Skip to main content

Sono una ragazza di 31 anni che ogni giorno si sveglia e non sa bene quello che è o cosa dovrebbe essere.

Quando avevo 15 anni, avevo un immenso bisogno di condividere quello che sentivo e quello che vivevo con mia madre e con mio padre, le due persone per me più importanti. L’unica risposta che ho ricevuto da loro, purtroppo, non è stata positiva. All’età di 21 sono andata a vivere in Spagna per 2 anni. Dovevo partire, uscire di casa, andare via. Ho dovuto farlo perché sentivo che era una questione di vita o di morte. Lo so, la metto giù un po’ duramente, ma mi sentivo proprio così. In Spagna ho anche convissuto con la mia unica vera ragazza. Quando tornavo in Italia, ad esempio durante le vacanze di Natale, e Marta mi accompagnava, loro mi hanno sempre espressamente impedito di raccontarlo al resto della famiglia. Dovevo dire che era un’amica, e mia madre si vergognava di me, addirittura mi incolpava per i suoi problemi di salute. Alla fine ci si è messo anche mio fratello – che poi è gay anche lui! – ad appoggiare questo atteggiamento di rifiuto.

Io, invece, ho sempre voluto condividere con loro la mia vita. Li ho anche invitati a venire a trovarci a Barcellona. Mio fratello è venuto più di una volta, portando con sé anche 2 suoi amici gay! Mi rendo conto che ho sempre dato più importanza a quello che pensavano mio fratello, mio padre e soprattutto mia madre, rispetto a quello che sentivo e volevo per me stessa e per la mia vita. Cercavo la loro approvazione e per questo mi sono spesso sentita male e rifiutata. Forse era normale sentire nostalgia e aver bisogno del loro sostegno, che in realtà però, in un certo senso, mi hanno negato. Anche se comunque loro mi aiutavano finanziariamente quando sono andata a convivere lontano da casa. Più li ascoltavo, più stavo a sentire quello che pensavano o dicevano di me, e più mi sentivo in colpa. Fino a quando mi convinsero per l’ennesima volta ad entrare in contatto con una psicologa tramite email. Ci ho messo un paio d’anni a capire che si trattava di teorie riparative, anche se i miei me l’avevano spacciata come specialista sui “problemi” di identità di genere.

Insomma, è una vita che mi fanno sentire sbagliata e purtroppo ci sono riusciti. Ho fatto soffrire tante persone, ragazze e anche ragazzi che mi hanno voluto bene e forse amato. E non c’è cosa peggiore di questa paura che ti hanno messo dentro, la paura dell’affettività, la paura delle relazioni umane, la paura di essere giudicata, di essere non conforme rispetto alla cosiddetta “normalità”. Far vivere le persone nella paura, è forse lo sbaglio più grande che una famiglia o una società possano fare. È questo che ti fa sentire diverso e sbagliato.

Forse neanche per mio fratello è stato facile vivere questa situazione. Forse anche per lui è diventato impossibile fare coming out in famiglia… io stessa glielo sconsigliai piangendo. E oggi mi dispiace. Vorrei che le cose fossero andate diversamente.
Essere sincera, onesta, per me è vitale. Oggi questo vorrei per me: riuscire a diventare quella che sono e sento di essere, autenticamente e fieramente me stessa, e non farmi vincere mai dalla paura, ma aprirmi all’amore.

 

Alice