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Sono una donna di più di 70 anni. Vivo in una piccola cittadina del Veneto orientale.
Nel 1999 mio figlio mi ha detto: “Mamma, mi sono innamorato di Andrea. Io sono gay. Non è colpa tua…” Ho capito che temeva di darmi un dolore e che in quel momento correvamo il rischio di cadere nella trappola degli stereotipi, dei pregiudizi, dei non-detti, delle incomprensioni. Non volevo che un rapporto che fino ad allora era stato positivo si guastasse senza motivo.
Allora Internet non era certo ricca di risorse come adesso, ma riuscii a trovare un numero di telefono a Treviso dove una cortesissima signora mi disse che a Milano c’era un’associazione di genitori. Per me e mio marito nostro figlio andava bene così, ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno che potesse capire…che non sapesse solo dire: “Beh…meglio così che drogato!” Così trovai a Milano Paola Dall’Orto e un gruppetto di mamme che da Conegliano – dove abito – cercavo di raggiungere con una certa frequenza.

Allora AGeDO (associazione di genitori di persone LGBT) era – ed è ancora – l’unica Associazione che si occupa dei rapporti genitori-figli nelle situazioni di un diverso orientamento affettivo o diversa identità di genere. Scelta obbligata, ma felice!
(A dire il vero in occasione dei vari “Family day” emerge quasi per magia una fantomatica AGAPO – associazione di genitori e amici di omosessuali – che sostiene che dato che l’omosessualità è un “disagio” bisogna aiutare i gay a liberarsene, con pratiche spirituali e psicologiche. Non siamo mai riusciti a vederli in faccia, né loro né i loro figli. Mi dispiace per quest’ultimi.)

Nei primi anni del 2000 in Veneto eravamo 4-5 attivisti, poi il numero si è ridotto, anche per motivi anagrafici. Per alcuni anni sono rimasta sola. Poi le cose sono cambiate quando grazie ai Pride locali organizzati a Bassano, Vicenza, Venezia, Verona, abbiamo avuto più visibilità e i numeri sono cresciuti!
In anni più recenti non è stato facile assistere al dilagare dei “piazzisti del gender”.
Ammetto di aver provato sgomento davanti a folle che applaudivano fanatici oratori che incitavano all’odio, alimentavano l’omo/transfobia, seminavano paura e diffidenza. Ho visto saloni, oratori, teatri, auditorium, palazzetti dello sport pieni di sprovveduti cittadini terrorizzati da fantasiose fandonie spacciate per verità scientifiche sulla pelle dei nostri figli.
Un motivo in più per impegnarsi e non mollare.

Nel mio impegno in AGeDO, ho avuto la fortuna di avere il completo sostegno di mio marito. Purtroppo ci ha lasciati sei anni fa. Mio figlio da anni vive a Milano.
Vivendo sola il tempo non mi manca, basta la salute!… Amici e parenti sono solidali, ma spesso mi dicono: “Alla tua età… non è ora che smetti di andare in giro?”. La tentazione c’è, ma poi vedo che i soci più giovani hanno più difficoltà di me, perché hanno il lavoro, i figli in casa, anziani da curare e…rimando il pensionamento!

A partire dal 2010 in Veneto sono nate numerose associazioni lgbt in luoghi dove anni prima sarebbe stato impensabile immaginarne una. Ogni volta che partecipavo agli incontri di questi gruppi sentivo quanto importante fosse la mia presenza, non come Elena De Rigo, ma come simbolo di quella famiglia che avrebbero voluto avere vicino e con la quale invece era difficile dialogare. Ho fatto il possibile per essere presente nelle varie realtà. Da Belluno a Rovigo, da Verona a Treviso… Ora le cose sono migliorate, specie nel Vicentino. Ci sono più genitori militanti, anche se i numeri restano bassi. Per demolire il muro dell’ignoranza e dell’omo/transfobia nella nostra Regione è molto importante che le famiglie siano visibili, che si sappia che noi siamo sempre accanto ai nostri figli nella lotta per l’uguaglianza dei diritti.
Non è facile essere minoranza nella minoranza, ma i cambiamenti importanti sono sempre venuti dalle minoranze e bisogna stringere i denti, sorridere e andare avanti.
Vorrei che i genitori avessero più coraggio di fare il loro coming out vicino ai loro figli e figlie.

Oltre alla visibilità nei momenti ufficiali come Pride, manifestazioni, convegni, scuola, rapporti con le istituzioni, è fondamentale la nostra disponibilità per l’ascolto di quei genitori che nel momento del coming out dei loro figli e figlie devono trovare qualcuno che accolga senza giudicare tutte le loro perplessità, paure, disagi, a volte disperazione. I contatti avvengono a volte al telefono, a volte con incontri individuali, a volte in gruppo.
Purtroppo i genitori non sono informati in maniera corretta dalla scuola e dai media. È una grande gioia vedere che molto spesso, passato il primo momento di shock, prevale l’amore sui pregiudizi e si ristabilisce l’armonia in famiglia, con un rapporto più vero e profondo. Ovviamente non tutti i genitori “sereni” sono anche pronti a diventare “militanti”. Magari ciò avviene dopo qualche anno, ma va bene così. Ognuno ha i propri tempi e il proprio stile. Altra grande soddisfazione è vedere come i giovani che incontro nei gruppi nel tempo maturano e acquistano sicurezza e consapevolezza, anche grazie ad un clima più sereno in famiglia.
Molto spesso penso che grazie al fatto di avere un figlio gay ho avuto la fortuna di conoscere tante famiglie “speciali”, ho incontrato tante ragazze e ragazzi che mi raccontano la loro vita e mi vogliono bene, ho potuto prendere coscienza di quanti diritti umani e civili in Italia non siano ancora riconosciuti.
Momenti veramente commoventi li ho vissuti durante i Pride, quando le persone ai bordi delle strade ci applaudono e i giovani ci abbracciano e ci ringraziano.

AGeDO collabora con tutte le associazioni, sostiene, incoraggia, non giudica, né interviene nelle decisioni. Noi siamo presenti per testimoniare la gioia di vedere crescere i nostri figli e fare il possibile perché il loro futuro sia migliore. Molto difficile in Italia mettersi insieme e fare rete. In tutti i campi, non sono nel mondo LGBT. Nelle associazioni ho visto molte scissioni, mai due associazioni che si mettessero insieme per fondersi e unire le forze.
È stato un buon inizio la manifestazione “svegliatitalia” in quasi cento piazze. Ha dato per la prima volta l’immagine di un movimento unitario. È importante che si sappia che – pur essendo minoranza – siamo MILIONI.
Altro limite – a mio avviso – è l’abitudine a fare i nostri begl’incontri all’interno dei nostri circoli, col rischio di essere piuttosto autoreferenziali. Da un po’ di tempo qualcosa sta cambiando. C’è chi ha cercato di avvicinarsi ad altre realtà sociali e culturali soffocate come noi dal male – speriamo non incurabile – che blocca la nostra Italia: la mancanza di laicità. I militanti in Italia sono tanti. Tutti hanno una buona ragione per reclamare i diritti negati. Se i nostri governanti ci vedessero tutti insieme forse sarebbero costretti ad aprire gli occhi e vedere la realtà di un mondo che cambia, è già cambiato e continuerà a cambiare, che lo vogliano o no.

 

Elena De Rigo