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Vorrei poter finalmente leggere sui miei documenti che mi chiamo Massimo Tiberio e che nessuno me lo potrà portare mai più via. Se ci fosse qualcuno che crede quanto me in ciò che sto facendo, come ci crede anche la mia ragazza, e ci volesse aiutare ad attuare alcuni progetti, ne sarei ultrafelice.

Quando si parla di transessualità, siete sicuri di conoscere tutto quello che c’è da sapere? Cosa vuol dire esserlo per se stessi e per gli altri? Cosa vuol dire esserlo per il nostro Stato? Vi è mai capitato di relazionarvi con una persona transessuale e dover pensare a cosa dire o non dire per non offenderla?
Pensate a un ragazzo transessuale all’Università o sul posto di lavoro. Chissà quante volte, dopo aver scoperto che ha un organo ‘discordante’ con il genere che dimostra esteriormente, gli viene detto dai compagni o colleghi “Per me non sei un maschio, perché hai una vagina al posto di un pene!”. Beh, è una cosa che succede molto spesso perché la nostra identità di genere, per tante persone, deve per forza essere ‘in linea’ con il nostro corpo.

In Italia la situazione non è idilliaca e ancora moltissimi devono affrontare mille ostacoli, dalla discriminazione in casa, sul lavoro e nelle scuole, ai veri e propri cavilli burocratici. Si sa solo quello che si sente sull’argomento, ignorando diversi particolari essenziali sulla vita e sul percorso di transizione. Anche lesbiche, gay e bisessuali talvolta ignorano tutto questo.

Se avrete la fortuna di incontrare Massimo e Silvia, riuscirete a capire molte cose sul mondo della transessualità. Se cercate un aiuto (morale o anche tecnico), potrete parlare con questi meravigliosi ragazzi, rispettivamente attivista transgender e attivista LGBTQIAA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali e alleati), che insieme formano una coppia bellissima.
Lui ha fondato la pagina facebook FtM Italia (link), lei amministra e scrive per il blog di FtM Italia/VoloVersoLaVita2012 insieme a Massimo. Ora, con la loro forza e passione, hanno dato vita al libro Volo Verso La Vita: guida sentimentale e umana alla transessualità (Produzioni dal Basso). Un libro che è servito e servirà a molte persone per capirsi, per avere un supporto, per capire come e da dove partire ad affrontare il lungo percorso della transizione, o semplicemente per informarsi sul mondo della transessualità, grazie al racconto delle loro esperienze personali e di quelle di chi hanno aiutato. Un libro che racchiude tanto del loro lavoro di attivisti e che, inoltre, acquistandolo, servirà per aiutare Massimo ad affrontare le spese della sua transizione.

 

Ciao ragazzi! Partiamo cercando di capire chi sono le persone transessuali, gli FtM e cos’è la disforia di genere.

Silvia: Uhm… bella domanda! Beh, mi verrebbe da dire che le persone transessuali – ridotte all’osso – sono ‘persone’, visto che la parola più importante non è la seconda. Comunque, sono persone nate anatomicamente maschi, femmine o intersessuali che sentono di appartenere a un genere che non combacia con il loro sesso. Ad esempio un maschio genetico che si sente donna, o una femmina genetica che si sente uomo.

Massimo: E qui si inseriscono gli FtM (female to male, dal femminile al maschile) come me, appunto. Siamo uomini transessuali. Semplicemente donne non ci si siamo mai sentiti. Ecco perché facciamo un percorso di transizione, per diventare anche all’esterno quello che abbiamo sempre sentito di essere. Il ‘non sentirsi donna’ o il ‘non sentirsi uomo’ può generare malessere anche molto profondo. In termini medici si definisce ‘disforia di genere’.

Silvia: L’esatto opposto dell’euforia, pensa un po’! Cose che chi non le ha vissute non può comprendere mai del tutto: la sensazione è quella di essere murati vivi in un corpo che non ti appartiene. L’unico modo per far crollare questo muro e mostrare il tesoro che nasconde è ricevere la diagnosi di disforia e accedere al percorso. Ah, va detto però che non tutte le persone transgender sperimentano la disforia, perché FtM e transessuali sono solo una piccola parte di un ventaglio di realtà identitarie molto più ampio e semi-sconosciuto in Italia.

 

Con la pagina FtM Italia, attraverso il vostro libro e il vostro attivismo, come aiutate i ragazzi transessuali?

Massimo: Ho aperto la pagina facebook quando il canale YouTube FtM Italia/Voloversolavita2012 non è più riuscito a contenere l’ondata di richieste di informazioni che abbiamo ricevuto. Oltretutto la pagina aiuta con post, messaggi privati, condivisione di video, siti e associazioni a cui rivolgersi. Solo di recente si è aggiunto anche il nostro libro Volo Verso La Vita: guida sentimentale e umana alla transessualità

Silvia: …che raccoglie due anni e passa di quasi tutti i nostri articoli del blog di FtM Italia.

Massimo: Quasi, se no come lo scriviamo il secondo?! Scherzi a parte, l’abbiamo fatto un po’ per aiutare me, che a causa di alcuni problemi economici ho avuto difficoltà a continuare il percorso di transizione (ecco svelato perché ci appoggiamo a una piattaforma di fundraising personale), e un po’ sempre per far fare un passo avanti al nostro attivismo.

Silvia: Ci siamo accorti di avere un potere divulgativo enorme e i ragazzi, i loro familiari, partner e amici ci riempiono di affetto e complimenti e ci stanno dimostrando che serviva proprio parlarne!

 

Massimo, quanta ignoranza avete incontrato e da parte di chi soprattutto?

Massimo: L’ignoranza la incontro tutti i giorni, purtroppo, sia da persone che si stanno approcciando adesso a questa realtà sia da amici ed ex amici, quelli che non hanno capito e che si sono allontanati. Viene senza dubbio alimentata dalla cattivissima pubblicità che ci fanno i mass media, qualche volta parlando a vanvera, qualche volta distorcendo di proposito la realtà per fare audience.

Silvia: Parecchi servizi delle Iene sono entrambe le cose.
Io che non sono transgender ho dovuto fare l’autodidatta, sfruttare la mia curiosità e il mio interesse per andare oltre quello che passa il convento… ehm, i mass media… per scoprire come stessero realmente le cose, soprattutto attraverso internet e le persone che, grazie al cielo, ho conosciuto.
Superare quella barriera di ignoranza a scuola, sul posto di lavoro, nella società e anche nella cerchia di conoscenze (per mia fortuna non a casa), quando ti devi ripulire la testa da stereotipi e preconcetti, è un lavoro che ad alcuni risulta più difficile che ad altri. Quasi tutti quelli che non sono transgender credono che la cosa non li riguardi, e qui si vede la mancanza di empatia più grande, quella che non permette di crescere, quella che spinge al disgusto o almeno all’indifferenza.

 

Come vi sentite ad aiutare gli altri?

Massimo: Bene! Conosco la difficoltà del cercare risposte ed essere soli, l’ho vissuta. Aiutare gli altri mi fa capire che stiamo andando avanti, che altri ragazzi dopo di me non dovranno sopportare lo stesso vuoto.

Silvia: Riscattata, nel mio caso, ogni volta che scopro, grazie ai feedback che ricevo, di avere qualcosa da dire sia a persone transgender sia a persone cisgender come me. Dall’avere voce in capitalo derivano tante responsabilità, ma le abbraccio con gioia.

 

Nel libro usate il termine ‘carciofini’ per i vostri lettori, come mai?

Massimo (ridendo): Dato che tutte le verdure erano state già prenotate da gay e lesbiche, ci è rimasto solo il carciofo! Viene da un vecchissimo video fatto per ringraziare i 1000 iscritti a FtM Italia e poi ripreso in preparazione del nostro primo raduno a Roma, per dire che era aperto a chiunque, uomini, donne, queer e carciofi! Poi i carciofini siamo diventati noi FtM. È simpatico e ci è sempre piaciuto.

Silvia: E poi c’è anche una motivazione più seria: proprio come un carciofo, un ragazzo FtM deve togliersi di dosso strati acuminati di paura, ansia, incertezza, dubbi, dolore, solitudine, rabbia, per venire allo scoperto come un cuore soffice e gentile.

 

Visto che viviamo in una società di stereotipi, è possibile che una persona in transizione, o una che ha già completato il percorso, si penta perché non veramente affetta da disforia di genere, ma influenzata dalla società?

Silvia: Eccome, ed è una realtà – fin troppo strumentalizzata da chi crede che la transessualità sia un’aberrazione – di cui parliamo anche nel nostro libro. Le motivazioni sono molteplici: dal non essere davvero transgender e aver imboccato la strada sbagliata per il proprio benessere psicofisico, perché la si è vista per errore come una via di fuga da altri problemi, all’essere stati troppo frettolosi e convinti che il percorso fosse una bacchetta magica per la propria autostima, senza accorgersi che la propria vita non sarà migliore se non si è soggetti attivi, anziché oggetti passivi. È importante anche l’ambiente circostante molto ostile, al quale non tutti sono preparati a sufficienza e che colpisce dopo, assieme alla consapevolezza schiacciante di essere una minoranza oppressa, con tutta la violenza del caso.

 

Quali problemi può incontrare una persona ancora in terapia ormonale sostitutiva (TOS) che non ha cambiato nome sui documenti?

Massimo: Chi è transgender deve ricorrere alla TOS e, visti i tempi d’attesa biblici prima della rettifica anagrafica, possono trascorrere anche anni con i documenti difformi dal proprio nuovo aspetto. Si incontrano molte difficoltà: socialmente non sei né carne né pesce. L’aspetto dice una cosa, i documenti un’altra, e anche un versamento in banca o l’atto di andare a votare, sempre per l’ignoranza e la mancanza di rispetto della privacy di chi ti circonda, può diventare avvilente, per le spiegazioni che ti chiedono e gli sguardi allucinati.

 

La legge 164 rappresenta un ostacolo?

Silvia: La legge 164, frutto dell’impegno del movimento di liberazione LGBT italiano, nel 1982 è stata una legge all’avanguardia rispetto al resto d’Europa, e anche l’unica conquista giuridica italiana sull’argomento. Oggi è datata e alcune persone transessuali non riescono a completare il percorso con serenità, convinzione e senza rischi per la salute fisica proprio a causa di essa.

Puoi fare un esempio?

Silvia: L’obbligo degli interventi chirurgici. Anche se dall’esterno sembra incomprensibile, non rappresentano ciò che tutte le persone transessuali vogliono, perché sono invasivi, costosi, talvolta sperimentali, con un entourage medico non sempre specializzato. In Volo Verso La Vita raccontiamo anche di esempi che ci sono capitati di persona e di come i limiti della legge sono ricaduti su di noi come coppia e su Massimo come individuo. Per fortuna adesso, grazie a campagne di sensibilizzazione e alcuni precedenti favorevoli in tribunale, le cose stanno migliorando. In fin dei conti, la legge dice: “Qualora l’intervento chirurgico risultasse necessario”. Ma se non lo fosse? È un’interpretazione che rende tutto più elastico, soggettivo e personale.

Massimo: Come dice mia madre, la legge in Italia è come la Bibbia: va interpretata!

Silvia: E devi sapere come muoverti, destreggiarti in una giungla di scartoffie e definizioni.

 

Ci sono sviluppi in corso per quanto riguarda il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM)?

Silvia: Ai tempi della quarta revisione del manuale (DSM-IV), si stava discutendo di come depatologizzare la disforia di genere mantenendo gratuiti gli interventi chirurgici, che altrimenti sarebbero risultati, detto banalmente, un ‘capriccio’ di chirurgia estetica a spese della persona. E in paesi dove tutto o quasi è privatizzato, come gli Stati Uniti, avrebbe rappresentato un problema anche peggiore che in Italia. C’è da dire che anche tra le persone che la vivono sulla propria pelle le opinioni sono discordanti: ad esempio, c’è chi pensa che non vorrebbe mai, per tutta la sofferenza che porta con sé, smettere di definirla una malattia (l’unica malattia che viene curata assecondandola, comunque) e chi, invece, a causa dell’ambiguità con cui si percepisce l’essere transgender rispetto all’essere cisgender (due condizioni identitarie ugualmente da rispettare) non vede l’ora che si tolga dal DSM. Credo che una buona soluzione, già proposta quando si doveva stilare la quinta revisione (DSM-V) ma non attuata, sarebbe di indicarla come patologia legata al fisico anziché alla mente, come nel caso dell’intersessualità.

 

Penso che molte persone sapranno da dove cominciare il percorso di transizione grazie alle vostre informazioni. Nel libro parlate del protocollo WPATH, del DISEM e l’ONIG. Cosa sono?

Silvia: Il Dipartimento di scienze endocrinologiche e metaboliche (DISEM) dell’Università degli Studi di Genova è l’unica struttura italiana in cui cominciare il percorso di transizione che si è adeguata al protocollo della World Professional Association for Transgender Health (Associazione professionale mondiale per la salute transgender; WPATH). Tutti gli altri centri in Italia usano il protocollo dell’Osservatorio Nazionale Identità di Genere (ONIG). La differenza tra i due protocolli essenzialmente è che il secondo mette al centro di tutto medici e psicologi che devono dare diagnosi, conferme o smentite alla persona sulla sua identità di genere e decidere se può riallineare il suo sesso con essa, cosa che non aiuta l’autodeterminazione. Invece nel protocollo WPATH al centro di tutto c’è il paziente, che può decidere di fare o non fare la terapia psicologica (in Italia obbligatoria e propedeutica alla TOS), di prendere o non prendere ormoni e di sottoporsi oppure no a interventi chirurgici. È molto più personalizzato, con meno scartoffie burocratiche e ‘permessi’, è più inclusivo anche di identità che non siano strettamente riconducibili a quella dei ragazzi FtM o delle ragazze MtF (male to female, una donna geneticamente maschio), ma sempre presenti nel ventaglio di realtà identitarie di cui parlavamo prima.
Comunque noi come attivisti ogni tanto ci ritroviamo a dover difendere l’ONIG, perché, pur con le sue evidenti limitazioni e le sue snervanti attese, con le scarsissime conoscenze che la popolazione ha del mondo transgender ogni tanto obbliga a tornare sui propri passi prima di lanciarsi in qualcosa di cui non si è convinti, e perché purtroppo, senza sensibilizzare l’entourage medico e la società dalle fondamenta, l’assistenza psicologica obbligata è quasi l’unica cosa che non fa crollare il ‘palazzo’ che si sta cercando di costruire. Insomma, pensiamo che prima si parte a correggere le basi e poi – solo poi – ben vengano l’elasticità, la professionalità e la civiltà del WPATH.

 

Nel vostro libro avete parlato dei problemi che le persone transessuali si trovano ad affrontare quando si innamorano. Cosa vi sentite di dire a queste persone?

Massimo: Non è detto che le persone transgender siano destinate a stare da sole, come non è detto che le persone cisgender siano destinate ad essere circondate da ammiratori.

Silvia: È vero, una cappa di ignoranza impedisce di comprendere che la realtà fa molta meno paura di quello che ci spacciano per tale, ma con l’andare del tempo e tanta vera informazione scomparirà.
Io spero che anche dentro di voi scomparirà l’idea di dovervi sentire in colpa e non meritevoli di amore soltanto perché siete nati con l’identità di genere e il sesso biologico in collisione in una società in cui chi ha tutte e due le cose allineate è la norma. Una volta che smetterete di sentirvi manchevoli, avrete consapevolezza che la vostra identità è solamente vostra e come tale merita orgoglio, che il vostro corpo va celebrato come espressione autentica di chi siete e la vostra mente e la vostra anima sono uniche al mondo e potete regalarle a chi vi merita, non a chi vi capita, attirerete persone che vi staranno accanto perché davvero vorranno esserci e condividere un percorso, interiore ed esteriore, insieme a voi. È la vita stessa ad essere un percorso di transizione: quindi, sotto certi aspetti, nell’amare, nell’essere e nell’insegnare, non dimenticate che non c’è persona più preparata a vivere di voi.

 


Intervistare Massimo e Silvia è stato un piacere immenso. Nel loro libro potrete trovare di tutto, dagli argomenti più tecnici alle situazioni di tutti i giorni, dai problemi dei bagni negli edifici pubblici al rapporto con le religioni, da come relazionarsi in una coppia al coming out con i bambini.

Oggi ci sono tant* ragazz* trasgender che hanno un immenso bisogno di supporto. Purtroppo molte associazioni transessuali aprono e chiudono velocemente, ma il sogno di Massimo è quello di fare la differenza. Per i loro lettori questi due ragazzi l’hanno già fatta, come dimostrano i commenti nel video che riportiamo qui sotto. Questi due ragazzi hanno in mente qualcosa di più grande e anche noi possiamo aiutarli a realizzarla.

 

Ginevra

 

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