come completo e bello quel corpo che mi sta davanti. Ancora oggi, sì. Ancora oggi che mi riconosco in un’identità di genere non binary. Uomo e donna. Maschile e femminile. Unione e separazione. Mescolanza eterna di due e più elementi che non riesco e non riuscirò proprio mai a tenere staccati. E che insieme danno vita a qualcosa di splendido, o almeno di migliore rispetto a ciò che c’era prima, perché un prima c’è stato e mi ha fatto davvero molto male. Non è un percorso delicato e indolore prendere coscienza di cosa si è veramente. Non è un passaggio leggero e allegrissimo scegliere di seguire la strada che ti porterà – si spera – a fare pace con te stess@ e a vederti con occhi un po’ più benevoli. Non è una passeggiata, mi creda: quello che affrontiamo e affronto è un tragitto irto di massi appuntiti, di rovi pronti a pungere, di pozzanghere straripanti di fango. Poi, per carità, ci sono anche i momenti di quiete e di riposo, quelli in cui ti sdrai sotto una quercia e per un momento molli un calcio in culo alla fatica e alla tristezza, ma prima di arrivare lì devi camminare tanto. E tanto hanno camminato anche le donne che proprio lei cita nel corso della sua riflessione, quelle donne che io per primo ringrazio infinitamente per aver lottato e per aver creduto in un cambiamento concreto e duraturo. Quelle stesse donne che, a mio avviso, non sarebbero proprio felici di sentirsi descrivere come delle “persone con l’utero, mestruanti, proprietarie di vagina”. Non per essere troppo schietti, professoressa Asteri, ma la sua mi sembra davvero una definizione un po’ semplicistica e riduttiva, oltre che molto distante da quella che è la (mia) realtà. Pure io sono nato con un utero. Pure io ogni mese faccio i conti con il ciclo e tutti i suoi simpaticissimi effetti collaterali – che pacchia il mese scorso, quando sono arrivate lo stesso giorno in cui ho mollato la mia ragazza…! – . Pure io ho una vagina. Pure io, dunque, dovrei essere e sentirmi semplicemente una donna. Facile, facilissimo. Peccato solo che sia semplice a parole, ma assolutamente non nei fatti. Perché le variabili sono tantissime. Perché la vita spesso ti porta a compiere scelte diverse da quelle che tu stesso credevi possibili. Perché se andasse tutto secondo i piani della linearità e della logica sarebbe una gran bella fortuna, ma la vita insegna che nove volte su dieci i nostri piani andranno purtroppo a gambe all’aria. Non solo: ci insegna anche che le parole fanno male, molto, moltissimo male. Umiliano. Maciullano. Feriscono. Causano danni spesso particolarmente difficili da riparare. Le parole hanno un peso enorme ed evidente, e Lei lo sa meglio di me, professoressa Asteriti. Lei che si definisce progressista e di sinistra. Lei che sulla sua pagina Twitter si auto proclama “Regina delle TERF italiane”. Lei che lamenta di aver “ricevuto pochissima solidarietà dall’ambiente accademico” in cui è inserita. Lei che ringrazia apertamente le tante donne che l’hanno sostenuta in quella che, immagino, per lei sia una battaglia di civiltà. Lei che ha idee completamente diverse dalle mie, ma alle quali io di certo non risponderò con le offese crudeli che stando al suo racconto in molt@ le hanno scagliato addosso. Essere minacciat@ di stupro è una vera e propria violenza, e mi creda: per esperienza personale e diretta SO di cosa sto parlando. Ecco perché, nonostante la sua lettera mi provochi davvero molto dolore e sconcerto, non cercherò in alcun modo di reagire a essa con furia e indignazione. Non avrebbe alcun senso, e di certo non mi aiuterebbe a sentire meno male. Tutto ciò che posso fare è dunque prendere atto delle sue opinioni, invitandola però a considerare anche le mie.

Escludere l’altr@ dalla discussione, eliminarl@ perché rappresenta qualcosa che non capiamo o che non ci va a genio non aiuta a raggiungere risultati concreti, né tantomeno a crescere e a migliorare. Siamo esseri umani dotati di cuore e cervello. Forse ogni tanto sarebbe il caso di ricordarci anche di questo, oltre che di peni, vagine, testicoli e mestruazioni. Forse sì, sarebbe proprio il caso, e non lo dico solamente a mio vantaggio, ma anche e soprattutto in difesa di mia madre, che in seguito a un delicato intervento di isterectomia un utero non ce l’ha più e non per questo è meno donna delle altre. Ecco, professoressa Asteriti, magari in futuro si ricordi anche di questo mio piccolo esempio. Chissà, forse potrebbe diventare un buon punto di partenza per cominciare a guardare la realtà con occhi diversi, instaurando così un nuovo genere di riflessione e di dialogo.

 

Cordiali saluti,

 

Nicole Zaramella

6 Comments

  • Alex Baschera ha detto:

    Professoressa Asteriti,
    risparmio il “gentile” perché come donna transgender sarei ipocrita nel riferirglielo non sentendomi considerata se non con disprezzo nel mio personale vissuto.
    Non voglio girarci intorno e sarò educatamente diretta nelle mie considerazioni.
    Premesso che il binarismo sessuale nei mammiferi è funzionale alla loro riproduzione quindi all’origine, e non prodotto, dell’evoluzione..in che senso “la nostra identità sessuale” sarebbe “prodotto dell’evoluzione della specie”?
    Se per identità sessuale si riferisce a ruolo ed espressione di genere il fatto che questi siano culturalmente determinati alla nascita dal semplice rilevare il tipo di apparato genitourinario (quando anche solo biologicamente la questione sarebbe ben più complessa) non è forse un retaggio dell’impronta maschilista e patriarcale di molte..ma non tutte..culture umane?
    Come argomenta la sua considerazione per cui “La nostra evoluzione è legata al dimorfismo sessuale, negare la biologia è assurdo, anti-scientifico, retrogrado, e pericoloso.” ?
    Grazie della sua attenzione
    Alex

  • Alessandra Asteriti ha detto:

    Da aggiungere: ovviamente tutto questo non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale, sia esso etero or omosessuale. Ma ‘e l’ideologia di genere, negando l’importanza del sesso, ad essere estremamente omofobica, come possono testimoniare le mie amiche lesbiche che si sentono accusate di essere transfobiche, delle TERF, se si rifiutano di avere rapporti sessuali con donne trans che sono uomini, niente ormoni né operazione. Questo è stupro correttivo Nicole.

    • Io Sono Minoranza ha detto:

      Gentile professoressa Asteriti,
      la ringrazio molto per la sua risposta e per il tempo che mi ha così gentilmente dedicato.
      Ho letto con attenzione le sue precisazioni e i suoi chiarimenti e, pur non condividendo le sue posizioni, terrò comunque a mente le sue parole, che rappresentano per me uno spunto di riflessione.
      Grazie ancora per avermi concesso il suo tempo e per aver accettato di confrontarsi con me.

      Distinti saluti,
      Nicole Zaramella

      • Alessandra Asteriti ha detto:

        Prego Nicole. Quindi adesso che ti ho detto che sono gli ideologi di genere a chiamare le donne portatrici di utero o mestruanti sei d’accordo con loro? Io continuo a ritenerlo offensivo. L’ideologia di genere protegge i diritti degli uomini. Che tristezza vedere una ragazza farsene la portavoce. Tanti auguri, spero tu ne esca.

  • Alessandra Asteriti ha detto:

    Nicole,
    rispondo anche qui. Inanzitutto, quandi i giornali pubblicano un contributo, decidono loro il titolo da dare. A me non è neanche stato chiesto se mi piacesse il titolo. Forse non lo sapevi, ma è così. Secondo, il ‘regina delle TERF italiane’ è una citazione di un’attivista trans particolarmente aggressivo e misogino (di quelli che condividono gifs con personaggi anime e minacce di morte ecc) che mi aveva chiamato così.
    Ma il punto più importante mi sembra questo: tu dici
    “E tanto hanno camminato anche le donne che proprio lei cita nel corso della sua riflessione, quelle donne che io per primo ringrazio infinitamente per aver lottato e per aver creduto in un cambiamento concreto e duraturo. Quelle stesse donne che, a mio avviso, non sarebbero proprio felici di sentirsi descrivere come delle “persone con l’utero, mestruanti, proprietarie di vagina”. Non per essere troppo schietti, professoressa Asteri, ma la sua mi sembra davvero una definizione un po’ semplicistica e riduttiva”.

    La definizione non è mia, è degli attivisti trans che insistono a dire che chiamarci donne è transfobico, che siamo persone con la vagina o mestruanti, o altre idiozie di questo tipo. Mi sembra rivelatorio che, non avendo capito, tu hai giustamente detto che questi termini sono offensivi. Sono i termini che usa la tua gente. Non io. Quindi forse dovresti ripensare a quello che ho detto e decidere se è giusto chiamare una donna una persona con la vagina, contro la sua volontà.

    Il potere di nominare la realtà è un potere che gli uomini si sono arrogati per millenni. Non ho alcuna intenzione di permetterglielo. Io sono una donna. Lo decido io e non permetto a nessun uomo di dirmi il contrario. E non lo decido perché penso che la mia realtà interiore prevalga sulla realtà, ma perché riconosco la realtà dei fatti. Solo le donne sono donne, negare la biologia è un passo retrogrado. La nostra identità sessuale è un prodotto dell’evoluzione della specie. Vuoi essere forse come i creazionisti in America, che vogliono usare la Bibbia e non Darwin per spiegare l’evoluzione della specie umana? La nostra evoluzione è legata al dimorfismo sessuale, negare la biologia è assurdo, anti-scientifico, retrogrado, e pericoloso.

    Non sono io a usare le donne senza utero come prova che non tutte le donne hanno l’utero. Non tutte le donne hanno l’utero, ma solo le donne lo hanno. Credi pure all’identità di genere se vuoi, ma non costringermi a farlo. E`un concetto retrogrado e maschilista. Noi non siamo donne perché ci trucchiamo o mettiamo la gonna. SIamo donne perché siamo nate donne, e milioni di donne e bambine pagano un prezzo altissimo per essere donne. Un uomo di mezza età che dice di essere una donna non lo è. È un uomo. È offensivo e vergognoso che ci siano donne che accettano questa offesa, questa arroganza e questa negazione della realtà femminile. Altrettanto offensivo, e doloroso, vedere ragazzine poco più che bambine rovinarsi il corpo alla ricerca vana di una felicità che può nascere solo dall’accettazione della realtà, non dalla sua negazione.

    Per ultimo, ricordati che la libertà di pensiero ed espressione ce la siamo conquistata col sangue. E costringere gli altri a negare la realtà è una violenza. Se un uomo mi costringe a trattarlo da donna, è lui a farmi un’estrema violenza, non io a rifiutare. È un mio diritto fondamentale poter negare a un uomo che mi costringe ad obbedirlo la mia obbedienza. Smettila di obbedire agli uomini che ti vogliono togliere il diritto all’autodeterminazione.
    Firmato, una donna disobbediente

    • Michele Benini ha detto:

      Anche se, come diceva il filosofo, “si può avere tre lauree e rimanere un perfetto imbecille”, ho sempre pensato che “un laureato vale più di un cantante”. Questo atteggiamento mi ha sempre messo in difficoltà nel rapportarmi con chi non solo è laureato, ma addirittura insegna agli altri. Però qualche volta bisogna vincere le proprie ritrosie perché le risposte della professoressa Asteriti sono quantomeno curiose: da una parte gioca a dire che non è lei ad aver scelto il titolo, che non è lei a essersi definita regina delle TERF, che sono le persone transessuali a dire che il definirsi donne delle persone nate con determinate caratteristiche è transfobico; dall’altra riafferma tutti gli elementi da cui l’autor@ dell’articolo desumeva la sua transfobia, li rivendica e li rinforza. Arrivando a chiamare in causa la biologia.
      I primi argomenti sono palesemente pretestuosi, secondo me. Ok, non ha scelto il titolo. Ma di mettere “regina delle TERF” sul suo profilo Twitter lo ha scelto lei eccome. E poco conta chi l’ha definita così: se a me dicono che sono uno str***o, non lo metto sul mio profilo come una medaglia. Se lo faccio è perché rivendico di esserlo. Quanto alla misoginia delle persone trans e non binarie: nessun@ si è mai sognat@ di dire che le persone nate con la vagina non debbano definirsi donne (o forse qualche scheggia impazzita sì, ma non stiamo parlando di questo), mentre molt@ sostengono che le persone nate con la vagina non solo le sole a potersi chiamare donne, perché lo sono anche altre persone che si identificano come tali.
      E qui arriviamo alla biologia. Perché ammonirci che le persone che possono definirsi donne sono solo ed esclusivamente quelle nate con la vagina e non, per esempio “uomo di mezza età che dice di essere una donna” in nome della scienza, della biologia, dell'”è sempre stato così” è un’argomentazione debole di per sé, che esclude il pensiero e la coscienza dal fatto di essere esser@ senzient@. Ma soprattutto è un assist fenomenale a tutta quella schiera di pensatori antifemministi che sostengono che biologicamente uomini e donne hanno caratteristiche diverse e da sempre gli uomini fanno la guerra e le donne no, fanno lavori pesanti e le donne no, hanno un cervello diverso, et cetera, et cetera, et cetera. Ignorando, come del resto fa la professoressa Asteriti, che l’essere uman@ va oltre qualche caratteristica fisica e offendendo gratuitamente tante persone. Miliardi nel caso degli antifemministi, milioni nel caso delle TERF come la stimata accademica.

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