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Avevamo appena concesso al cuore riposo per la brutale uccisione di Willy, quando giunge notizia che Maria Paola, 18 anni, perde la vita in un incidente provocato dal fratello nel tentativo di riportarla a casa e di farla pagare al suo compagno Ciro.

Willy era un italiano che non corrispondeva ai rigidi criteri interpretativi di alcuni, che vedono nel colore della pelle di una persona una prova della sua inferiorità ed estraneità dalla società italiana. Maria Paola era un’italiana che con il suo amore e il suo comportamento contraddiceva quelli che, sono, i valori e le caratteristiche delle brave ragazze.

Le due tragiche vicende sono molto diverse per le modalità, i contesti e i moventi. Hanno in comune il fatto che hanno suscitato la sensibilità e la solidarietà di gruppi che lavorano per contrastare forme di discriminazione: il caso di Colleferro, è stato definito come un omicidio razzista basato sul mancato riconoscimento dell’altro come essere umano pari. Il caso di Caivano (Na) come un episodio legato alla transfobia, perché il motivo apparente dell’aggressione del fratello di Maria Paola era la non accettazione della relazione di quest’ultima con Ciro, un ragazzo trans. Iscrivere queste azioni di efferata violenza in queste categorie è un’operazione assai complicata, che rischia una semplificazione della realtà, di cui a volte abbiamo anche bisogno per dare conforto alla nostra mente. Oggi ho deciso di abbandonare le analisi e le riflessioni e di lasciar scorrere il fiume delle emozioni, quelle che condivido con tante donne, perché ciò che accade a loro, accade anche a me, siamo noi.

Maria Paola ha vissuto in un contesto sociale e culturale che conosco bene, essendo anche io figlia della Campania. Per lei come per molte donne, qui come altrove purtroppo, i rapporti con i familiari maschi sono basati sul controllo e il possesso.

“A chi appartieni?” ti chiede la gente quando vuole sapere da quale famiglia provieni. Portiamo lo stesso cognome dei nostri padri, fratelli e parenti paterni, che sigilla la nostra appartenenza a loro: alcuni di loro credono per questo di avere il diritto di decidere sulle nostre vite e sui nostri corpi.

Loro decidono quando è l’ora giusta per tornare a casa, quanto può essere corta la nostra gonna. Decidono il colore dei nostri rossetti e la forma delle nostre scollature. Decidono con chi dobbiamo uscire, sono i padroni della nostra verginità e del nostro onore. Ci spiano, ci inseguono per scoprire se frequentiamo persone del sesso opposto. Sono prigionieri del sospetto e dell’incontrollata gelosia. Se ci azzardiamo ad innamorarci di qualcuno devono sapere chi è, quanti anni ha, dove vive e a chi appartiene. Se il ragazzo in questione è troppo grande, troppo grasso, troppo povero o proveniente da una famiglia a loro non gradita, ci insultano, ci chiudono in casa, ci picchiano. Ci coprono di vergogna e di minacce, rendono le nostre scoperte amorose un inferno.

I ragazzi che malauguratamente si innamorano di noi si trovano in una spirale di rabbia, violenza e disprezzo. Ci lasciano, perché hanno paura, non vogliono mettersi i nostri parenti contro, oppure restano al nostro fianco a combattere fino allo sfinimento. Dobbiamo inventare che dormiamo da quella amica o l’altra se vogliamo passare una notte o due con il nostro amore. Dobbiamo nascondere le gravidanze improvvise, abortire di nascosto, o aspettare che sia troppo tardi per dare la lieta notizia. A quel punto, speriamo che per pietà e per amore della creatura che abbiamo in grembo non ci sia fatta violenza, ma non è sempre così.

Se scoprono che amiamo una donna fingono che non sia vero oppure ci trattano come delle pervertite da correggere con la frusta. Combiniamo un sacco di casini, ci facciamo del male, entriamo e usciamo da relazioni tossiche, perché nessuno ci ha insegnato ad amare. Cresciamo in famiglie schiacciate dai problemi economici, sociali, dal giudizio della gente e dall’ignoranza. Non ci ascoltano, dicono che ci facciamo influenzare dalle nostre amiche ricche o dai nostri fidanzati, che siamo infettate …

Come potrebbero mai capire, che in tutto questo inferno, capita un giorno di  trovare un soffio di libertà? Come potrebbero mai capire che qualcosa si apre nel nostro cuore e ci conduce a cercare l’amore in luoghi inconsueti? Come potrebbero mai capirti Ciro? Non possono, i loro cuori e le loro menti sono induriti come il cemento. Non conoscono l’amore, non glielo hanno insegnato, non conoscono loro stessi, non hanno ricevuto questa grazia.

Per questo trattano noi donne come lo scarico dei loro rifiuti, per questo ci maltrattano, ci puniscono, ci zittiscono e ci impediscono di respirare. Dicono di farlo per amore, sono persi. Non li biasimiamo, né siamo arrabbiate, perché non abbiamo energie che per noi stesse, per prenderci cura dei nostri cuori feriti e la nostra pelle bruciata. Non è solo loro responsabilità, hanno anche delle donne al loro fianco. Questo ci fa male, ma non ci lasciamo morire, perché non abbiamo energie che per noi stesse, per continuare a vivere,  per noi, per Maria Paola e quelle che come lei non ci sono più per l’insensatezza dell’abuso di potere patriarcale, causa di conflitti e fobie, che distruggono vite e umanità.

Gli uomini prigionieri delle emozioni distruttive dicono che non vogliono farci del male e nemmeno ucciderci eppure noi moriamo ogni giorno sotto i loro occhi per poi risorgere. Non va sempre così, a volte la loro furia può essere fatale. Vorrei che ci pensassero e si trasformassero per il bene di tutti. Le donne loro alleate sono forse prigioniere della violenza e della brama di acquisire potere. Vorrei che si liberassero e combattessero al nostro fianco. Vorrei che chi ha mostrato sgomento per la morte di Willy lo facesse anche per quella di Maria Paola, perché uniti per una società giusta e coesa, forse potremmo costruire vera armonia e pace. Vorrei vivere altrove, ma non posso, questa è la terra che mi è stata data e qui devo restare, nel costante sforzo di perseguire il bene.

 

 

Rosanna Maryam Sirignano

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